Io e Babbo Natale

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Francesco, uno dei nostri 14 nipoti, figlio di Valerio ed Alessandra,  mi ha “intervistato” per un suo compito a scuola, 3° elementare, sul Natale di quando ero bambino. E mi ha chiesto di Babbo Natale ed io, un po’ improvvidamente, gli ho risposto che a quei tempi, Babbo Natale non esisteva. E lui, con intelligenza pronta: ”Ma allora, tu sei più vecchio di Babbo Natale?!”.

Mi sono “ripreso” e gli ho detto che Babbo Natale stava in America e solo dopo è venuto dalle nostre parti. Pare si sia convinto. È difficile non vivere queste giornate con nostalgia, perché ti  riportano ai nonni, ai tuoi genitori, a tanti amici e parenti che non ci sono più, ad atmosfere serene e felici, alla gioia di saperci accontentare del poco. E se c’era qualcosa in più era una sorpresa gioiosa. E quella era l’identità, anche della nostra gente e della cultura contadina.

Ora, chi è ancora vivo sembra un sopravvissuto, ma non possiamo vivere con la testa girata all’indietro: se questo tempo è così, qualche responsabilità ce l’ha anche la nostra generazione. Al netto del terrorismo e delle guerre, che segnano questo Natale con i loro lugubri e tragici rintocchi: Parigi, Nizza, Bruxelles, Berlino e le voci strazianti di Aleppo. Ed è difficile per tutti essere indifferenti e volgere lo sguardo altrove. Io non intendo fare questo. Intanto, da anni, mi sono assegnato il compito di mantenere in vita qualche tradizione. Così canterò, personalmente, le antiche Nenie di Natale, scritte dal Parroco Mazzella alla fine dell’800, secondo gli insegnamenti di mio padre e di tutta la famiglia di bravi cantori di Chiesa. Nella Basilica di Santa Maria di Loreto, nella Messa grande di Natale. E così fino all’Epifania.

Sabato 7 di gennaio, come da tradizione inventata da noi,  Cesare Mattera, io, insieme al Sindaco Rosario Caruso ed a tanti antichi “pellegrini” faremo nascere il Bambino nella Chiesa di san Nicola sull’Epomeo: la Messa, anche qui con il canto di quelle Nenie, accompagnate dal flauto del maestro Claudio Matarese e, dopo, un piccolo ristoro, dai sapori antichi, nell’ Eremo restaurato. L’augurio, per tutti, è quello di vivere in pace ed amicizia questo tempo, con un pensiero, concreto e solidale, verso quelli che hanno più bisogno.

Abbiamo la fortuna di avere Papa Francesco: con la sua testimonianza costante ci riporta allo spirito autentico del Vangelo, che prende origine proprio dalla nascita del Bambino. Il Messia tanto atteso, che concretizza la speranza,  di un tempo migliore, che il Profeta Isaia descrive mirabilmente” il lupo dimorerà insieme all’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto, il vitello ed il leoncello pascoleranno insieme ed un fanciullo li guiderà”. Isaìa 11.3    . E così sia,  Auguri. E per un giorno scansiamo mediocrità, anche della politica italiana, e violenza, degrado e meschinità, anche di un Ministro del Lavoro inadeguato,  per sintonizzarci sul canto degli Angeli per i pastori, stupiti in quella notte di incanto: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Luca, 2, 27.