La libertà non è solo un’illusione

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di Gianfranco Fabi

Già il titolo e la copertina del libro sarebbero sufficienti per un’ampia analisi della realtà della libertà in Italia. E infatti nelle parole “Illusione della libertà, certezza della solitudine: senza bisogno di voler sembrare nuovo” c’è tutta l’esperienza, la passione, la volontà di Vincenzo Olita nel suo cammino in difesa e promozione degli ideali liberali. E nella copertina c’è uno schizzo che a prima vista raffigura i cinque continente salvo accorgersi che ne manca uno, l’Europa, un continente, secondo Olita, in crisi di identità e profondamente incapace di rinnovarsi. Olita, dirigente in anni non sospetti del Partito repubblicano, consigliere regionale della Lombardia, è stato tra i fondatori dell’associazione culturale Società libera, un esempio di impegno civile e di testimonianza culturale. In questo libro (Ed. Rubbettino, pagg. 320, € 22 – www.rubbettinoeditore.it) raccoglie alcuni tra i suoi scritti, i suoi interventi, le sue riflessioni sugli ultimi quarant’anni della vita politica italiana con uno spazio significativo per quella che è ormai una cenerentola, cioè la politica estera che risente della doppia crisi delle realtà di riferimento (l’Onu, la Nato, la Ue) e dell’incapacità nazionale di avere una presenza attiva e costruttiva. La linea guida è quella della libertà saltando a piè pari i sottili distinguo tra liberismo e liberalismo per affermare la necessità di una libertà senza se e senza ma: “la libertà politica – è scritto nell’introduzione che ironicamente l’autore chiama “non prefazione” – doverosamente interconnessa con la libertà di espressione, di critica e di analisi che solo chi non è portatore, né seguace di particolari interessi, ha capacità e volontà di perseguire”. C’è in queste pagine lo spazio del ragionamento, della riflessione, della ricerca di un dialogo costruttivo: tutto il contrario dell’attuale dimensione della politica, fondata sulle paure e le proteste e costruita sui tweet e sui post di Facebook. Pur senza dimenticare i grandi classici del liberalismo Olita ammette sceglie come elemento di sintesi quella definizione di una indimenticabile canzone di Giorgio Gaber: la libertà è partecipazione. Ecco allora un liberalismo che entra naturalmente in collisione con le logiche di uno Stato fondato sui benefici e sui privilegi diffusi, sulla difesa dei diritti (regolarmente “acquisiti”) a cui non corrispondono adeguati doveri, sulla miriade di sottopoteri che sono altrettante manciate di sabbia negli ingranaggi di una società. Ci sarebbe bisogno di tornare ai fondamentali della politica. E’ in questa prospettiva che va letto quel sottotitolo “senza bisogno di voler sembrare nuovo”, un’espressione che Olita ha coniato dopo tangentopoli e che riprende ora in cui sembra che il passato sia tutto da cancellare se non da rottamare. Ma la realtà e l’identità della persona, coniugate nella dimensione della responsabilità, sono i veri valori da salvaguardare al di là dei tempi, delle mode e delle ambizioni di potere. Magari per riscoprire come l’onestà non sia solo una declinazione del “non rubare”, ma deve essere anche associata alla competenza, al rispetto degli altri e delle regole, alla passione sociale.