La didattica e i giovani: lontani come ai tempi di Totò

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L’Università e i giovani d’oggi: viste le classifiche sugli immatricolati, stratificati per regione delle diverse università, che stanno prendendo la scena alle notizie di questi giorni, può avere un senso parafrasare il titolo del film Mario Mattioli del 1960 “Totò,  Fabrizi e i giovani d’oggi” ed incorrere nel più classico dei paradigmi diVico, quello dei corsi e ricorsi storici. I dati sembrano riproporre il tema della questione meridionale, polarizzata e declinata in ambito accademico,come un “di cui” di un problema più esteso al quale il famoso masterplan per il Sud annunciato dal Governo non sembra dare segni di implementazione. In realtà la questione territoriale che risulta molto spesso tirata in ballo nelle diagnosi e/o nelle prognosi dei fenomeni di valutazione degli atenei meridionali, va analizzata più in profondità eletta anche in chiave sociologica. Sappiamo chi sono questi nuovi potenziali immatricolati e soprattutto cono- sciamo chi sono quelli che decidono di non immatricolarsi? Ed infine capiamo cosa spinge un immatricolato a scegliere un ateneo rispetto ad un altro? Il periodo attuale è caratterizzato da profonde mutazioni, prima fra tutte e più significativa per le università, quella relativa al passaggio da una conoscenza concentrata, anche geograficamente, in centri di produzione e detenzione, ad una conoscenza distribuita capillarmente a livello planetario. Cosa all’università tocca fare, quindi, in questo periodo in cui oltre alla didattica ed alla ricerca, la cosiddetta terza missione non può più essere considerata una funzione aggiuntiva opzionale? Sicuramente l’università ha come obiettivo quello di creare,  preservare, integrare, trasmettere e applicare la conoscenza. Quello che non deve fare è risultare una roccaforte del sapere sconnessa dal territorio. Tale modello, come spesso accade nella evoluzione del- le cose, nei cambiamenti di concept e delle abitudine umane, e nei nuovi modelli di riorganizzazione sociale, è attualmente, di- venuto obsoleto e non più adatto alle esigenze attuali dei giovani potenziali nuovi immatricolati anche e soprattutto con riferimento allo specifico tema dello sviluppo locale, ed è stato soppiantato dal paradigma della social innovation cheesige una convergenza di vita accademica e sociale quale primo driver dello sviluppo di creatività, vista anche come input progettuale, di riqualificazione cultura- le del territorio urbano ed anche di integrazione sociale.Come perseguire tale scenario? Nella classi- fica delle variazioni percentuali degli immatricolati si staglia il dato che tale variazione negativa risulta contenuta o addirittura positiva per quegli atenei che strategicamente stanno valorizzando la loro funzione di trasferimento tecnologico. Come reagire allora? Quali contro reazioni esercitare? La roadmap da seguire è indicata dalla natura ed è ben descritta dalla chi- mica con il noto principio di Le Chatelier, noto anche come principio dell’equilibrio mobile, che ci permette di prevedere come un sistema all’equilibrio reagisce a perturbazioni esterne: “quando un sistema all’equilibrio chimico viene perturbato per effetto di un’azione esterna, il sistema reagisce in maniera da ridurre o annullare la sollecitazione stessa ristabilendo l’equilibrio”. Occorre quindi reagire per ridurre sia l’azione generale di rinuncia alla iscrizione all’università e sia l’immatricolazione in atenei non del Sud, attraverso una modifica strutturale dei modi di gestire la conoscenza, di dialogare con il territorio e le imprese e di acquisire un linguaggio che sia prossimo agli studenti e non obsoleto e inadeguato. Il trasferimento tecnologico può rappresentare quel processo in grado sia di arginare il gap tra conoscenza codificata e conoscenza tacita appannaggio dei nuovi immatricolati spingendoli ad iscriversi al percorso universitario e sia, attraverso il rilancio dello sviluppo locale, creare condizioni territoriali favorevoli alla scelta di un ateneo rispetto ad un altro. Essendo in periodo giubilare si potrebbe dire che occorre un Concilio Vaticano II degli atenei che riformi la dottrina della loro governance e la renda,senza ledere le due funzioni tradizionali di ricerca e didattica, al passo coitem- pi, al passo con i giovani d’oggi. 

*responsabile Ufficio Trasferimento Tecnologico Università Federico II