Le oscillazioni dell’economia, Keynes e i venti di guerra

una recente immagine del Suda in guerra

Quanto segue nulla toglie all’importanza e all’autorevolezza dei rating emessi dalle agenzie specializzate. Anche se in misura diversa, essi sono accomunati da una visione ottimistica circa l’uscita dell’occidente, in particolare l’Europa, dalla crisi che lo sta stringendo ormai da tempo. L’ inflazione, nonostante gli sforzi, in prevalenza finanziari, che le istituzioni competenti della materia continuano a compiere con provvedimenti mirati, quasi sartoriali, è a essi tetragona. Quel potente nemico sociale continua a osteggiare la ripresa del normale funzionamento dell’economia in tutto l’Occidente. È bene premettere che le motivazioni che hanno fatto smuovere quel cane assonnato sono diverse da questo lato e dall’altro dell’oceano Atlantico. Nonostante ciò, il risultato ottenuto è equipollente: la perdita di potere d’acquisto delle valute in uso in quelle parti dell’ovest.

In tutta l’Europa è stata l’esplosione del mercato energetico la responsabile dell’ascesa in breve tempo di quella forma di erosione della ricchezza che è aumentata in ogni paese, facendo lievitare in pochi mesi i tassi da una percentuale a una cifra a quella a due, non essendo e la seconda zero o poco più. Negli Usa è in atto, anche se negli ultimi mesi ha rallentato prima la velocità per poi invertire il suo senso di marcia, un processo sostanzialmente diverso, cioè una crescita del tasso di inflazione per eccesso di domanda. Evitando di entrare nei particolari di entrambi i fenomeni, una precisazione è importante farla. È quella che ogni sistema economico tiene nel dovuto conto che una inflazione contenuta in due o tre punti percentuali è fisiologica in ogni sistema economico anche in tempi in cui non esistono particolari emergenze al suo interno e nelle sue prossimità. È detta inflazione reale o funzionale e opera nella veste di correttore naturale della dinamica dei prezzi indotta dai normali aumenti dei costi. Il risultato che un paese ottiene in costanza di tale presupposto e degli altri che, combinati, sono atti a produrre ricchezza, costituiscono il viatico affinché il suo Pil cresca nella giusta quantità. È ora opportuno dare una ripassata alle manovre messe in atto dagli istituti centrali di emissione, per l’Eu la Bce, per gli Usa la Fed.

Dopo un lungo periodo, durato circa due anni, di azzeramento del costo di entrambe le monete, è iniziato un’inseguimento in salita del modo di agire di quelle banche che ricorda da vicino la storia di Achille e della tartaruga. Con una sensibile differenza: negli Usa, grazie anche agli aiuti governativi, l’apparato industriale ha ripreso a marciare a ritmo pressoché normale, iniziando così a colmare il divario tra domanda e offerta. Di conseguenza il tasso di Inflazione si è ridimensionato in maniera consistente ma non ancora accettabile. Nella EU sta accadendo qualcosa di diverso. È stato il drastico ridimensionamento del costo del gas e il comportamento virtuoso degli abitanti dei suoi paesi che, unito al prezzo calmierato di quel combustibile fossile ottenuto con la differenziazione delle fonti di approvvigionamento, ha fatto si che la corsa verso l’alto dei prezzi di beni e servizi, anche se più lentamente in confronto a quelli a stelle e strisce, frenasse, dando inizio alla loro discesa.

C’è un altro elemento che conferma la diversità di reazione alla crisi e di ripresa del sentiero di sviluppo tra il Vecchio e il Nuovo Mondo. Esso è la produttività, ossia la capacità di creare ricchezza della singola unità lavorativa. In Italia quella stessa è tra le ultime dei paesi della EU e non è un divario colmabile facilmente e in tempi brevi. Il Pnrr verrebbe in soccorso anche di questa disfunzione, prevedendo tra l’ altro provvidenze specifiche per la formazione professionale. Sembrerebbe così, a una primo approccio, che il tutto sia legato da un rapporto lineare di causa e effetto, ma ciò non basta. È il problema enorme dei fuochi di guerra, ultimo il Sudan, che destabilizzano il normale operare dei governi occidentali. Rimanendo concentrati sul problema del Pil e della produttività ancora una volta è confermata la giustezza delle indicazioni di Keynes in merito alla risoluzione dei problemi generati dalla Crisi del ’29. Nei primi anni ’40 quelle indicazioni prevedevano l’intervento della mano pubblica insieme a altro, al fine di realizzare nuove infrastrutture al passo con i tempi. Non tralasciando gli aiuti alle imprese private, necessari sia all’ incremento della loro produzione che della loro produttività. Tanto avveniva a Washington nella prima metà del secolo scorso. Quella ricetta, aggiornata e adattata ai tempi, sembra stia funzionando ancora di questi tempi.