Quanto premesso è ciò che accade di consueto. Peccato che, a volte, ne venga fatto un uso distorto, da oltre mezzo secolo quelle forme di operatività sono in via di sviluppo, soprattutto se utilizzate sotto forma di trasmissioni radiotelevisive. In Italia, nei primi anni ’60, quando la struttura dell’ unico canale televisivo esistente, meglio definirla pubblica che di stato, dedicò un servizio a Eduardo De Filippo e alla sua arte, già allora conosciuta e apprezzata anche all’estero. Una delle domande che gli furono rivolte fu quella di dove trovasse tanti spunti di ispirazione per le sue opere teatrali. La risposta non si fece attendere, affermando quell’artista che a Napoli era sufficiente soffermare lo sguardo su un qualunque gruppetto di conversatori e ne sarebbe venuto fuori tanto di quel materiale sufficiente a scrivere un’altra Divina Commedia. Non aggiunse, da grande quale era e è -sua la considerazione che un uomo è tale, se e solo se, molti anni dopo la sua morte, se ne parla ancora -che l’osservatore sarebbe dovuto essere alla altezza del compito. È quindi l’elaborazione dei fatti da riferire che può rendere interessante anche un cosiddetto “fattariello”. In questi giorni in TV stanno passando imitazioni temerarie di quella che fu la trasmissione Tribuna Politica, in una sequenza così frenetica che le porta quasi a accavallarsi pericolosamente: i dialoghi che ne vengono fuori sono a dir poco allucinanti. Eppure chi ha qualche anno sul groppone ricorderà la genesi di quel modo di informare, molto seguito anche nei piccoli centri del Meridione del Paese. La guerra era finita da poco e l’analfabetismo si attestava su percentuali a doppia cifra. Tali circostanze, insieme a altre dovute anche alla “lontananza” di ogni genere tra le fonti e i potenziali destinatari, facevano sentire gli italiani beatamente fuori da tutto e tutti, tanto che si cominciò a definire quello status “beata ignoranza” . Senonché, anche per la ripresa dell’ attività politica sul campo, una copia di un qualsiasi giornale cominciò a arrivare anche nei piccoli centri e chi ne fu fatto custode fu Il Barbiere, Essa era tenuta a disposizione con orgoglio in quello che il Figaro nostrano definiva pomposamente il suo “salone”. Era esso nient’altro che uno scantinato scampato ai bombardamenti, con al centro, tipo altare pagano, un’ unica sedia, quella definita “poltrona del barbiere”, appunto. Anche il cerimoniale della lettura di quello stesso diventa presto un Vangelo laico ineguagliabile, per giunta in versione prèt a portèr: gli avventori sapevano quando sarebbe arrivato qualcuno dei notabili del villaggio per farsi radere, al quale ogni giorno e per più volte, i più spigliati chiedevano: “che dice questo giornale?”. A loro volta quegli attoniti ascoltatori, ritornando a casa, riferivano a familiari e vicini ciò che avevano capito da quell’ ascolto. Strano ma vero, quel sistema funzionò a lungo e permise addirittura a chi era riuscito a non emigrare, di apprendere notizie dall’ America e comunque “da terre assai lontane”. Esse erano da aggiungere a quelle che ricevevano con la corrispondenza dei loro congiunti emigrati, sempre più che numerosi, da quelle parti. Successe che fosse emigrato in America e avesse fatto fortuna li con la carta stampata, un sannita della Valle Caudina, precisamente di Arpaise, che aveva fondato oltre Oceano, nella prima metà del secolo scorso, il giornale Il Progresso Italoamericano.L’ obiettivo era informare gli emigrati di cosa succedesse nel Paese. Generoso Papa, che oltreatlantico era divenuto Pope, questo il personaggio,raggiunse livelli di popolarità altissima, solo in parte merito della sua indubbia professionalità, ma non è questa la sede per approfondire il discorso. Anche quel giornale era fortunosamente disponibile dal barbiere e gli avventori, quando volevano rafforzare la portata di una notizia, sottolineavano che era stata riportata anche da Il Progresso. E dire che, sempre da quelle colonne, chi era restato di qua dall’ Oceano, apprese notizie di illustri compatrioti che, nati o giunti a La Merica senza nemmeno lacrime da piangere, si erano fatti valere anche a costo della vita.
Peter Amadeo Giannini, di origini genovesi, che da modesto fruttivendolo fondò e fu presidente della Bank of Italy, divenuta presto Bank of America, la più grande del mondo a quei tempi, da lui presieduta appena trentenne, si fece notare per le innovazioni che aveva introdotto nel mondo del credito. Diede vita a un sistema di trasferimento delle rimesse degli emigrati alle loro famiglie in Italia, derivandolo della sua vecchia esperienza di fruttivendolo. All’epoca i limoni di Sorrento erano quotati nella sezione merci della borsa valori di Wall Stret. Esisteva a quel tempo una flotta di navi adibite prevalentemente al trasporto di quella frutta: quale sistema migliore per far arrivare veloci e in sicurezza quelle rimesse, se non affidandole ai Comandanti di quei cargo neii viaggi di ritorno di quelle navi vuote? Un altro italoamericano ci rimise addirittura la vita nel corso della seconda guerra mondiale: John Basilone. Questi, figlio di emigranti di Colle Sannita, in provincia di Benevento, nel corso della Battaglia del Pacifico, fu il marine che innalzò la bandiera americana sulla isoletta di Ivo Jima, a suggello della conquista della stessa da parte americana, fino a allora sotto il dominio del Giappone. Morì giovane per un infezione e è sepolto anche egli nel cimitero di Arlington. Ciò nonostante, agli americani non fa molto piacere riconoscere ufficialmente il valore di questi, come di tanti altri, italiani che vissero e morirono per quel continente. Del fruttivendolo banchiere negli annali della Bank of America, addirittura non si fa cenno alcuno, come poco evidenziato è ciò che fece Antony Lee Jacocca, originario di San Marco dei Cavoti, nell’ alto Sannio, per la Chrysler che stava andando a rotoli, salvandola. Eppure parte dell’ establishment a stelle e strisce lo avrebbe voluto alla Casa Bianca. Sempre negli USA mercoledì si è verificato un altro episodio poco opportuno per l’attuale parte di quel governo che si occupa di economia e quanto a essa connesso. L’ agenzia di rating Fitch ha tolto la AAA sulla solidità e solvibilità dello stesso, abbassandone in maniera sensibile quanto con approssimazione può essere definita la sua affidabilità. La cosa che più lascia perplessi è che tale resoconto è legato a ipotesi proiettate a 12 mesi e legate a questioni che definirle di lana caprina è ancora poco. Intanto le borse hanno reagito male, crollando, e così facendo è stata già bruciata una quantità di ricchezza pubblica e non, che di questi tempi sembra una profanazione del tempio. Anche questo è uno degli effetti perversi di certa comunicazione distorta e sovraesposta, talvolta fatta a arte. Fosse stato vivo Cicerone, non sarebbe mancata una sua domanda, per quanto generica, agli autori di quest’ennesimo episodio di comunicazione disinvolta quando non fuori legge (condizionamento), in una parola dannosa, : “Cui bono ?” La risposta è evidente e la speculazione è servita. Alla prossima, che di certo farà presto capolino.