Italia – Germania, fine dell’austerità

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Il metodo prima di tutto. Così convincente da indurre i premier Angela Merkel e Claudio Gentiloni a mettere il sigillo all’incontro di Berlino tra il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e il suo omologo tedesco Dieter Kempf (in sella da in paio di settimane ma perfettamente in linea con il predecessore Ulrich Grillo) sulla necessità di collaborare per riportare la politica industriale al centro dell’attenzione dei due paesi e quindi dell’Europa.

Non a caso l’appuntamento è ospitato dal ministro federale dell’Economia Sigmar Gabriel alla presenza del collega italiano Carlo Calenda mettendo per la prima volta insieme, come lo stesso Gentiloni tiene a sottolineare, governi e comunità degli affari. Con la conseguenza di stroncare sul nascere la polemica sulle emissioni delle auto Fca perché non bisogna dividersi nel Vecchio Continente ma fronteggiare insieme il nemico esterno.

La triplice pressione cui l’Ue è sottoposta dal nuovo credo americano incarnato da Donald Trump, dall’attivismo russo di Vladimr Putin e dalle mire espansionistiche della Cina di XI Jinping dev’essere cosi forte in Germania – ritenuta a torto o a ragione il cardine della costruzione europea – che si è potuto impunemente parlare di crescita e solo poi di stabilità senza che la cancelliera abbia fatto una piega nonostante le elezioni alle porte.

È finita l’austerità, affermano in un modo o nell’altro tutti gli interlocutori preoccupati di opporre una diga ai populismi che si nutrono dello scontento per le peggiorate condizioni di vita e l’assoluta mancanza di visibilità e quindi di fiducia nel futuro. Le istituzioni, incapaci di fornire risposte, appaiono delegittimate di fronte agli elettori che cercano scorciatoie pericolose regalando illusioni destinate a infrangersi di fronte alla durezza della realtà.

Dunque c’è bisogno di una nuova sensibilità che parta dall’ascolto dei cittadini, singoli individui e società, e si fondi su azioni concrete per lo sviluppo e il benessere. Da qui il patto stretto tra le organizzazioni della prima e della seconda manifattura d’Europa (con l’intesa d’invitare presto la Francia) per guidare il cambiamento e proporre soluzioni congiunte alla politica alla quale si chiede di apprestare gli strumenti per rendere indolori le riforme.

Fondato sulla Carta di Bolzano, sottoscritta nello scorso ottobre tra gli industriali italiani e tedeschi, l’accordo ha già prodotto un documento congiunto sulle banche che rappresenta una vera e propria rivoluzione per la comunanza di vedute su temi caldi come il fondo di garanzia, la risoluzione delle crisi di sistema e la richiesta di maggiore credito a beneficio delle piccole e medie imprese. Un risultato impensabile fino a pochi mesi fa.

L’industria alla quale Boccia e Kempf pensano per restituire all’Europa un assetto competitivo è naturalmente quella ormai conosciuta come 4.0 e cioè ad alta intensità d’investimento e d’innovazione. Ed è proprio sulla necessità d’innovare e investire che si è battuto molto a Berlino perché occorre liberare progetti e capitali in grado di favorire quell’occupazione che in Germania si preoccupano di mantenere e in Italia dobbiamo di nuovo imparare a creare.