L’interesse del visitatore è lo scopo di una buona gestione

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Ascoltare le relazioni dei più accreditati direttori dei Musei ai diversi convegni che sbocciano a ogni inciampar di piede, può aprire il cuore alla speranza. Finalmente! Non si gettano i cappelli in aria semplicemente per questione di contegno, ma il cuore è aperto. Benessere, conoscenza, riforma della gestione, passaparola: quattro punti che si ricorrono e rimbalzano da convegno a convegno come frutto di studi, ultima scoperta, mistero svelato. I piccoli musei, riuniti in associazione, inneggiano alla novità che sperano possa coinvolgerli. La medaglia del “turismo culturale in quattro lezioni” però ha una faccia nascosta la cui scoperta può rivelarsi un baratro per chiunque, finito il saggio disquisire, si lanci all’opera senza l’esperienza e la conoscenza pratica. Il Mucirama si trova nel complesso monumentale dell’ex Convento di San Tommaso d’Aquino a Piedimonte Matese. Ospita le importanti collezioni della storia di Piedimonte Matese e del suo vasto circondario fin da lontanissime epoche geologiche. In occasione del 1° maggio 2016, ha accolto cinquanta visitatori sbandierati, all’epoca come un successo di pubblico. C’erano le collezioni civiche, gli affreschi sulle volte del chiostro maggiore del complesso monumentale, la mostra sui Sanniti “Gens fortissima Italiae”. Un bel passeggiare tra cose straordinarie per soli cinquanta turisti. In occasione del periodo natalizio sono state allestite due mostre: “Amedeo Maiuri. Da Rodi a Pompei. Una vita per l’archeologia”, e una mostra d’arte presepiale. Di esse non si hanno ancora i risultati in termini d’affluenza. La mostra reca l’impronta della sua curatrice, oggi neo direttrice del museo, che sullo stesso studioso curò la mostra a Pompei nello scorso gennaio. Pompei accoglie tre milioni di visitatori l’anno e la mostra fotografico monumentale sull’archeologo, che per anni fu direttore della Soprintendenza Archeologica di Pompei, brillò anche per la luce riflessa dal bagliore degli scavi. Villa Pignatelli nelle tre settimane di World Press Photo ha accolto 6000 visitatori, 2000 a settimana. Oh meraviglia, come mai? Il museo conta in media 22000 visitatori l’anno. E’ un luogo bello, elegante, di facile fruizione, e ospita, dunque, circa 1800 visitatori al mese. In media. Compresi eventi e settimane della musica. La mostra di fotografica toccava però l’emotività delle persone e, anche nella sua semplicità espositiva, aveva i numeri interpretativi che determinarono l’eccezionale affluenza. Come mai questo picco di gradimento? L’avvicendarsi nel tempo delle famiglie Acton ,Rothschild, Pignatelli alla proprietà della splendida struttura non si percepisce. Non si avverte il legame quasi affettivo della principessa Pignatelli che nel donare la propria villa allo stato volle però che nessun oggetto in essa contenuto fosse dislocato altrove. Le sale sono bellissime ma non comunicano appartenenza e non coinvolgono. Non appena però l’attenzione, l’emotività e l’identificazione sono state sapientemente sollecitate ecco il boom di visitatori. Quando oggi s’invoca il Grand Tour per creare un collegamento tra più siti d’interesse, questo collegamento non è emotivamente percepito: non basta enunciarlo in brochure, la gente deve vederlo, ”sentire” il legame tra i luoghi e viverlo in prima persona. I visitatori devono sentirsi spronati, emozionalmente obbligati a percorrere tutto l’itinerario. Difficile? Assolutamente no. Bisogna solo saperlo fare. Non basta essere conoscitori della materia, bisogna comprendere lo stato d’animo del visitatore. Le persone quando non entrano nello spirito di un sito allontanano dai propri interessi tutto il settore perché: “ non ha nulla a che vedere con me, non capisco…”:. Questa è la sconfitta più grande per chiunque si occupi di gestione di un bene culturale, è un accusa specifica dalla quale chiunque oggi curi un esposizione, una mostra o una raccolta, non può essere salvato. Il compito primo di chi gestisce è, infatti, capire la percezione che la gente comune può avere di questo o quel bene. E calibrare la propria proposta perché sia interessante a più livelli culturali. Una bella fila d’interessantissimi documenti fissati in splendide cornici o in apposite teche, antiriflesso, tecnologiche, antiche, preziose o moderne stabilisce un contatto empatico solo con studiosi, esperti o aspiranti tali. Il visitatore comune non avverte brivido, interesse, antipatia o simpatia e meno che mai curiosità a proseguire la visita. Ecco perché all’ingresso del Mucirama non c’è fila, e anche le teche con le antiche vestigia non sono circondate da gruppi di turisti che attendono pazientemente il turno per lasciarsi prendere dall’emozione di un antica fattura, dalla sua storia. Se il pubblico non comprende, non sono fatti suoi, è solo responsabilità di chi gestisce l’esposizione senza saperlo coinvolgere.