La presenza delle imprese online

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di Ugo Calvaruso

Dagli anni Sessanta cominciarono ad essere trasformate le relazioni tra imprese e mercati, dato che furono sviluppate le prime applicazioni dell’Electronic Data Interchange e in seguito dei sistemi di Electronic Funds Transfer. Trasformazioni che entrarono nei settori industriali e, insieme allo sviluppo di forme di advertising (ossia delle inserzioni su rete e online) e di altre innovazioni, prese forma quella che il sociologo Manuel Castells chiamò la “società dell’informazione”.
Negli ultimi decenni, attraverso la cosiddetta “digital transformation”, questa trasformazione è stata caratterizzata da una crescita esponenziale. Ma, soprattutto in Italia, questa crescita ha avuto un’accelerazione vertiginosa durante l’emergenza sanitaria.
La rapida evoluzione dei processi di digitalizzazione, l’automazione spinta e la diffusione delle attività commerciali online sono diventati fenomeni studiati anche dalla statistica ufficiale, la quale però non ha ancora definito una misurazione che entri nel dettaglio.

In ogni caso, nel Rapporto del 2021 l’Istat ha posto le prime osservazioni e analizzato i primi dati, soffermandosi:

● sullo sviluppo di nuove modalità di comunicazione con la clientela; ossia la capacità di

  1. fornire agli utenti un’esperienza di navigazione semplice
  2. avere risultati visibili sui motori di ricerca
  3. progettare servizi digitali dedicati alla clientela,
  4. gestire in modo efficace la propria presenza sui social media

● sull’utilizzo di nuovi canali di commercializzazione; per

  1. usare il proprio sito web come e-commerce,
  2. interagire con i clienti tramite comunicazioni dirette per definire le compravendite via Internet (ad esempio tramite e-mail, moduli online, Facebook, Instagram, ecc.)
  3. vendere attraverso l’intermediazione di piattaforme digitali (attraverso marketplace come Amazon o Ebay, oppure piattaforme come il food delivery o l’assistenza tecnica o professionale).

Molte imprese infatti hanno aperto o migliorato il proprio sito web aziendale (soprattutto quelle più piccole), acquistato servizi di ottimizzazione della propria presenza sul web e migliorato l’offerta di servizi web dedicati alla clientela, anche attraverso i social media.

fonte: Istat 2021

 “Riguardo al sito web e alle sue funzioni di comunicazione”, si legge nel rapporto, “si deve tenere conto che i tassi di diffusione erano già elevati prima della crisi (41 per cento in totale, 76 per cento tra le grandi imprese) e che l’esigenza delle imprese è stata prevalentemente quella di una sua ottimizzazione (7 per cento delle imprese in media). Non ha una rilevanza secondaria la previsione per il 2021 di un’ulteriore estensione della presenza sul web da parte delle micro-imprese (+5 per cento con un obiettivo totale, a fine 2021, del 47 per cento di micro-imprese con sito web ottimizzato per la comunicazione con la clientela)” (Istat, 2021). Anche se bisogna tenere ben presente due aspetti: spesso la questione della qualità dei siti e della comunicazione digitale viene trascurata o messa in secondo piano e, inoltre, gli interventi non risultano essere fortemente differenziati da un’impresa all’altra, poiché per avere personalizzazioni sono richiesti importanti investimenti ed elevate competenze digitali.

Anche il settore del commercio elettronico o dell’utilizzo di piattaforme per la vendita online durante questi ultimi anni ha subito una forte accelerazione.

fonte: Istat 2021

Prima della pandemia, infatti, l’e-commerce era adottato dal 9,2% delle imprese con almeno 3 addetti e il 20% nel caso delle grandi aziende. “L’incremento favorito dalla crisi […] è stato nel complesso pari al 43 per cento, significativamente omogeneo in tutte le classi di addetti. Anche considerando le imprese che programmano di attivare siti web di e-commerce nel 2021, si conferma il ruolo della componente dimensionale: l’intenzione è espressa da quasi il 30 per cento delle grandi imprese con un sito di e-commerce, contro il 22-25 per cento delle piccole e medie imprese e il 16 per cento delle microimprese” (Istat, 2021).
Anche qui, però, vanno considerati ulteriori aspetti: da un lato la capacità di ridisegnare i propri modelli di business e, dall’altro, quella formare nuove professionalità.
Tutto ciò, nei più dei casi, richiede importanti investimenti che devono saper essere strategici e intelligenti. Tanto facile a dirsi, quanto difficile a farsi!