Deve essere un vezzo orientale quello di annunciare l’attuazione di un comportamento per poi, subito dopo, metterne in pratica un altro. Non si spiegherebbe in maniera diversa il comportamento del Presidente cinese XI Jinping e della sua banda dei 44, pochi più o pochi meno, nei confronti del governo di Taiwan. Quella dei 4 dell’epoca di Mao, a metà degli anni ’70, peccò di eccesso di zelo e fu debellata con un regolare processo dopo la morte di quel presidente. È quindi opportuno, se non aggrapparsi a una speranza di bis in idem, quantomeno di evitare di augurare lunga vita a chi adotta un comportamento del genere di quello sopra evidenziato. Per quanto concerne quella realtà geopolitica strategica, dirimpettaia della Cina, l’insidia non va intesa rivolta solo al suo governo, ma all’intera popolazione e al riguardo sarebbe superfluo aggiungere altro. È articolata con persone di particolare capacità e di consolidata eccellenza. Il motivo di tale comportamento è presto spiegato: nella cosiddetta “esercitazione militare” che si sta svolgendo con l’accerchiamento di navi da guerra cinesi e con il sorvolo di quell’isola da parte di aerei da caccia con le stesse insegne, sono state esplosi munizioni e ordigni veri, quelli che si usano in combattimento.
A molti sembrerà di vedere di nuovo uno spettacolo andato in scena tre anni fa e ancora in cartellone. Per la precisione in tournée ai confini a nord est della EU, in Ucraina e in realtà geopolitiche con essa confinanti (Crimea e dintorni). Ancora una volta sarebbe un comportamento simile a quello di un cavallo con il paraocchi fingere di non capire anche per l’osservatore disattento che quell’isola fa gola a Pechino per un motivo di facile constatazione.
La stessa sensazione deve averla fatta a molti altri paesi, dal sedicesimo secolo in poi e l’origine è da ricercare nella sua economia. Oltre a essere stata per anni sotto la bandiera giapponese, essa è appartenuta all’ Olanda, alla Spagna e anche alla stessa Cina. Il motivo, prima che diventasse un avamposto dello sviluppo delle tecnologie più avanzate, che spingeva i colonizzatori europei a sottomettere quella popolazione, era la pratica di un’agricoltura a alto valore aggiunto: la canna da zucchero, una per tutte. Ancora oggi la loro valuta, il Nuovo Dollaro Taiwanese, è ben agganciato alle valute più forti in circolazione sul mercato mondiale, per cui la parte commerciale dell’imprenditoria locale non deve cimentarsi con un doppio cambio per le transazioni, sia di import che di export. Tanto dà a essa un supplemento di potenza in termini di forza contrattuale. Se un tempo era l’agricoltura la punto di diamante di quell’economia, ripetuto solo per dare più peso all’affermazione, oggi lo è la tecnologia di alto profilo, cioè la realizzazione di semiconduttori e altro, riconducibili alla telefonia di ultima generazione. A tutto ciò deve essere aggiunta anche lo sviluppo dell’ ntelligenza artificiale. Sarà bene non farsi soverchie illusioni e, soprattutto per l’Occidente, non credere che XI e i suoi scherani possano cambiare idea. Vale a dire il prendere in considerazione, anche nella maniera più blanda e diplomatica, l’ ipotesi di un dietrofront dall’attuale posizione. È facilmente ipotizzabile che, se la vicenda dovesse scivolare ancor più verso un conflitto nel senso autentico del termine, le ripercussioni economiche sarebbero avvertite a tutto campo. I danni causati dall’invasione russa in Ucraina sono di grande rilevanza per l’economia mondiale e non serve nemmeno ricordare i disagi che stanno comportando anche a chi non è coinvolto in maniera diretta nella vicenda.
Se si aprisse, più precisamente se si conclamasse, uno scontro armato tra il governo di Pechino e quello di Taipei, si potrebbe affermare, senza dubbio alcuno, che il mondo farebbe bene a prepararsi a una condizione da day after. Non è una esagerazione affermare che, a causa del drastico rallentamento che subirebbero le attività produttive dell’Industria di pace, soprattutto in quell’isola irredenta, il progresso tecnologico in corso subirebbe una drastica battuta come minimo di rallentamento, se non addirittura di arresto. Le tante e varie complicazioni per continuare a procedere su un sentiero che sembrava dritto e spianato, non tarderebbero a dare segnali inquietanti. Si perderebbe così un altro appuntamento con la storia, difficilmente recuperabile in seguito. Sembra proprio che sia il caso di ricordare ai signori guerrafondai che stanno dentro la Muraglia lo slogan di una vecchia pubblicità televisiva: “meditate gente, meditate! ” Accompagnato da tutti i possibili voti che lo stesso dia una scossa potente a chi ne ha bisogno e non per modo di dire.