Le Catacombe di San Gaudioso, nel Rione Sanità alla scoperta delle catacombe che ispirarono Totò

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Il Rione Sanità. Autentico, vivo. Pericoloso, affascinante. Sfacciato e misterioso. Il viaggio tra i tesori nascosti fa tappa alla Sanità. Un nome che troppo spesso evoca nel turista che voglia approcciarvisi un malcelato timore, figlio delle cronache più o meno recenti e di qualche pregiudizio di troppo ad esse legate. E invece.

Ad accoglierci e farci da guida tra le Catacombe di San Gaudioso i ragazzi della cooperativa  La Paranza, nata nel 2006, bellissimo esempio della voglia di riscatto dei giovani della Sanità, di quella maggioranza silenziosa ed operosa, in cerca di speranze e alternative positive.

Attraversata la navata della Basilica ci spostiamo della cripta, da dove ha inizio il nostro viaggio. Siamo nel IV-V secolo d.C.. San Gaudioso giunge a Napoli sfuggendo alle persecuzioni a seguito dell’invasione dei Vandali nella sua Tunisia. La sua prolifica attività durante la permanenza a Napoli, gli valgono, dopo la sua morte, nell’area cimiteriale extra moenia di Napoli, e il luogo della sua sepoltura diventa ben presto oggetto di culto.

Da quel momento, il cimitero ipogeo paleocristiano cominciò ad espandersi, fino a fare delle catacombe di San Gaudioso la seconda per ampiezza a Napoli. Successivamente, nel Basso Medioevo, le catacombe furono progressivamente abbandonate da fedeli e pellegrini, a causa delle frane di fango e detriti che scendevano dalle colline e per via del trafugamento delle reliquie di San Gennaro, da cui scaturì lo spostamento delle spoglie degli altri santi all’interno delle mura. Il progressivo degrado proseguì fino al XVI secolo, dopo il ritrovamento di un affresco della Madonna fino ad allora coperto dal fango. La Madonna, del V-VI secolo, è la più antica raffigurazione di Maria in Campania, che fu denominata della Sanità poiché il popolo ritenne che esponendo i malati alla sua effige, essa avesse il potere di sanarli.

Tra il 1602 e il 1610 viene edificata la Basilica Santa Maria della Sanità affidata ai frati domenicani. La Basilica, a croce greca, presenta quale tratto distintivo la cupola con maioliche gialle e verdi, conosciuta da tutta la città perché è subito visibile attraversando il ponte della Sanità.

Dalla cripta, che negli anni bui fu usata finanche come stalla, accediamo alle catacombe. Si abbassa la temperatura e le luci sono soffuse, subito la sensazione è di essere catapultati in un mondo parallelo, di aver varcato un confine ideale tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Subito scorgiamo le prime sepolture e in particolare quella di San  Gaudioso, ad arco solium, dove una volta decorata da un mosaico probabilmente postumo, sovrasta la sepoltura vera e propria. Ci addentriamo in quello che ci appare come un dedalo di cunicoli percorsi da sepolture che scorrono parallelamente alla chiesa sovrastante. Raggiungiamo gli ambienti dedicati dai frati alla scolatura dei corpi. Le salme venivano calate da apposite botole site nell’attuale cripta e qui posti su sedili, per un periodo che si stima di circa un anno, in posizione seduta, col capo appoggiato ad una rientranza in attesa che liquidi e gas provenienti dai tessuti in decomposizione potessero scolare al fine di ottenere una vera e propria sanificazione del corpo che poi, una volta scheletro, veniva sottoposto alla sepoltura vera e propria. Per evitare che il gonfiarsi dei corpi, per via dei gas, ne determinasse l’esplosione, nonché per accelerare tutto il processo, gli addetti usavano perforare i corpi, da cui il nome attribuito agli stessi di “schiattamorti”. Una pratica tanto laboriosa e complessa non era per tutti, ma tipicamente riservata ai ceti più alti, cosicché, risalendo verso la superficie, nell’ambulacro centrale attraversiamo una vera e propria galleria di sepolture nobili. Il cranio, ritenuto la parte più importante in quanto sede dei pensieri, veniva esposto murato all’interno delle catacombe e lo scheletro affrescato. Incontriamo magistrati e nobildonne, artisti, letterati, religiosi, attraversando il lungo corridoio. Caracciolo, Gesualdo, Balducci (l’artista che rinunciò al compenso per i suoi numerosi affreschi per essere sepolto tra gli aristocratici nelle Catacombe di San Gaudioso): qualunque fosse stato il loro destino in vita eccoli tutti qui, nel medesimo luogo condividere la medesima mortale sorte. Un luogo di culto e sepoltura, dunque, ma anche un memento mori, un luogo di catechesi, pedagogico, nel quale i domenicani intesero catechizzare i visitatori su quanto bellezza, ricchezza, potere e sapere non fossero altro che beni effimeri destinati a perire, come ammonisce la prima delle sepolture poste all’inizio dell’ambulacro che raffigura lo scheletro con ai piedi i simboli di tale caducità. Non a caso, furono questi luoghi ad ispirare la famosa poesia A’ Livella di Totò.

La vita e la morte, l’eterno e l’effimero. Luce e ombra come la realtà di questo quartiere di una bellezza profonda e struggente, in cerca di riscatto e normalità.

«La Speranza ha due bellissime figlie: lo Sdegno e il Coraggio di cambiare le cose così come sono»

Sant’Agostino

Le Catacombe di San Gaudioso, nel Rione Sanità alla scoperta delle catacombe che ispirarono Totò