La Borsa brucia chiamate i pompieri

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“Fate pure con calma”, ha titolato e scritto con grande efficacia e altrettanto sarcasmo sul “Giornale”, martedì scorso, Marcello Zacché, rivolgendosi al governo, in relazione a quanto, dall’inizio dell’anno, sta accadendo in borsa. Vale a dire: “Nelle prime 5 settimane del 2016 la Borsa di Milano ha perso il 23%, quasi un quarto della sua capitalizzazione ovvero 129 miliardi, circa il 7% del Pil”, ha annotato il giornalista. “Un andamento che ha pochi precedenti per la velocità con cui si sta sviluppando: -23% in 25 sedute di mercato. Negli ultimi dieci anni è successo qualcosa di così rapido solo due volte: la prima nel settembre-ottobre 2008, dopo il fallimento di Lehman Brothers che ha portato all’ inizio della recessione; la seconda nell’ agosto- settembre 2011, quando i rendimenti dei Btp cominciavano a salire facendo scoprire agli italiani la parola spread”. Titolo ed incipit tanto più efficace ed ironico, se posto in relazione, poi, non tanto al “Fate presto” che “Il Mattino” – almeno i più anziani ricorderanno – utilizzò qualche giorno dopo il disastroso terremoto del 23 novembre 1980 – e reso celeberrimo da un’opera di Andy Warhol che si conserva nella reggia di Caserta – quanto alla decisa presa di posizione – “Fate presto”, appunto – che il “Sole 24Ore” replicò il 10 novembre 2011, quando lo spread tra i nostri Btp e i Bund a dieci anni tedeschi schizzò a 552 punti. Ma si trattava, in quest’altra circostanza – a dirla tutta – più che di un appello al governo a fare qualcosa per limitare i danni, di un invito perentorio a togliere il disturbo, insomma, a mandare a casa Berlusconi, allora capo dell’esecutivo. Cosa che effettivamente avvenne cinque giorni dopo. Ma questa è un’altra storia. Nella nostro racconto, invece, l’esortazione non ‘c’è: né in un senso, né nell’altro, come annota la firma del “Giornale”. Anche perché – è questa l’obiezione – lo spread intanto ha sì rialzato la testa, ma non è andato oltre quota 160 punti, per poi ritornare su livelli più accettabili. E comunque è ancora intorno ai 140 (a 137,84 ad essere pignoli). Ciò non significa, dunque, che la situazione sia meno grave. Nel mirino della speculazione, infatti, tra tonfi e rimbalzi – il “rimbalzo del gatto morto” hanno puntualizzato gli analisti – ci sono sempre le banche, che da almeno tre mesi a questa parte sono “croce ma senza delizie” del premier Matteo Renzi. Contro il quale, peraltro, appunto da quando è emerso lo scandalo della banca Etruria, Banca Marche, Cassa di risparmio di Chieti e CariFerrara, non passa giorno senza che manchi qualcuno che punti l’indice accusatore, non solo e non tanto per i supposti conflitti di interesse in seno al governo e alla maggioranza (il riferimento puramente casuale è sia al ministro Maria Elena Boschi che al Pd del Monte dei Paschi di Siena) quanto per una oggettiva e sospetta acquiescenza che l’esecutivo mostrerebbe proprio nei confronti dei poteri forti ed in particolare degli istituti di credito. Banche, per giunta, che sono accusate di dare soldi allo Stato sprecone ma non alle imprese. Accusa che stavolta è stata formulata dal Centro studi di Unimpresa, che infatti ha rilevato: “Negli ultimi 12 mesi i prestiti delle banche alle aziende sono diminuiti di oltre 14 miliardi, mentre sono cresciuti sia i finanziamenti alle famiglie per 23 miliardi sia quelli allo Stato centrale per più di 3 miliardi”. In particolare, l’ammontare del credito concesso alle amministrazioni centrali dello Stato è passato – secondo il rapporto – da 198,1 miliardi a 201,8 miliardi in crescita di 3,6 miliardi (1,86%).  E l’attenzione sul governo e sulle banche resta alta anche con riferimento ai rimborsi dei dieci mila risparmiatori che si ritengono “truffati” dai quattro già citati istituti di credito. All’ultimo momento, infatti, il consiglio dei ministri, pur approvando le norme di riordino del settore, ha ancora una volta rinviato lo specifico provvedimento che, secondo indiscrezioni, avrebbe causato un putiferio, dal momento che avrebbe limitato soltanto ad un dieci per cento dei titolari di obbligazioni subordinate la possibilità di accedere all’Autorità di Cantone. Altro che rimborsi.