Italia, dal Forum Med una piattaforma per la stabilità del Mediterraneo

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“Una piattaforma compiuta al servizio della stabilità del Mediterraneo allargato”. E’ questo il frutto della tre giorni della quarta edizione del Forum Med, che si è conclusa ieri a Roma con l’intervento del premier Giuseppe Conte. Tre giorni in cui sono state passate in rassegna le principali questioni irrisolte dell’area mediterranea e mediorientale, i nodi da sciogliere, le proposte e i punti in comune. E’ tornato alla ribalta il conflitto israelo-palestinese, con il grido d’allarme del ministro degli Esteri palestinese Riyad Malki, ha tenuto banco la crisi siriana con le trattative tra i negoziati di Ginevra e Astana, la Libia con il successo della conferenza di Palermo, il nucleare iraniano con il botta e risposta tra il ministro degli Esteri Mohammad Javid Zarif e le controparti americane e infine la sempreverde contrapposizione tra Russia e Stati Uniti, con le accuse di violazioni del diritto internazionale e di sovvertimento dell’ordine mondiale. “Dopo tre giorni di battito intenso che si è snodato lungo i filoni della sicurezza, della prosperità, delle migrazioni e della cultura”, il Forum Med “consegna nelle sue mani uno strumento di dialogo, una piattaforma compiuta al servizio della stabilità del Mediterraneo allargato”, ha detto il presidente dell’Ispi Giampiero Massolo rivolgendosi al premier Conte, alla sessione conclusiva dei Mediterranean Dialogues. Il premier a sua volta ha ricordato che come diceva Aldo Moro “nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e nel Mediterraneo, perché l’Europa è nel Mediterraneo” e “l’Europa – che ha tutto l’interesse a intervenire – ha una particolare responsabilità perché in gioco non è solo il futuro di una regione ma anche l’avvenire e la sicurezza del vecchio continente”. Insomma, ha aggiunto, “se vuole essere attore globale l’Ue deve collaborare alla formazione di un nuovo ordine regionale” in cui ci sia una “responsabilità condivisa” tra gli Stati dell’area del Mediterraneo. In questo quadro, sono state ancora le parole di Conte, “l’Italia sente forte l’impegno per la sensibilizzazione dei nostri partner” e “questa nostra azione si estende dai rapporti bilaterali ai fori internazionali”.
Un dibattito, quello lanciato al Forum Med, in cui l’Italia si pone centralmente, come ha spiegato il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. “Giornate come quelle del Forum Med permettono di avere il dialogo inclusivo, la capacità e la volontà di parlare con tutti, un elemento fondamentale per il governo. Pensiamo che in un mondo sempre più aperto e globalizzato bisogna dialogare con tutti sulla base dei due ancoraggi, la Nato e l’Ue”, due scelte fatte “dagli albori della storia” italiana e “che hanno portato al paese decenni di pace”, ha spiegato. Tra i temi che hanno generato più dibattito la Siria e la soluzione del conflitto. Un argomento su cui le divisioni si sono fatte sentire. L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura ha ribadito che “la soluzione per la Siria si può trovare solo a Ginevra non a Sochi e non ad Astana” e bisogna partire della “commissione costituzionale” entro il 31 dicembre. Una posizione diametralmente opposta quella del viceministro viceministro degli Esteri turco Sedat Onal secondo cui “Astana è fondamentale” perché “senza quel negoziato quello di Ginevra sarebbe rimasto dormiente, come lo è stato per 10 mesi”.
“Si è ritornato a parlare del conflitto israelo-palestinese”, ha ricordato Massolo nel suo discorso conclusivo che ha ripercorso gli appuntamenti cruciali del Forum Med. E proprio Malki ha detto dallo stesso palco che il tempo degli “slogan” è finito e la soluzione dei due Stati, israeliano e palestinese, va difesa e attuata con una presa di posizione dell’Unione europea, rimasta in una “infausta” inerzia. “Non quest’anno, e neppure nel 2019, ma un giorno succederà”, ha detto del futuro Stato di Palestina. Malki ha detto di essere “pronto a incontrare gli israeliani”, ma ha chiesto il “rispetto della legge e del diritto internazionale” e l’avvio di “negoziati politici”, “l’unico modo per arrivare alla pace”. Una soluzione quella dei due stati che è stata richiamata da molti Paesi presenti, tra cui la Giordania e la Russia. Altro tema cruciale per la stabilità della regione, quella dell’Iran, chiamato in causa sia sulla Siria sia per l’accordo sul nucleare. “Gli Stati Uniti violano la risoluzione sul nucleare iraniano e chiedono ad altri Paesi di farlo e minacciano chi vuole rispettare il diritto internazionale. Se in Europa c’è qualcuno che vuole aderire a questa richiesta, domani Trump potrà chiedere di violare qualche altra norma internazionale. E’ un precedente gravissimo. Non sarà mai possibile per la Comunità internazionale sostenere un attacco contro l’ordine mondiale”. Ha tuonato il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif dichiarando poco dopo di non voler trattare su un nuovo accordo con Trump “dopo due anni di negoziati”: “Non abbiamo mai dubitato che la politica estera americana fosse in bancarotta. Ora tutto il mondo può vederlo” e gli Stati Uniti sono “un partner chiaramente inaffidabile”. Una risposta a distanza è quella arrivata dal sottosegretario di Stato per gli Affari politici al Dipartimento di Stato Usa David Hale, intervenuto al Forum Med nell’ultima giornata: “L’accordo sul nucleare iraniano non ha funzionato, le minacce sono aumentate. Ora ci dobbiamo allontanare da questo accordo, dobbiamo esercitare pressioni economiche su questo regime. Non vogliamo dipendere più dalle fonti energetiche iraniane. Facciamo pressioni perché vogliamo che il regime iraniano cambi atteggiamento: abbiamo chiesto che l’Iran rispetti i diritti umani e abbandoni il programma nucleare e siamo aperti a un nuovo accordo globale”.
Per ultimo, ma non meno importante, anzi centrale in tutti gli scacchieri del Mediterraneo, il braccio di ferro tra Mosca e Washington con accuse reciproche ad ampio spettro. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha denunciato il tentativo di alcuni Paesi della Comunità internazionale di imporre le proprie “ricette”, violando il diritto internazionale attraverso l’adozione di “un ordine di regole” scelte ad hoc, che preoccupa non poco la Russia. Una “politica scellerata ed arrogante” che, per Mosca, non può che aggravare le crisi in corso e condurre alla “anarchia”. Lanciando un’accusa non troppo velata agli Stati Uniti, Lavrov ha ricordato alcuni grandi temi di contrasto con Washington, “il piano globale sul nucleare iraniano, il trattato sulle armi a gittata intermedia Inf e il Wto sotto attacco”. Ma più in generale, secondo Mosca, vi è “una tendenza a sostituire il diritto internazionale con qualcosa che la diplomazia chiama ordine basato sulle regole”. Una strada che Lavrov non condivide, perché con il rispetto del diritto internazionale si possono risolvere le questioni di Libia, Balcani, Ucraina e Siria. Ma per gli Usa chi vuole sovvertire l’ordine è proprio Mosca. “In tutto il mondo siamo in concorrenza con la Russia, stiamo cercando aree di cooperazione ma ci scontriamo con una forte aggressività, in un modo o nell’altro: nella cybersicurezza, nella campagna dell’Inghilterra, in Medio Oriente, in Ucraina. Mosca è un rivale che sta cercando di smantellare l’ordine mondiale, sovvertendolo per realizzare i propri fini”, ha dichiarato David Hale, sottosegretario di Stato per gli Affari politici al Dipartimento di Stato Usa, senza usare mezzi termini, ma sottolineando che “la prova del nove” delle intenzioni russe in Siria dipenderà dalla scelta dei membri della commissione costituente, un appuntamento atteso da molti, come cartina tornasole delle relazioni future.