Jovanotti ‘in purezza’ nel nuovo album: “‘Oh, Vita!’ è un nuovo inizio”

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Milano, 30 nov. (AdnKronos) – di Antonella Nesi

“In questo disco, per usare una metafora da viticoltore, troverete Jovanotti in purezza. Per me è un nuovo inizio. Si riparte da zero. Questo è come fosse il mio primo disco”. Domani esce il nuovo atteso album di Jovanotti, che si intitola ‘Oh, vita!’ e segna davvero l’inizio di una nuova vita musicale per l’artista. “Ora sono curioso e anche po’ spaventato perché non ho idea di come verrà accolto”, ammette Lorenzo Jova Cherubini, che ha presentato il disco in un temporary shop, il ‘Jova Pop Shop’, che rimarrà aperto alcuni giorni in piazza Gae Aulenti a Milano e venderà insieme all’album, merchadising e altri oggetti a tiratura limitata, con l’incasso che verrà devoluto in beneficenza.

Anticipato dall’omonimo singolo ‘Oh, vita!’ (accompagnato da un video che riporta Lorenzo Cherubini nei luoghi della sua adolescenza a Roma, nel quartiere dove è cresciuto a due passi dal Vaticano, “da piccolo volevo fare il Papa”, ricorda giocoso), l’album è prodotto da un vero mito della musica americana, Rick Rubin (“per me è la realizzazione di qualcosa che non osavo nemmeno sognare, la sua musica è il motivo per cui ho scelto di fare questo mestiere”), produttore leggendario che ha spaziato dai Beasty Boys ai Red Hot Chili Peppers, dalla rinascita di Johnny Cash ad Eminem. Una produzione che ha dato un’impronta forte all’album. “La caratteristica principale che Rubin ha impresso all’album è una scarnezza, un’essenzialità che in certo senso mi ha reso più autentico di quanto io stesso non sia riuscito a fare nei miei 13 album precedenti”.

“Rubin – racconta Jovanotti – lavora per sottrazione, non usa niente che non sia lo stretto indispensabile. Coglie la performance. Mentre io ho sempre lavorato per stratificazioni, per accumulo. Per me è stata anche un’esperienza difficile, perché Rubin mi ha messo a nudo, ha voluto partire quasi sempre da chitarra e voce, vestendo i pezzi con pochi strumenti essenziali. Lui punta ad ottenere il massimo con il minimo”. Jova e Rubin sono partiti da 20 demo (“che gli ho portato ad aprile”), ne hanno scelti 14 e, nel mese di agosto (“chiusi in una villa in Toscana, perché Rubin ha voluto immergersi nel mio mondo”) li hanno registrati e poi mixati a settembre in diversi studi di Los Angeles, compreso quello di Jackson Brown. “Questo è forse il disco più italiano che abbia mai fatto. Proprio perché l’ha prodotto un americano. Perché la distanza di Rubin ha aiutato a inquadrare meglio le cose”, sottolinea Lorenzo, che nel frattempo dichiara conclusa la parentesi della sua vita newyorkese. “Quella cosa era nata per fare dei live in America e si era allungata per fare finire la scuola a Tesera (la figlia di Jovanotti, ndr.) ma ora non vivo più lì, ci vado ogni tanto in vacanza”.

L’album contiene quattordici brani, che spaziano da un sound cantautorale chitarra e voce a ballad romantiche, dalla dance ad influenze afro e funk. “È un disco molto vario – dice Jovanotti – c’è di tutto. Rubin ha voluto assecondare la mia schizofrenia da dj. Le anime del disco sono fondamentalmente due: una più da cantautore e l’altra più elettronica da bitmaker, quello che non c’è è il pop elettronico, che forse è il genere a cui il mio pubblico è più abituato”.

Così la title track ‘Oh, Vita!’ è il caleidoscopio di tutto quello che ha segnato la formazione di Lorenzo Cherubini, da ‘Happy Days’ a Lucio Dalla, mentre il primo brano registrato è ‘Paura di niente’, un pezzo solo chitarra e voce, che “è la ballad romantica per eccellenza di questo album”. Ma c’è anche un brano come ‘In Italia’, con un sound afro-funk, senza apertura melodica, in cui Lorenzo racconta la sua Italia: “Era tanto tempo che volevo scrivere la mia ‘Viva l’Italia’ ma anche la mia ‘L’italiano’ di Toto Cutugno, perché in fondo io mi pongo nel mezzo. Non è un pezzo ironico né sarcastico sul nostro Paese ma nemmeno celebrativo alla Mino Reitano. Ho raccontato quello che per me è l’Italia”. La chiave del pezzo è nella domanda: ‘In Italia, e dove sennò?’.

In ‘Navigare’ c’è un mondo musicale “che richiama le atmosfere delle colonne sonore cinematografiche scritte dai grandi autori italiani anni ’70”, ‘Affermativo’ ha un approccio narrativo inedito (“parlo in prima persona ma non sono io a parlare”). Poi c’è ‘Viva la libertà’ che racconta quattro storie diverse e non esemplari (“perché la libertà è quella di poter avere ognuno la propria storia, libertà è una parola su cui c’è sempre un gran da fare”). E ancora, ‘Fame’ è quasi una suite che dura più di 8 minuti (“l’abbiamo messo alla fine, se ritengono posso sfumare”) mentre ‘Le canzoni’, quasi in un gioco di contrasti, è invece il pezzo più dance del disco. “Questo disco è un grande investimento di fiducia nelle canzoni. Rubin mi ha detto pensiamo all’arte, a questo disco, non al business. Pensi che non ci siano hit radiofoniche? Fregatene. Non lo puoi sapere adesso, per ora il disco deve piacere a te, alla tua famiglia e ai tuoi amici”.

Un brano dell’album si chiama ‘Sbam’ ed è “una macchina da guerra dance”. Ma ‘Sbam’ è anche il titolo di un libro almanacco che esce con Mondadori contemporaneamente all’album: “È un po’ un diario di viaggio della lavorazione di un disco e un po’ un party letterario, perché ho invitato diversi artisti a portare un contributo, dal fumetto alla letteratura. Sono davvero fiero di questo lavoro, che mi piacerebbe diventasse un periodico senza scadenza, che esce quando è pronto. E poi vale la pena comprarlo perché in quarta di copertina c’è anche l’unica fotografia esistente del mio cinquantesimo compleanno”, ride. La lavorazione del disco è fissata anche in un docufilm che uscirà gratuitamente negli Ucicinema il 10 dicembre. “Non è la fiction su Rosy Abate ma agli appassionati di musica piacerà”, dice ridendo.

A chi gli chiede se pensa di lavorare ancora in futuro con Rubin, Lorenzo risponde: “Io mi sento all’inizio di una nuova storia. Poi si sa: the future is unwritten!”. Quanto all’idea di lavorare nello showbusiness americano, Jovanotti taglia corto: “Non ho mai pensato di poter sfondare al livello discografico in Usa, dovrei darmi al bel canto. Volevo fare un’esperienza live perché sapevo che quello poteva funzionare e l’ho fatta. Ma finisce lì. Però mi rendo conto che la presenza di Rubin in questo disco ha già fatto rizzare le orecchie alle consociate Universal di mezzo mondo”.

All’uscita dell’album seguirà un tour che partirà a febbraio e porterà Jovanotti nei palasport di tutta Italia con tappe plurime in ogni città. “Faremo una valanga di date. E questo disco influenzerà anche il suono del live, perché provando ci siamo resi conto che anche i vecchi pezzi possono essere riletti in maniera più asciutta, più rock’n’roll”. La scaletta è ancora in costruzione ma Jovanotti anticipa: “Non ci sarà tutto il disco nuovo, stiamo provando 7 pezzi per ora. Ma il cuore sarà il mio repertorio rinfrescato. Lo scopo comunque rimane sempre fare una megafesta”. Se poi andrà in porto il grande concerto estivo in omaggio a Pino Daniele allo Stadio San Paolo, Jovanotti ci sarà: “Non c’è dubbio e con grande piacere. Come potrei non esserci?”.