L’ambasciatore Cospito e le relazioni tra Svezia e Italia

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In foto Mario Cospito
L’ambasciatore italiano in Svezia, Mario Cospito, ha scritto un articolo sulle relazioni bilaterali con l’Italia per il giornale ”Dagens Industri”, è riportato dal “Giornale Diplomatico” intitolato «Svezia ed Italia insieme per una Europa più coesa e solidale: “ La crisi innescata dalla Pandemia Covid-19 ha posto l’Unione Europea di fronte ad una sfida epocale ed ha imposto una revisione del progetto europeo che sia in grado di guardare al futuro con fiducia e speranza. Come ha detto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, “stiamo attraversando una crisi storica, non solo sotto il profilo sanitario ma anche sul versante economico e sociale. Una sfida che può essere affrontata e risolta solo con una forte e coordinata risposta a livello europeo, dove flessibilità e visione a lungo termine giochino un ruolo essenziale.”
Ci è ben nota la tradizionale posizione svedese secondo cui una più stretta cooperazione europea non debba riflettersi in ulteriori impegni che aumentino i costi sui propri cittadini a vantaggio degli Stati membri meno virtuosi dal punto di vista finanziario. In realtà, accanto a tale posizione, si dovrebbero anche tener conto degli innegabili vantaggi conseguiti dalla Svezia fin dal momento della sua adesione all’UE. Secondo un rapporto pubblicato dai servizi della Commissione UE (“Technical briefing on EU’s next long-term budget”), la Svezia è tra i dieci Stati membri che hanno beneficiato maggiormente dal progetto europeo. Qualcuno potrebbe ribattere che la Svezia è un contribuente netto del bilancio europeo: ma se mettiamo a confronto i contributi svedese ed italiano al bilancio comunitario del 2020, notiamo che il contributo della Svezia è stato pari a 0,82% del suo PIL, mentre per l’Italia è stato pari a 0,91% del suo PIL. Aggiungiamo che l’Italia è contribuente netto del bilancio UE fin dal suo allargamento a 15 Stati membri.
Scendendo nel dettaglio dei vantaggi conseguiti, il valore economico generato dall’accesso al mercato interno equivale a 7 volte il contributo nazionale svedese al bilancio comunitario: circa 30 mld di euro all’anno, pari al 5,31 % del PIL (per l’Italia: circa 80 mld, 4,33% del suo PIL). Come in tutti gli altri nuovi membri dell’UE dal 1995, il trend di crescita del PIL ha registrato incrementi generali e per-capita (+2,1% su base annua) ben superiori di quanto la Svezia avrebbe registrato fuori dall’UE, come è ben evidenziato nelle analisi riportate dall’Istituto svedese di statistica: è stato altresì valutato un incremento annuale di circa 700 euro per ogni nucleo familiare svedese di maggiore disponibilità di consumo. Sul fronte occupazionale sono stati stimati in 100.000 i posti di lavoro in più.
Il commercio intra-UE è cresciuto, dal 1995, dal 9% del PIL europeo di quell’anno, al 21% del PIL del 2018. Da Paese tradizionalmente aperto al commercio globale, la Svezia ha ovviamente tratto considerevoli vantaggi dal Mercato Unico. La sua ratio commercio estero/PIL è salita dal 59% del 1994 al 70,8% del 2018. Le esportazioni intra-UE hanno raggiunto nel 2018 il 59% del totale, che diventano il 71% con i Paesi EEA. Ancora più evidenti i vantaggi conseguiti sul fronte delle importazioni: dal 62% del 1994 si è passati al 71% del 2018 per il flusso intra-UE, che sale all’84% con i Paesi EEA. Il commercio intra-UE di beni corrisponde al 19% del PIL, quello dei servizi all’8%. In sostanza, il Mercato Unico ha creato un flusso commerciale notevolmente maggiore per la Svezia, senza alcuna importante distorsione dai flussi di commercio extra-UE. Esso ha inoltre permesso ai consumatori svedesi l’accesso a prodotti diversificati a prezzi più bassi, grazie anche alla concorrenza stimolata nel settore manifatturiero ed all’innovazione favorita dalle economie di scala e dai contributi comunitari.
Un situazione simile si è verificata per i flussi degli investimenti. Dal 1995, la Svezia ha visto un incremento esponenziale nella crescita del flusso di investimenti diretti, sia in entrata che in uscita nell’UE e nell’EEA. Gli investimenti sono stati favoriti sia dalla libera circolazione di capitali, sia dalla sostanziale stabilità del cambio della Corona con l’Euro, sia per l’adeguamento del sistema manifatturiero e dei servizi agli standard del Mercato Unico. Il flusso di IDE svedesi intra-UE ha superato nel 2018 il 40% del PIL (percentuale più alta della media UE) e la loro maggiore crescita grazie al Mercato Unico si stima in almeno 2,3 miliardi annui. Oggi, per fare un esempio, in Italia vi sono 30 negozi IKEA (erano 4 nel 1995) e 359 punti vendita H&M (nessuno nel 1995); la Volvo ha esteso la sua rete di vendita nel nostro Paese per le auto di media ed alta gamma, e molte aziende svedesi hanno localizzato in Italia una parte importante della loro catena di valore. Possiamo quindi affermare che il Mercato Unico, con la sua libertà di circolazione dei capitali, ha favorito i flussi in entrata ed in uscita degli investimenti svedesi e comunitari, consentendo un importante vantaggio alle imprese manifatturiere ed al settore della distribuzione e commercializzazione
I dati che abbiamo sopra riportato illustrano in breve i notevoli vantaggi economici che la Svezia ha conseguito dal mercato unico europeo. Ma i vantaggi della Svezia nell’appartenenza all’UE si misurano anche nel ruolo propositivo e di leadership in alcuni settori cruciali per il futuro del Continente e del pianeta. Ad esempio nella spinta alla realizzazione di un Mercato Unico Digitale, nelle politiche di sviluppo ecosostenibile e del Clima, nella transizione energetica e ricerca avanzata, nel raggiungimento di un “Level playing field” a livello globale in settori di rilevanza come gli standard salariali, le pari opportunità ed il divieto di “dumping sociale”. In tali settori, la Svezia può rafforzare il suo ruolo di leadership trainando le politiche europee con altri Stati Membri “like minded”.
Ci poniamo quindi con gli amici svedesi la domanda: è interesse della Svezia rafforzare il processo di integrazione europea, supportando gli sforzi in tal senso della Commissione UE e di alcuni Stati membri, come ad esempio hanno fatto Germania e Francia con la proposta di un “Recovery Fund” di 500 miliardi di euro, oppure conviene insistere sule posizioni dei c.d. “Frugali”? Noi crediamo che non sia interesse in questo momento di nessuno Stato membro indebolire il progetto europeo e rischiare di innescare una nuova crisi sistemica che scatenerebbe altri effetti depressivi sul nostro Continente, dopo quelli della pandemia Covid19. Questo è il momento, noi crediamo, di appoggiare ogni sforzo per una visione unitaria ed ambiziosa che salvaguardi non l’interesse del breve periodo a possibili risparmi di spesa, ma l’interesse collettivo ad un’Europa libera, forte e democratica. Un grande pensatore e politico svedese del ventesimo secolo, Olof Palme, una volta disse che “la dignità umana significa diritto alla salute e al lavoro, all’istruzione e alla sicurezza sociale.” Italia e Svezia hanno costruito, negli ultimi decenni, due sistemi di Welfare State che rispecchiano pienamente questo invito di Palme: il debito pubblico italiano, ancora oggi, è costituito al 72% da spese per pensioni, sanità, istruzione e previdenza sociale. La crisi pandemica ha già messo a rischio il lavoro di milioni di persone in Italia, ma anche in numerosi altri Stati membri, e senza interventi finanziari importanti di sostegno alla spesa pubblica, i prossimi mesi ci vedranno confrontati con una disoccupazione di massa senza precedenti. E riprendendo le parole di Palme, “la disoccupazione di massa inevitabilmente si traduce in una minaccia al nostro modello di democrazia”. L’Italia si augura quindi che la Svezia sia pienamente cosciente dei rischi incombenti e risponda con il coraggio e la flessibilità necessari che ha saputo sempre dimostrare negli appuntamenti più importanti”.