Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 10 maggio, all’interno della rubrica “Spigolature”.
di Ermanno Corsi
Erano 6 i personaggi pirandelliani in cerca d’autore: di chi poteva aiutarli a comprendere e risolvere i loro problemi. Alla fine prendono atto che il miglior “autore”, per tutti loro, erano proprio loro stessi. Dalla narrativa ironica alla vita amministrativa napoletana, si può pensare che sono tutti gli abitanti della Città alla ricerca dell’autore pirandelliano che, visti i fatti e fatti i conti, non può essere che il sindaco Gaetano Manfredi. A chiamarlo in causa, il grido unanime di giornali e tv: le due Gallerie (vanto e orgoglio della Napoli che nella seconda parte dell’Ottocento seppe dar prova di grande risveglio e rigenerante risanamento urbanistico), languono nell’avvilente abbandono e nella mortificante carenza di vitalità operosa. Così le Gallerie Principe di Napoli e Umberto I: la prima più “anziana” anche se di pochi anni, la seconda più famosa nel mondo.
UN CONTESTO UNICO. E’ quello già nel 1500 fortemente impoverito, malsano e in pieno degrado ambientale. Dove oggi vediamo il territorio tra piazza Dante e il Museo, le vie Toledo e Costantinopoli, il Conservatorio di musica san Pietro a Majella e l’Accademia delle Belle Arti, a quel tempo c’erano le “fosse del grano”: cavità non igieniche trasformate in “depositi granari” (architetto Cesare Fontana). Col primo 1800 declino delle “fosse depositi”, conversione in carceri e caserme, necessità di allungare via Toledo fino al Museo. Raggiunta l’Unità d’Italia, a Nicola Breglia e Giovanni De Novellis il compito di progettare la Galleria (lavori nell’arco di tredici anni fra sospensioni e riprese), inaugurata nel 1883.Caratteristiche: tutta in muratura, tetto a forma di “coperchio” in ferro e vetro, tre bracci con uscite, ampio porticato davanti al Museo. Elegante stile liberty, pavimento con forme gialle e nere. Predestinata la dedica: al 14enne Vittorio Emanuele (principe di Napoli in quanto unico figlio di Umberto I e Margherita di Savoia), che nel 1900 -assassinato il padre a Monza dall’anarchico Bresci- sarà re d’Italia per 47 anni (sua la ignobile firma delle leggi razziali nel 1938).
SECONDA PER ETA’ MA PIU’ FAMOSA. E’ la Galleria Umberto I. Nei cinquant’anni che precedono e seguono l’unità italiana, Napoli è colpita 9 volte dal colera. Nel 1884 le vittime sono 7200.Il sindaco Nicola Amore (definito da Matilde Serao “il migliore di Napoli”), riesce a farne una grande questione nazionale. Ottiene le 2 leggi per il Risanamento e la Società che vi deve provvedere (nei disastrati quartieri Pendino, Porto, Mercato, Vicaria) con nuovi edifici, strade e piazze. Il centro della Città era “una giungla di vie parallele raccordate da brevi vicoli che da Toledo sboccavano davanti a Maschio Angioino”. Bonifica e rigenerazione sono la Galleria davanti al San Carlo: 3 anni di lavoro, pronta nel 1890.Dedicata a Umberto I perché aveva seguito con molta apprensione le vicende partenopee. Invitato, durante il colera, dalla friulana Pordenone per una gara, rispose “a Pordenone si fa festa, a Napoli si muore, io vado a Napoli”. Venne e recò conforto a tanti malati negli ospedali (l’episodio nella stele dell’emiciclo che precede il ponte della Sanità).
VITA DURA PER ENTRAMBE. La “Principe di Napoli” doveva diventare centro commerciale. Subisce invece crolli e gravi lesioni nella facciata principale e i barbacani le evitano il peggio. Si pensa, nel 1965, perfino di abbatterla per sostituirla con abitazioni e uffici, oppure per ricavarne un parcheggio sotterraneo. Prevale, per fortuna, la continuità ma nello stesso tempo non si evita che diventi terra di nessuno (campo di calcio, distruzione delle bocce di vetro preposte alla illuminazione, senza tetto ammassati giorno e notte all’interno e sotto il porticato). ”Deprecabile normalità” anche per la Umberto I: cartoni e coperte nei varchi di accesso, scontri fra baby gang con gravi ferimenti, ring per pugilato, pista per monopattini. Promesse a vuoto per controlli, videosorveglianza, presidio notturno. Si scrive che un groviglio burocratico non fa fare passi avanti.
RECUPERARE LE ORIGINI. Per la “Umberto I”, l’impareggiabile “salotto di Napoli” come al tempo della bell’epoque. Per la “Principe di Napoli” il centro commerciale magari cominciando con un “Cavalierato del lavoro” alle coraggiose Lazzarelle che vi stanno operando.