Investire al Sud: se si può, si deve

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Investimenti. È questa la parola magica che può far rifiorire il Paese e la sua parte più dolente, il Mezzogiorno. Investimenti che possano rimettere in moto il circuito virtuoso dell’economia generando nuova occupazione, nuovi redditi, nuova domanda, nuova ricchezza. Investimenti Investimenti. È questa la parola magica che può far rifiorire il Paese e la sua parte più dolente, il Mezzogiorno. Investimenti che possano rimettere in moto il circuito virtuoso dell’economia generando nuova occupazione, nuovi redditi, nuova domanda, nuova ricchezza. Investimenti internazionali, certo, e nazionali. Investimenti di mercato, quando potremo. Ora dobbiamo fare i conti con una realtà che ci dice con crudezza come nelle condizioni date sarebbe illusorio voler affidare la ripresa ai capitali privati i quali, anzi, quando possono scappano. Inutile girare intorno al problema. La soluzione è una sola. Bisogna trovare il modo di raggiungerla. Non è facile? Pazienza. Poiché alternative non ce ne sono e neanche San Gennaro può fare il miracolo di renderci di colpo attraenti e competitivi non resta che applicarsi nella ricerca della soluzione. La strada per l’immissione di capitali ai fini della crescita è lastricata di ostacoli. Non ultimo il patto di stabilità che impedisce di spendere anche quando i soldi ci sarebbero. Insomma, è come tentare una gara di velocità con i piedi legati. Conciato così, nemmeno Mennea potrebbe gareggiare. E allora bisogna capire in quale direzione rivolgere l’attenzione, quali scelte potrebbero superare il muro in apparenza invalicabile del diniego di Bruxelles, quali iniziative mettere in cima alle altre. Un consiglio, proprio dalle colonne di questo giornale, è già stato dato. Di che si tratta? Di puntare sulle opere comuni – come i corridoi trans-europei – che interessano tutti i membri dell’Unione e potrebbero essere trattate in deroga agli attuali vincoli di bilancio: nessuna preferenza tra gli Stati, nessuna rottura degli equilibri, nessuna minaccia alla concorrenza. Dunque, forse il cammino si può affrontare. In Italia e in Europa tutto è più facile a dirsi che a farsi ma è un fatto che a offrire questo suggerimento sia il vice presidente di un istituto autorevole come la Bei, Dario Scannapieco, avvantaggiato dalla posizione privilegiata del suo osservatorio. Investire: se si può, allora si deve.