Milano, 12 feb. (askanews) – Le automobili come elementi del tempo, come funzioni del ricordo, come spazio di presenze effimere, ma plastiche, definite, riproducibili nel loro essenziale mistero. Da CLER in via Padova a Milano prosegue fino al 15 febbraio la mostra “Tutto lamiera” di Daniela Comani e Federico Maddalozzo, che presenta fotografie e sculture legate all’immaginario dell’auto, ma non nel senso più glamour o di design, bensì in una prospettiva che è a suo modo “storica”, Su tratta però di storie intime e personali, che unite poi hanno la forza di spostare il ragionamento sulla società, ma dalla prospettiva del tempo individuale che è passato, delle esperienze che ci sono capitate.
La civiltà dell’automobile ha segnato il Novecento in profondità, a livello sociale, politico, ambientale. Ma anche a livello sentimentale e privato. Ed è a suo modo commovente trovare nella mostra da CLER frammenti del diario che Daniela Comani teneva da bambina appuntando i dettagli delle auto che vedeva dal finestrino durante i lunghi viaggi per raggiungere i luoghi di vacanza. Così come ha una sua profondità temporale guardare le fotografie di modelli di auto famosi, ma in un certo senso completamente ripuliti dalla dimensione di marketing, e forse anche funzionale, per lasciare solo l’aspetto formale, che è estetica e memoria e linee, alla fine.
Così partendo da due immagini pubblicitarie di una Fiat 127 che mostrano la capacità di carico della vettura, attraverso dei solidi che riempiono lo spazio del bagagliaio, Federico Maddalozzo ha creato una scultura che riproduce proprio quei solidi – e il loro portato interiore di desiderio di razionalismo, oltre che di una delicata ingenuità – e sopra vi ha appoggiato altri lavori scultorei che riproducono parti di lamiera o la trama degli interni e dei sedili di altre automobili che un giorno, che oggi appare lontano come la nostra stessa vita passata, avevano attraversato le nostre città e il nostro immaginario. Frammenti che hanno dentro una loro esistenza, non sono macerie o scarti, ma sembrano elementi pronti a “rimettersi in moto”, in una prospettiva di tempo che può essere solo circolare. E accanto a loro altre immagini e pagine di Comani, in un dialogo tra i due artisti che funziona anche per i continui scambi.
Come ha scritto Ivan Carozzi in un testo per la mostra: “Solo ciò che non ha un’anima, come l’automobile, non tradisce”. Ma la mostra a Milano un’anima ce l’ha, e sembra essere la nostra. (Leonardo Merlini)