Roma, 23 ott. (Labitalia) – “Per gestire i personaggi famosi e la loro immagine non ho fatto un master all’università, però ho cercato di capire da subito come mai li attraessi anche in maniera involontaria, suscitando in loro quella sensazione di mamma-manager. Non sono un manager, non sono un procuratore, non sono un agente, per cui ho sempre evitato e rifiutato di descrivere con questi ‘brand name’ la mia professione. Sono una professionista che ha sempre cercato di gestire le persone e la loro immagine. Ma facendo cosa? Prima di tutto maieutica: il personaggio di solito diventa un’icona, un punto di riferimento, una sorta di eroe da imitare e da seguire; noi abbiamo la responsabilità, prima di tutto, di rispettare le persone che ci ascoltano e che seguono la vita di questi personaggi”. Lo dice, in un’intervista a Labitalia, Manuela Ronchi, ceo di Action Agency, agenzia specializzata nell’ideazione e organizzazione di eventi dalla spiccata carica emotiva e motivazionale.
L’agenzia ha anche una divisione specializzata nella gestione dell’immagine di personaggi e nel corso della sua carriera da manager Manuela ha gestito l’immagine di diversi personaggi: Marco Pantani, Fabrizio Macchi, Max Biaggi, Marco Melandri, Gustavo Zito, Alberto Tomba, Marco Tardelli, Sebastian Frey, Renato da Pozzo, Andrea Lucchetta, Gianmarco Pozzecco e Maurizia Cacciatori, Adriano Panatta, Ivan Zazzaroni, Linus, Matteo Salvo, Diego Abatantuono, Federica Panicucci, Tessa Gelisio, Mauro Rosati.
“Alle persone -sottolinea- non vanno raccontate bugie. Non ho mai costruito un progetto di marketing solo per seguire le tendenze del mercato. Ho sempre rispettato le caratteristiche del personaggio, lo ascolto, lo osservo e cerco di tradurre il carattere, i suoi elementi distintivi e il suo modo di fare il suo mestiere in un messaggio per farlo arrivare alle persone così com’è. Se c’è un personaggio antipatico non lo posso far diventare simpatico. Se c’è un personaggio che ha un certo tipo di carattere, è proprio quello che deve arrivare alla gente”.
Di conseguenza, dice, “in funzione di quello, analizzo il mercato e cerco di capire qual è la sfera all’interno della quale quel personaggio può sviluppare tutti gli aspetti collaterali rispetto alla professione che fa”. “Se uno fa il ciclista – chiarisce – non devo certo insegnarli come si va in bicicletta; devo cercare però di utilizzare la sua professione per capire quali sono tutti i mondi collaterali che possono poi potenziare, aumentare e creare mercati paralleli grazie alla visibilità e alla credibilità che il personaggio ottiene grazie al suo lavoro principale. Riassumendo, possiamo dire che il mio vademecum è: onestà intellettuale, capacità di ascolto e soprattutto capacità di trasferimento delle competenze”.
“Un conto -avverte Manuela Ronchi- è saperle riconoscere, queste competenze, ma la cosa più difficile è quella di metterle in pratica. Con la Dema4, società che ho fondato con Demetrio Albertini, abbiamo appena firmato una collana con Roi Edizioni proprio per raccontare le storie di vita di una serie di campioni sportivi. Il nostro obiettivo è quello di raccontarli prima di tutto come esseri umani, alcuni anche genitori, e poi professionisti, non tanto il personaggio che abbiamo il piacere di gestire o con cui abbiamo il piacere di collaborare, l’elenco delle sue vittorie, delle sue coppe, delle sue medaglie o delle sue imprese sportive”.
Anche in questo caso, prosegue, “le persone aspirano a emulare questi personaggi che nella vita hanno dimostrato di saper fare qualcosa di particolare”. “Questo qualcosa, le regole o comunque le caratteristiche che hanno permesso a quel personaggio di diventare famoso e di ottenere i suoi successi – osserva – sono come delle ‘ricette’ che noi abbiamo il dovere di trasferire alle persone, perché possano prendere spunto e aspirare a valori alti e non alla mediocrità, con la quale, purtroppo, abbiamo troppo a che fare tutti i giorni”.
“La vision di Action Agency -spiega- è quella di essere e diventare la prima ‘family agency’ che ci sia sul mercato. E’ una cosa a cui credo fermamente da sempre e, ora che siamo ormai un’azienda di più di 30 persone, credo che il nostro carattere distintivo sia quello di continuare a essere l’unione di tanti artigiani che ogni giorno, con cuore, senso di appartenenza, professionalità e metodo riescono a rendere Action Agency la prima agenzia di comunicazione e brand positioning, non migliore delle altre, ma diversa”.
“Il nostro carattere distintivo -chiarisce- sta proprio nel nostro modo di fare comunicazione che si traduce di fatto, in un’unica filosofia: action pensiero in azione. Questo claim è anche il nome di un progetto nuovo che abbiamo appena lanciato e che vede l’apertura di una media company a Londra, la Action Ltd fondata insieme a Raffaele Tovazzi, filosofo esecutivo. Action Pensiero in Azione significa che non basta solo pensare, ma bisogna anche mettere in pratica, non basta solo sapere cosa fare, ma è necessario anche sapere come farlo”.
“Credo che oggi, più che mai -aggiunge- questa sia una delle necessità prioritarie di tutte le nostre aziende e di tutte le persone che lavorano. Non basta imparare metodi, apprendere filosofie o ascoltare guru che ci insegnano come approcciare il mercato, dobbiamo accompagnare le persone a mettere in pratica un nuovo modo per essere persone in grado di dominare il cambiamento è non subirlo”.
“Professionista e mamma -sottolinea Manuela Ronchi- ho scoperto che questa caratteristica è uno dei motivi per cui, nel tempo, ho fatto certi incontri. Quando ho aperto la mia agenzia 30 anni fa ho iniziato occupandomi solo di eventi, ma mi sono trovata poi a gestire i più importanti campioni sportivi viventi. Mi sono sempre chiesta perché mi cercassero loro. Poi ho avuto l’intuizione e ho capito perché. Perché loro cercavamo prima una mamma e poi una manager”.
“Ho quindi professionalizzato -ammette- la mia caratteristica, che avevo probabilmente naturale, mi sono creata una professione su questo istinto. Sono mamma di natura, e non solo dei miei figli. Unisco la professionalità al sentimento e l’ho sempre fatto con tutti i personaggi che ho gestito. Questo mi è costato tanto umanamente e professionalmente e, quindi, anni fa ho deciso di fare la mamma solo ai miei figli”.
“Alla fine, in me prevale sempre l’istinto materno e non quello business ma, purtroppo, mi sono accorta che non sempre i numeri mi hanno dato ragione; quando ti affezioni alle persone, perché siamo tutti esseri umani, non sempre riesci a mettere il lavoro davanti a quelli che sono i sentimenti. Come mamma vera, invece, ho due figli meravigliosi e molto indipendenti. Sono dell’idea che dedicare il tempo ai propri figli sia più una questione di qualità che di quantità per cui, fortunatamente, i miei hanno imparato a capire che il mio è un lavoro h24, con la testa, con il cuore, ma e con l’impegno. Credo e spero di non aver mai fatto mancare loro niente. Non è impossibile, perché quando fai le cose con passione e con onestà, sia come mamma che come professionista, la frase ‘non è possibile’ non rientra nel mio vocabolario”, conclude.