La Lettera di S. Paolo a Timoteo: un crocevia di incontro tra le attività di Giovannini, Palomba e le opere di Padre Baldassarre Califano 

in foto Enrico Giovannini

Nell’ultimo contributo del prof. Enrico Giovannini, (Direttore scientifico dell’ASviS), destinato alla Comunicazione economica e sociale –“Avvenire” del 3 agosto 2023, ripreso ieri su questa, rivista, il denaro.it, mi ricorda, di Padre Baldassarre Califano, assistente della sezione della F.U.C.I., di Castellammare di Stabia, l’incoraggiamento di acquisire, da una parte, e, dall’altra, di diffondere, il credo cristiano contenuto nelle lettere di S. Paolo ai suoi destinatari, viventi all’epoca, durante i miei studi universitari, alla facoltà di Economia e Commercio della Federico II di Napoli, nel periodo 1962-67. Sin da allora mi ha accompagnato il riferimento essenziale delle Lettere 1 e 2 di S. Paolo a Timoteo da:

https://www.bibbia.it/1-e-2-lettera-di-Paolo-a-Timoteo.html

“Nella prima lettera, Paolo manda al suo discepolo una serie di consigli pratici, per aiutarlo a trattare con saggezza i problemi che sorgevano nella comunità cristiana di Efeso. Ad Efeso le conversioni si moltiplicavano e i cristiani si riunivano in centinaia di piccoli gruppi in varie case, sotto la guida di alcuni anziani o vescovi. Sembra che il compito principale di Timoteo fosse quello di preparare gli anziani a svolgere il loro compito di cura pastorale, infatti Paolo fornisce un quadro completo delle responsabilità di un servitore di Dio. Timoteo viene incoraggiato ad essere un esempio e a mantenere un fermo atteggiamento contro le false dottrine. Al termine Paolo si sofferma sul malsano desiderio di diventare ricchi e sul pericolo di considerare la religione come fonte di guadagno. “L’amore per il denaro »- scrive – è la radice di tutti i mali“.

in foto padre Baldassarre Califano

La seconda lettera che Paolo scrisse a Timoteo è anche l’ultima di cui abbiamo testimonianza, cronologicamente parlando (siamo intorno all’anno 65), e possiamo considerarla il suo testamento spirituale. Paolo si avvicina alla fine della sua vita: è a Roma, ma stavolta incatenato come un criminale (2:9). Abbandonato da quasi tutti, attende il martirio (4:6). Nel frattempo, i cristiani si perdono in chiacchiere inutili (2:16), ci sono quelli che si oppongono alla verità del vangelo (3:8), mentre alcuni addirittura se ne allontanano, sotto l’influenza di falsi insegnanti (4:3-4). Così questi quattro capitoli contengono le commoventi esortazioni di un uomo di Dio, ormai vecchio, che trasmette le sue ultime istruzioni al discepolo Timoteo. Con fervore lo incoraggia a perseverare, a esortare i credenti, ad adempiere al suo ministero di evangelista. Paolo ricorda a Timoteo la grande eredità spirituale ricevuta dalla madre Eunice e dalla nonna Loide. Era stato chiamato ad essere guida per la chiesa, doveva farsi coraggio e lasciare da parte le sue paure. Con una serie di brevi immagini, Timoteo riceve indicazioni da cui trarre ispirazione per forgiare il suo temperamento: per essere come un soldato, un atleta, un agricoltore, uno che sa soffrire, che sopporta la fatica. In 83 versetti Paolo descrive incisivamente le diverse caratteristiche della vera vita cristiana, rilevando che non si cammina con Cristo senza soffrire, e questo pensiero è come un riflesso dell’ultima esperienza che egli sta vivendo. Lo consola il fatto che può contare su Timoteo che è in grado di prendere il testimone dalla sua mano, quando egli stesso avrà terminato la sua corsa.

A chiusura della lettera, Paolo parla di sé stesso, dando l’immagine di un uomo solo, abbandonato dagli amici, desideroso del suo mantello per scaldarsi e di riavere i suoi libri. Desidera avere una presenza amica nell’ora della prova e invita il suo caro Timoteo a raggiungerlo prima che arrivi l’inverno. C’è un tema che viene ripetuto e può essere usato come chiave di lettura. Per ben quattro volte l’apostolo usa l’espressione “Non avere vergogna ” (1:8, 12, 16, 2:15).

Questa frase è ancora oggi un’esortazione per ciascuno di noi: Cristo non ha avuto vergogna di insegnare, guarire, essere deriso, fustigato, ucciso per salvarci.

Noi siamo pronti a non avere vergogna di Lui?”

 Il prof. Enrico Giovannni, autore dell’articolo su Avvenire “Clima: Educare allo sviluppo sostenibile: dovere di Stato, dovere di tutti” di cui si è discusso qui, conclude: 

“Insomma, molto resta da fare: per questo, tutti abbiamo il compito di educare noi stessi e gli altri allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale, con la stessa perseveranza e convinzione che San Paolo indicava a Timoteo: «Predica la parola, insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, rimprovera, esorta con ogni pazienza e dottrina», anche se di fronte a certe affermazioni la pazienza è veramente messa a dura prova”. 

in foto Giuseppe Palomba (ph Marco Vasini)

Quando incontravo alla riunione fucina del sabato sera padre Baldassarre, spesso mi riferiva che durante quella settimana era andato a via Partenope, a Napoli, dal prof. Palomba, cambiava atteggiamento, immediatamente sorridente e soddisfatto mi diceva: indovina un po’ di che abbiamo parlato? Io gli rispondevo, conservando il tono della risposta ad un indovinello: “Si, immagino, avete discettato sulla lettera di S. Paolo a Timoteo”!! Questo, ad esempio, era un tema dei loro incontri napoletano, di cui si dà notizia nell’articoloL’incontro con Giuseppe Palomba, economista nell’Ateneo fridericiano e Padre Baldassarre Califano, assistente spirituale nella Fuci”

Esperienze cognitive dall’albero della vita di Claudio Quintano 12 Giugno 2023 (qui) 

Spesso raccomandava che, nel Circolo FUCI, ci si rafforzasse al “credo” paolino e ce lo ricordava specialmente quando andavamo “a fare S. Vincenzo”, occasione in cui distribuivamo beni alimentari raccolti, affiancati da un medico che provvedeva per la parte sua; in quel periodo, assieme al prof. Mario Lambiase, neurochirurgo, primario del S. Leonardo e poi come aiuto al Cardarelli. A tal proposito conto di corredare questa raccolta di esperienze cognitive con quella  prof. Mario Lambiase 

Ringrazio il prof. Giovannini per avermi dato, casualmente, l’occasione per congiungermi a ciò.