Le tragedie esistono

Di recente un ragazzo è stato ucciso da un carabiniere in borghese mentre cercava di rapinarlo. Il ragazzo, quindici anni, era munito di una pistola finta (ma apparentemente vera) con la certezza che non avrebbe subito conseguenze negative, cosa che non si è verificata.
Le sue intenzioni erano del tutto sbagliate e fuori legge. Tuttavia, non meritava la fine che questa triste vicenda gli ha riservato. Una vita interrotta nel pieno dell’adolescenza è l’ultima cosa si sarebbe potuta immaginare. Ma si può parlare di una vita che merita di essere vissuta quando questa è caratterizzata da intenzioni criminali e atti violenti verso il prossimo?
Non si discute sul fatto che il ragazzo abbia sbagliato. Ma, allo stesso tempo, non si può dire che la punizione subita sia proporzionata al gesto compiuto. Genitori, amici e parenti si mostrano ancora increduli di fronte tanta tragedia e hanno messo sottosopra l’ospedale in cui il ragazzo ha smesso di vivere nonostante le cure ricevute: altro gesto sconcertante.
Credo che soprattutto i genitori, oltre a metabolizzare la sofferenza del lutto, stiano cercando di ricostruire il quadro della situazione, per capire quale sia stato il loro errore educativo che ha portato il figlio a comportarsi in questo modo mettendo a rischio la sua vita.
Era davvero necessario compiere quella rapina? Cosa spinge un ragazzo di quindici anni ad assumere un comportamento delinquenziale? Ne è valsa la pena? Spero che molti giovani dopo questa vicenda si pongano quesiti come questi ed evitino di mettere in atto azioni che possono compromettere il loro futuro.
Dall’altra parte, molti hanno criticato l’autore della morte del ragazzo, un carabiniere di 23 anni in borghese che passeggiava tranquillamente con amici e fidanzata. All’improvviso si è trovato una pistola puntata alla tempia e la paura, l’ansia o qualsiasi altra emozione lo abbia assalito in quel momento lo hanno portato a mettere mano alla pistola e a sparare.
C’è chi ha notato che il carabiniere avrebbe potuto puntare l’arma verso le gambe invece che verso una parte vitale del corpo. Ma, senza mettere in dubbio il fatto che tutti avremmo preferito un finale diverso, bisogna considerare la paura che avrà provato il ventitreenne in divisa, con poca esperienza lavorativa alle spalle.
Non è facile mettersi nei suoi panni, ma potremmo solo immaginare cosa abbia vissuto in quel frangente e non possiamo sicuramente biasimarlo per aver risposto ai suoi riflessi.