Su un’altra affermazione con qualche attinenza, “italiani bella gente”, ossia di qualità, non c’è stata pressoché mai necessità di introdurre espressioni correttive. Le motivazioni vengono da lontano ma tra di esse una può essere ricordata con particolare efficacia. Risale all’inizio della seconda metà del secolo scorso e è legata a quello che sarebbe stato ricordato come l’avvio di un nuovo modo di gestire le relazioni sociali e quindi commerciali con il Medio Oriente e gli altri paesi del terzo mondo.
E’ evidente che ciò era messo in atto da parte delle popolazioni più evolute, o quanto meno da parte di esse. Le stesse furono rivisitate e adattate, in particolare dagli italiani, la dove lo stesso intento non era riuscito né all’Inghilterra, né ai Paesi Bassi. Quel visionario fondatore dell’ENI, che ne fu anche il primo Presidente, Enrico Mattei, morto tragicamente quando era ancora in carica, sul finire degli anni ’50, prese a trattare alla pari con lo Shah di Persia che sedeva all’epoca sul Trono del Pavone, Rehza Pahlavi.
La storia narra che quell’illustre marchigiano, ospite d’onore della famiglia al potere a un ricevimento nel Palazzo Reale di Teheran, riuscisse a afferrare a volo la principessa Soraya che era inciampata, evitandole di rovinare sul pavimento. I dignitari e gli altri invitati ne rimasero piacevolmente impressionati e alcuni di loro chiesero per sapere chi fosse quel signore elegante con ottimo uso di concreta premura e adeguatezza. Alla risposta dei beninformati che si affrettarono a dire che si trattava dell’Ingegner Enrico Mattei, italiano, ci fu un comune sospiro di assenzo, quasi a dire che non sarebbe potuto essere diversamente. Si può così volare nello spazio e nel tempo da allora fino all’ attualità, per prendere atto che le cose non sono cambiate affatto, se non in meglio. Ironia della sorte, l’attuale Campagna d’Africa che Giorgia della Giungla (politica, ndr) ha intrapreso e sta portando avanti con la necessaria convinzione è stata da lei stessa denominata Piano Mattei.
Non è forzata la presa d’atto che l’attuale premier italiana stia vestendo sempre più spesso nei contesti internazionali gli abiti di scena della direttrice d’orchestra, precisamente di quella che, è nei voti del mondo intero, potrebbe diventare una vera e propria formazione sinfonica. Fuor di metafora, la flying Premier che all’estero trasferisce la “romanità” che le è propria, usandola con la giusta quantità che può essere di aiuto in talune circostanze, è ben attenta a non cadere in atteggiamenti del genere “Sora Cecioni”/ Franca Valeri nei primi sketch televisivi di genere, ancora più efficaci perché in bianco e nero. Ne farà uso presto anche a Pechino, dove è stata invitata da XI Jimping, certo non per raccogliere insieme ortiche in mezzo a studenti coranici, come narrò a suo tempo in musica il compianto Ingegner Battiato.
Oltretutto perché non sarebbe facile darne poi conto a Francesco, che avrebbe così qualche appiglio per tentare di giustificare quanto non sta facendo dappertutto sul pianeta. Tanto per non cambiare lo spirito della storica missione di Marco Polo, sicuramente alla base della valutazione se rinnovare o no l’accordo sulla via della Seta in scadenza a fine anno, non sarà agevole convincere il rappresentante di Dio in terra che anche nel caso della sua mission vale lo storico adagio napoletano, tuttora in uso: “Chiacchiere e tabacchiere di legno, il Banco di Napoli non le accetta in pegno”.
Anche per questo adempimento si farà sentire pesantemente la questione ucraina, sulla scorta della mutata scena globale nel quadrante Europa-Asia. I giochi sono ancora tutti da fare e, sia passato quello di parole, non saranno affatto uno scherzo. Soprattutto non trascurando mai di tenere nel dovuto conto che gli affari sono affari e da quando gli uomini hanno cominciato a dare valore a ogni loro comportamento, sia la guerra che la pace hanno un loro tariffario. Per di pìù, costantemente adeguato ai tempi. Il prete di campagna fu ben chiaro in proposito, quando, chiamato dai villici per celebrare una messa fuori ordinanza, mise le mani avanti dicendo che “senza soldi non si cantano messe”. Gli stessi sarebbero dovuti essere versati in contanti, anticipatamente, nelle mani del sacrista. Era a disposizione per incassare e emettere all’istante il documento contabile, detraibile dalle spese. Così va il mondo, a tutte le latitudini.