L’occhio di Leone , ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.
di Ilaria Sabatino
Paolo Bowinkel 1879 e Andrea Nuovo Home Gallery presentano Endiadi, la mostra personale di Giorgio Tentolini, che ha esposto a Londra, Berlino, Amsterdam, Parigi ed è stato vincitore di vari premi.
Per la prima volta espone a Napoli, negli ampi spazi di una nuova galleria, nata nel 2018 per creare un ambiente consono all’arte contemporanea, in particolare, rivolta ad artisti di rilievo nazionale ed internazionale, alla cultura, mantenendo una versione più informale che si distacchi dalla visione classica di una galleria. Un modo per conoscere, apprezzare e parlare di arte in un habitat familiare.
Saranno esposte circa venti opere di grandi dimensioni che l’artista ha realizzato intenzionalmente per il progetto napoletano.
“Grazie a Paolo Bowinkel – dice il gallerista Andrea Nuovo – con il quale si è creata sin da subito una sinergia e che già conosceva Giorgio Tentolini, si è pensato di fare una personale dell’artista. Iniziando subito questa collaborazione con Bowinkel e le due curatrici, Maria Fernanda Garcia Marino e Carla Travierso, una vera e propria sinergia, che è coincisa, e che abbiamo sentito in modo particolare, in questo periodo storico non semplice, che stiamo vivendo. Una mostra che ha avuto un ottimo riscontro da parte del pubblico e della critica”.
“Riguardo alla situazione covid 19 – continua Andrea Nuovo – non abbiamo avuto grandi problemi essendo il nostro giovane spazio sempre alla ricerca e alla promozione di artisti di talento, grazie, soprattutto, al lavoro sul web e alla visibilità. Quindi, possiamo dire, che in parte il lavoro non si è interrotto, avendo sempre presente l’obiettivo da raggiungere e il non fermarsi mai”.
“Endiadi – ci spiega la curatrice Maria Fernanda Garcia Marino – ha a che fare con una figura retorica abbastanza complessa, perché di solito nella retorica abbiamo figure che sono l’una il completamento dell’altra. In questo caso, invece, non stiamo parlando di un termine che definisce un altro, ma di due di cui uno non sostituisce un altro. Il titolo, in questo caso, si addice molto bene alle opere di Tentolini, perché non possiamo parlare prettamente di sculture e neanche di pitture, quindi né un termine né un altro possono sostituire il concetto dell’autore, trovandoci di fronte lo stesso pensiero. Inoltre l’artista lo aveva concepito, anche come un concetto di contrasto essendo quasi tutta la mostra ispirata a Napoli, ai suoi viaggi, ai contrasti che lui ha ritrovato nella città partenopea. Come, vediamo ad esempio, nelle quattro opere rettangolari fatte su plexiglass, in quel caso, lui fa riferimento alle capuzzelle ma anche, ritornando sempre a termini che abbiano la stessa valenza a livello semantico, come manichini, ma l’una non è il completamento dell’altra.
Ciò ci rimanda ad un altro concetto ancora, che la scomparsa dei tratti che definiscono un individuo, quindi questa ricerca di standardizzazione, dello svuotamento nonché della spersonalizzazione dei volti e dei corpi, tutti diventano quasi uguali, la ricerca di perfezione è un concetto discutibile o meno, ma spesso si cercano dei volti che entrino in una proporzione aurea. In questa ricerca, però, i tratti distintivi, cioè l’imperfezione, escono da questo binario, diciamo, che va verso questa scatola perfetta dove in realtà uno si rinchiude ed andiamo ad un altro concetto rappresentato dalla rete metallica. Essa non è una conseguenza del concetto, ma appare già all’interno di esso. Infatti l’artista la sceglie intenzionalmente, lui la vede come una chiusura perché è la rete che si usa per fare le gabbie, quindi è una gabbia vista in tal caso come una ricerca di perfezione dove tutti noi rimaniamo intrappolati oppure viene vista come rete di connessione, di contatto.
Questa materia così semplice, come tutti gli elementi che Tentolini utilizza, devono essere facilmente riconoscibili, in modo tale che chi osserva le sue opere non deve perdere tempo a chiedersi: come ha fatto? che materiale è?, ma l’artista dà allo spettatore una lettura diretta. Così si nota che nelle sue opere vi è una concatenazione di concetti, delle reti che rimandano l’una all’altra, ma senza essere una più importante dell’altra, hanno solo lo scopo importantissimo di farti riflettere su diverse situazioni. Le opere di Tentolini, quindi, non sono solo interessanti a livello tecnico, ma bisogna andare oltre, i suoi lavori ti obbligano a riflettere, a porti delle domande”.
L’artista, come evidenziano le curatrici nei loro testi all’interno del catalogo Endiadi corredato alla mostra “stabilisce, nelle immagini che propone, una connessione, un flusso continuo tra il momento presente – dell’osservatore – ed il passato, lontano e recente. Viviamo in spazi precostruiti, dimentichiamo l’orizzonte, e, anche se Kronos ha sottratto sempre qualcosa ad ognuno di noi, la memoria, attraverso il mezzo dell’arte, può salvare la bellezza dal potere distruttivo del tempo”.
Ci troviamo di fronte a dei volti, classici e non, dai quali non puoi distogliere lo sguardo da lontano, perché sei come ipnotizzato dalle sensazioni e dalle reazioni che involontariamente esse ti suscitano. Avvicinandoti all’opera, rimani stupito dalla manualità e dalla capacità di intrecciare la rete metallica fino al raggiungimento e alla nascita di quei determinati particolari!