Con la digitalizzazione, sia il mondo del lavoro sia il concetto stesso di occupazione stanno attraversando una fase di mutamento profondo. Dalla recente ricerca Swg per Ey (realizzata in collaborazione con Riccardo Luna, Scientific Officer e sostenuta dai Partner Aruba Enterprise, Ibm Italia, LivePerson, Microsoft, Pearson, Sap, Sas, ServiceNow, Softlab, Sopra Steria e dal Research Partner Swg) emerge che i lavoratori delle imprese ne sono consapevoli: il 63% ritiene che nei prossimi 10 anni la maggior parte dei lavoratori farà lavori che oggi non esistono e non sono ancora codificati, il 57% che le modalità di lavoro tradizionali non esisteranno più. L’indagine evidenzia anche che le persone faticano a stare al passo con il cambiamento di competenze tecnologiche e culturali richieste dalla società contemporanea: lo pensano 3 lavoratori e manager su cinque.
In questo contesto, investire sull’aggiornamento costante delle competenze attraverso nuovi modelli di apprendimento è fondamentale. L’80% dei lavoratori (il 97% dei top manager) pensa che la capacità di apprendere costantemente rappresenti oggi un requisito fondamentale, il 69% (l’80% dei top manager) che il mondo si stia sempre più dividendo tra persone con un elevato grado di competenza e persone con skills inadeguate alla domanda odierna. Secondo il 69% dei lavoratori, però, i percorsi scolastici e universitari attuali sono inadatti a superare il disallineamento tra competenze richieste e competenze disponibili.
Commenta Donato Iacovone, Ad di Ey in Italia e managing partner dell’area mediterranea, “Dalla ricerca SWG per EY emerge che l’83% di imprenditori e manager e il 74% degli italiani credono che per un giovane il lavoro sia il migliore strumento di formazione. La formazione è il fattore chiave. Adottare un sistema di vera alternanza scuola-lavoro consentirebbe di rispondere alle esigenze formative della persona e aiuterebbe le università a stabilire un collegamento più stretto con il mondo del lavoro. Rafforzare il dialogo tra questi due mondi è cruciale per il nostro Paese. Solo così riusciremo a garantire l’avvicinamento dei talenti all’azienda, a sostenere la loro crescita lungo tutto il percorso professionale e a creare i leader di domani”.
Lavoratori e manager divergono sulle priorità per favorire la crescita delle persone: mentre i manager ritengono più importante investire sui talenti (48% contro il 20% dei lavoratori), i lavoratori pensano che occorra investire in formazione (30%) e migliorare i sistemi di welfare aziendale (31%). Inoltre, la grande maggioranza dei lavoratori (82%) ritiene che per aumentare la produttività sia determinante curare le condizioni di lavoro dei dipendenti. A fronte di queste aspettative, le aziende italiane non sembrano attualmente in grado di valorizzare il proprio capitale umano: lo pensa il 70% sia dei manager sia dei lavoratori. Offrire ai lavoratori nuovi modelli formativi, nuovi servizi di welfare aziendali e maggiore flessibilità, come ad esempio luoghi di lavoro meno rigidi e più smart, è fondamentale per aiutarli a porsi al centro dei processi in corso invece di rimanerne ai margini.