La testimonianza del minore vittima nel procedimento penale: forme speciali di acquisizione

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Art. 196 cpp: ogni persona ha la capacità di testimoniare.

Dunque, anche un soggetto minorenne può assumere l’ufficio di testimone, ferma restando la valutazione del giudice circa la sua attendibilità, eventualmente coadiuvata da perizia.

Il minore è però una fonte di prova oggettivamente vulnerabile, in quanto soggetto in fieri. Vulnerabilità intesa non solo come bisogno di tutela della personalità, ma anche come possibile esposizione alla contaminazione del dichiarato da parte di fattori esterni.

In ragione di tale vulnerabilità, la Carta di Noto detta le linee guida per l’escussione del minore, tra cui la necessità di avvalersi di professionisti specificamente formati e di procedere a videoregistrazione della dichiarazione. Specifica inoltre che l’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione.

La norma di riferimento nel nostro ordinamento è l’art. 392 c.1bis cpp, che delinea l’ipotesi di richiesta da parte del pubblico ministero o dell’indagato che la testimonianza venga acquisita durante la fase delle indagini (o dell’udienza preliminare).

La disposizione viene strutturata sulla base dell’esigenza che l’ascolto del minore avvenga in via anticipata rispetto alla fase dibattimentale, luogo fisiologico di assunzione della prova, in virtù della necessità di assicurare la maggiore attendibilità possibile delle sue dichiarazioni (la comunità scientifica ritiene infatti che le prime dichiarazioni siano le più veritiere), nonché di affrettare il processo di elaborazione del vissuto doloroso, per permettere al soggetto di tornare velocemente alle sue abitudini quotidiane.

Nello specifico, i provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio vengono disciplinati dall’art. 398 c.5bis cpp che detta le regole per la cd. “audizione protetta”, la cui adozione è però rimessa alla discrezionalità del giudice. La norma stabilisce che l’udienza può svolgersi in luoghi diversi dal tribunale, chiaramente al fine di evitare che il minore subisca l’impatto traumatico con la struttura giudiziaria; stabilisce inoltre che le dichiarazioni devono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva.

Sul presupposto che attraverso l’incidente probatorio venga meno il principio di oralità-immediatezza di acquisizione della prova, la videoregistrazione è immediatamente servente alla necessità del giudice del dibattimento di valutare la testimonianza nel suo complesso, ed è quindi fondamentale ad assicurare il diritto di difesa dell’imputato che, inoltre, attraverso il suo difensore, potrà controllare le modalità di escussione del minore-testimone.

La mancata documentazione per il tramite della videoregistrazione non viene però in alcun modo sanzionata dal legislatore; autorevole dottrina non si spiega, a questo punto, la sperequazione rispetto ad un’altra norma del codice: l’art. 141bis cpp che, disciplinando l’interrogatorio della persona in stato di detenzione, esplicitamente recita “a pena di inutilizzabilità” per il caso di assenza di documentazione con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Entrambe le disposizioni sono infatti strutturate in termini di perentorietà dell’obbligo. Dunque, il legislatore presta centrale attenzione allo stato di vulnerabilità psicologica del detenuto nel momento in cui viene sottoposto ad interrogatorio; non fa lo stesso con il minore, nonostante il suo status di vulnerabilità sia assolutamente oggettivo.

Inoltre, le cautele poste in essere non solo sono rimesse alla discrezionalità del giudice, ma sono subordinate al tipo di reato contestato. Gli artt. 392 c.1bis e 398 c.5bis richiedono infatti la ricorrenza di particolari fattispecie di reato, determinando in questo modo il legislatore, ancora una volta, una differenziazione di trattamento non giustificabile. Potrebbe auspicarsi, dunque, una modifica diretta ad eliminare tali divergenze normative.

Nel caso invece in cui l’acquisizione della testimonianza avvenga direttamente durante la fase dibattimentale, norma di fondamentale importanza è l’art.498 cpp, che si snoda in tre punti principali: viene concesso alle parti di rivolgere domande al minore, purché ciò avvenga indirettamente, tramite il presidente; viene prevista la possibilità che l’esame si svolga con l’uso di un vetro a specchio unitamente ad un impianto citofonico, evidentemente allo scopo di evitare che il minore venga a trovarsi al cospetto dell’autore del reato; viene stabilito che il presidente possa avvalersi, inoltre, dell’ausilio di un familiare del minore o di un esperto di psicologia infantile che, come ha precisato la Corte di Cassazione con sent. 11130/2008, ha la funzione di assistere il giudice ovvero indicare le modalità con cui devono essere poste le domande.

Il legislatore, dunque, equipara la presenza di un membro della famiglia del teste a quella dell’esperto; tuttavia, nonostante non si possa negare al minore che dovesse chiederla insistentemente, non ci sono dubbi che la partecipazione di un familiare possa suggestionare la fonte di prova, che dunque potrebbe dichiarare un fatto spinto dalla ricerca della sua approvazione, soprattutto nel caso in cui il reato contestato si sia ipoteticamente consumato tra le mura domestiche.

Infine, dobbiamo specificare che anche le cautele previste per la fase dibattimentale sono subordinate alla discrezionalità del giudice che, se ritiene che l’esame diretto non possa nuocere alla serenità del teste, può procedere nelle forme ordinarie.