L’ Europa stretta nella morsa del terrore tra guerra di religione e interessi

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L’Europa è nella morsa del terrore. La follia islamista colpisce ancora la Francia e viola, stavolta, addirittura una chiesa. A Saint-Etienne-du Rouvray, in Normandia, Jacques Hamel, sacerdote di 86 anni, viene sgozzato sull’altare, mentre celebrava la messa. A rendere più inquiete e angosciose le nostre giornate, però, c’è anche l’emulazione schizofrenica di malati mentali o semplici disadattati sociali, cui le politiche di welfare della civile e forte Germania non hanno saputo dare risposte per tempo. A Monaco di Baviera, per dire, un tedesco di origine iraniana spara all’impazzata in un centro commerciale e uccide dieci persone, oltre a ferirne altre sedici.  

Sui giornali, però, il dibattito è in gran parte incentrato sulle parole del Papa, secondo cui è in atto “una guerra di interessi, di soldi, di risorse, non di religione”. Parole che provocano irritazione in molti editorialisti laici, che, paradossalmente, si incaricano di ricordare al pontefice: “i cristiani che da anni vengono sterminati in medio oriente, da Mosul ad Aleppo, perché colpevoli di essere cristiani”. Oppure, “quegli ebrei che vengono sterminati da decenni dagli islamisti (non solo dall’Isis) in nome di una guerra combattuta per ragioni che non c’entrano nulla con i soldi o con gli interessi”.

Nelle prefetture di mezza Europa, invece, il dibattito è sulle misure di sicurezza che finiscono inevitabilmente per limitare la libertà di movimento delle persone e causare non pochi danni al turismo. Aspetto tutt’altro che di poco conto, in vista ormai di agosto. Intanto, le televisioni di mezzo mondo trasmettono la situazione caotica che si è determinata a Dover dove, in attesa di poter raggiungere il Continente, a Calais in Francia, restano bloccate per 15-20 ore di fila 250 mila persone al porto d’imbarco. E dove, naturalmente, il pensiero degli inglesi non va assolutamente al terrorismo: “Ecco, i francesi ci puniscono perché abbiamo votato la Brexit. Vogliono darci un’idea di come sarà la vita fuori dall’Europa, una coda senza fine”, dichiara un turista alla Bbc.

La guerra, poco importa se d’interesse o di religione, intanto fa passare in secondo piano nei notiziari l’accenno di diverso orientamento che si respira a Bruxelles in materia di rigore. Così, ad una più benevola comprensione manifestata nei confronti del sistema bancario – quello italiano in particolare, alle prese con lo stress test che promuove a pieni volti soltanto pochissimi istituti – si accompagna anche la proposta della Commissione Ue di annullare le sanzioni nei confronti di Spagna e Portogallo, nonostante i due Paesi non abbiano raggiunto gli obiettivi per l’aggiustamento del deficit pubblico. E in secondo piano passa pure il giudizio della Federal Reserve che non ha tocca i tassi, ma segnala “elementi di rafforzamento dell’economia Usa”. Mentre, in scia, la BoJ (Banca del Giappone) evita di tagliare i tassi d’interesse o di espandere la base della sua politica monetaria, optando invece per un timido ampliamento del mix di politiche attualmente vigenti, con grande delusione dei mercati.

E passano in secondo piano – ma da noi è più una questione di vacanze che altro – anche i dati positivi che finalmente sembra registrare l’economia domestica: a luglio migliora la fiducia dei consumatori e delle imprese che passa a 111,3 punti dai 110,2 di giugno (ma i rilevamenti – si fa notare – sono stati fatti prima degli attentati); continua per il quarto trimestre consecutivo l’aumento delle compravendite immobiliari (+17,9% di compravendite, +29,2% di mutui). E soprattutto continuano ad aumentare gli occupati: a giugno 2016 sono infatti 71 mila persone in più (+0,3%) rispetto al mese precedente e 329 mila rispetto a giugno 2015. Al punto che quasi nessuno fa caso, ormai, alle parole via Twitter del premier Matteo Renzi: “Fatti non parole. Da febbraio 2014 a oggi l’Istat certifica più di 599mila posti di lavoro. Sono storie, vite, persone. Questo è il Jobs Act”:

A tenere banco, invece, sono gli stipendi dei top manager Rai, vale a dire, dipendenti pubblici, che guadagnano fino a 300 mila euro all’anno per fare niente, cui fanno inevitabilmente da contraltare gli errori che si accompagnano al pagamento della prima rata del canone Tv con la bolletta elettrica. E la rivoluzione in arrivo tra gli statali con il nuovo testo unico sul pubblico impiego da cui spariscono il posto fisso e gli scatti automatici di anzianità. 

E fa sorridere, infine, la decisione di Equitalia di sospendere la notifica delle cartelle nelle due settimane centrali di agosto. Giusto perché i dipendenti vanno in ferie, ovviamente.