di Roberto Nicolucci*
Con soddisfazione registriamo che in Italia è di nuovo in auge il termine Cultura. Compare sui social, fa capolino nei tradizionali canali di informazione e qualche libro la sbandiera in copertina. Certo la parola produce un bel suono in bocca: non fosse altro perché, ove se ne parli, è per sottolineare che con la cultura si mangia eccome! Tutti d’accordo ma niente di nuovo: da ragazzi dicevamo ‘quel libro l’ho divorato’. Come a dire: mi ha preso. E noi dovremmo fare lo stesso con la Cultura. Abitarla e abilitarla promuovendola con i mezzi digitali. Su questo il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che per la Cultura ha stanziato 6,68 miliardi, rimane un’importante piattaforma. Tutto sta a impiegare, senza disperdere un euro, questi fondi enucleando con competenza e scrupolosità i settori su cui intervenire e investire. E dunque andiamo a vedere. Si parte col miliardo a favore dei piccoli borghi che, giova ripeterlo, costituiscono tra le specificità da rilanciare del territorio. Bene i 500 milioni per ‘piattaforme e strategie digitali per l’accesso al patrimonio culturale’ e i 300 milioni per l’abolizione di barriere e migliorare l’accessibilità dei siti. Così come in frangenti difficili sul piano europeo e internazionale, sono benvenuti i 300 milioni per ‘migliorare l’efficienza energetica di cinema, teatri e musei’. Un saliente capitolo di spesa riguarda le architetture rurali: patrimonio di un’Italia da riqualificare su cui convergeranno 600 milioni di euro. Sono stati messi in conto, inoltre, 800 milioni per programmi di prevenzione antisismica di luoghi di culto e il restauro di altri siti nell’eventualità di calamità naturali (come ben sappiamo dalle ultime tragiche notizie dalle Marche). Altri 300 milioni figurano per il rilancio dell’industria cinematografica e audiovisiva. Mentre 155 milioni serviranno a formare degli operatori culturali per gestire la transizione digitale e verde. E si potrebbe continuare menzionando alcuni interventi strategici per una lista di potenti attrattori culturali (al sud i lavori toccheranno, tra l’altro, Reggio Calabria, Bari, Palermo, Trapani e Napoli). Una volta trovati, insomma, i soldi bisogna anche saperli spendere. Cultura e civiltà vuol dire imparare a stare meglio con sé stessi e gli altri. Ma è anche un patrimonio che produce ricchezza e posti di lavoro. I giovani e i nostri figli saranno i primi a beneficiarne.
* storico e critico d’arte