Israele, leader Ue chiederanno pausa umanitaria. Anche l’Ucraina sul tavolo

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(Adnkronos) – La guerra scatenata dall’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre scorso sarà uno dei temi centrali sul tavolo dei capi di Stato e di governo che si riuniranno oggi e domani a Bruxelles per il Consiglio Europeo e l’Eurosummit. L’Ue si appresta a chiedere unitariamente una “pausa umanitaria” nelle operazioni militari, secondo l’ultima bozza disponibile delle conclusioni, per consentire materialmente la consegna degli aiuti alla popolazione della Striscia di Gaza.  

“Il Consiglio Europeo – si legge nella bozza – esprime la più grave preoccupazione per il deteriorarsi della situazione umanitaria a Gaza e chiede un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza ostacoli per raggiungere la popolazione, attraverso tutte le misure necessarie, inclusa una pausa umanitaria”.  

Inoltre, il Consiglio Europeo “condanna nei termini più forti tutte le violenze e le ostilità contro i civili”. Tutti i civili, israeliani e palestinesi. Un alto funzionario confida che i leader convergeranno su una formulazione per chiedere degli stop alle operazioni militari, tesi ad alleviare le sofferenze delle popolazioni civili attraverso la consegna degli aiuti in quantità sufficienti: “Troveremo un modo per raggiungere il consenso”, assicura, spiegando che “sul concetto c’è convergenza di vedute”, ma sulla “calibratura” ci sono ancora “discussioni”. La base rimane comunque la dichiarazione comune dei leader del 15 ottobre, che difende il diritto di Israele a difendersi, nel rispetto del diritto internazionale umanitario e che condanna l’azione di Hamas. 

I tre obiettivi principali, dal punto di vista dell’Ue, sono “come migliorare la situazione a Gaza sotto il profilo umanitario; come evitare un’escalation regionale; come rilanciare il processo di pace” basato su una soluzione a due Stati. Il Consiglio Europeo conta così di porre fine alla ‘cacofonia’ che è uscita da Bruxelles di fronte alla crisi esplosa con gli attacchi del 7 ottobre. Forse a causa dell’estrema efferatezza delle azioni dei miliziani di Hamas in terra israeliana, vertici dell’Ue si sono lasciati andare a dichiarazioni e azioni, senza prima consultare gli Stati membri, si osserva a Bruxelles, che hanno l’ultima parola sulla politica estera. Per una volta, la cacofonia non è venuta dai 27, ma dall’interno della stessa Commissione Europea, con posizioni nettamente distinte, almeno inizialmente, tra l’Alto Rappresentante Josep Borrell e la presidente Ursula von der Leyen, molto più vicina alle posizioni di Israele. L’augurio che molti si fanno, nella capitale comunitaria, è non assistere più a simili dérapage (von der Leyen ha poi chiamato il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas). 

Le conclusioni del Consiglio Europeo si aprono tuttavia con una lunga parte dedicata all’Ucraina: il rischio che il conflitto in Medio Oriente oscuri quello tuttora in corso tra Mosca e Kiev è ben presente ai vertici dell’Ue, che, per ribadire la loro vicinanza alla seconda, si collegheranno ancora una volta con il presidente Volodymyr Zelensky. Gli sviluppi della situazione internazionale, specie nel Medio Oriente, “richiedono la nostra attenzione immediata”, ma, ha sottolineato il presidente Charles Michel, “senza distrarci dal nostro continuo sostegno all’Ucraina”. Nel lungo termine, si legge nella bozza, “l’Ue e gli Stati membri contribuiranno, insieme ai partner, ai futuri impegni per la sicurezza dell’Ucraina, che aiuteranno l’Ucraina a difendersi, a resistere agli sforzi per destabilizzare e a scoraggiare atti di aggressione in futuro”.  

Tra l’altro, si parlerà anche dei beni congelati alla Russia, un tema in agenda da qualche mese sul quale le accelerazioni della Commissione Europea sono state frenate dai moniti della Bce. Gli Stati procedono con grande cautela: l’intenzione sarebbe quella di utilizzare gli interessi che i beni russi producono per aiutare l’Ucraina. La situazione però, dal punto di vista giuridico, non è chiarissima. Il timore è che un provvedimento simile passi per una confisca agli occhi degli investitori, cosa che minerebbe a lungo termine l’affidabilità dell’Eurozona.  

Sul tavolo c’è anche la revisione di medio termine del Quadro finanziario pluriennale 2021-27 (Mff nel gergo comunitario), sulla quale il summit di domani dovrebbe fare da passaggio intermedio in vista di quello di dicembre, consentendo ai leader di concentrarsi sul tema. Per l’Italia, come ha fatto capire anche oggi pubblicamente la premier Giorgia Meloni, l’Ucraina è tra le priorità, ma non è l’unica. Ci sono anche le migrazioni e i fondi per la piattaforma Step (Strategic Technologies for Europe Platform), dedicata alle tecnologie critiche, su molte delle quali l’Ue è rimasta indietro. Anche altri Paesi che inizialmente parlavano solo di Ucraina hanno iniziato a citare anche altri temi. Come sempre, la logica del negoziato sull’Mff è la logica del pacchetto: “Osservando il principio secondo cui nulla è concordato finché tutto non è concordato, dobbiamo dare uno sguardo ai nostri bisogni più urgenti, identificare le nostre priorità e decidere come finanziarle”, ha ricordato Michel.  

I leader discuteranno anche dello stato dell’economia e della competitività dell’Unione, di migrazioni e di altri temi di politica estera, come la crisi tra Kosovo e Serbia, la situazione nel Sahel e nel Caucaso Meridionale (Armenia-Azerbaigian). Per quanto riguarda le migrazioni, le conclusioni sono scarne (“il Consiglio Europeo ha tenuto una discussione strategica sulle migrazioni”, riporta la bozza), ma la lettera inviata da von der Leyen ai leader viene guardata con soddisfazione dall’Italia, a quanto si apprende, perché sposa la linea del governo: lotta all’immigrazione illegale, partenariati con i Paesi di origine e transito, canali per la migrazione legale.  

L’Eurosummit, cui parteciperanno anche la presidente della Bce Christine Lagarde e il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, sarà concentrato sulla situazione economica e finanziaria, sull’Unione bancaria e dei mercati dei capitali e sul lavoro in corso sull’euro digitale. Il presidente dell’Eurogruppo ha inserito nella consueta lettera a Michel un richiamo alla necessità che l’Italia ratifichi la riforma del Mes, portando il tema, rimasto finora insoluto a livello di Eurogruppo, all’attenzione dei leader. Non è previsto formalmente un dibattito sul punto, ma se Donohoe lo citerà esplicitamente anche durante il dibattito venerdì mattina, allora probabilmente la premier Giorgia Meloni dovrà dire qualcosa.  

Il presidente dell’Eurogruppo, dice una fonte Ue all’Adnkronos, “ha intenzione” di sollevare il tema della ratifica della riforma da parte di Roma anche nella sala del Consiglio dopodomani, sulla linea di quanto scritto nella lettera (“Non dovremmo perdere di vista l’importanza di finalizzare la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, e attendiamo con impazienza la ratifica del trattato sul Mes in Italia, che creerà un sostegno pubblico comune al Fondo di Risoluzione Unico”). Italia e Francia, ad ogni buon conto, hanno inserito nelle conclusioni un richiamo alla necessità di concordare la riforma del patto di stabilità entro fine anno. Il Consiglio Europeo, si legge nella bozza, “invita il Consiglio a portare avanti i lavori sulla revisione della governance economica, in vista di concludere i lavori legislativi nel 2023.  

Infine, da notare che la Svezia, che ha perso due cittadini in Belgio ad opera di un cittadino tunisino che da anni si trovava illegalmente nel Paese malgrado Tunisi ne avesse chiesto l’estradizione (il magistrato della Procura Federale semplicemente non ha risposto, cosa che ha provocato nei giorni scorsi le dimissioni del ministro della Giustizia), ha chiesto e ottenuto l’inserimento di un passaggio dedicato.  

Il Consiglio Europeo, si legge, “condanna fermamente i recenti attacchi terroristici in Francia e Belgio che hanno ucciso e ferito cittadini svedesi e francesi. L’Unione Europea è unita e ferma nella lotta contro il terrorismo, l’odio e l’estremismo violento di ogni tipo. Il Consiglio Europeo invita le istituzioni e gli Stati membri a impegnarsi in sforzi concertati per mobilitare tutti i settori politici pertinenti a livello nazionale e dell’Ue al fine di rafforzare la sicurezza interna, anche rafforzando la cooperazione tra le forze dell’ordine, lo scambio di informazioni attraverso il pieno utilizzo delle banche dati pertinenti, la protezione delle le frontiere esterne, la lotta contro i trafficanti e la stretta cooperazione con i Paesi terzi”. L’Italia è stata tra i Paesi che hanno appoggiato Stoccolma su questo passaggio.