L’erba del giardino

di Vincenzo Olita

Già la settimana precedente al 4 marzo era stato tutto previsto dai 5Stelle. Avevano un Presidente del Consiglio, la composizione del Governo con ministri supercompetenti ai dicasteri giusti, un programma dotato di eccellente flessibilità utile in caso di non raggiungimento del 50%, la disponibilità ad accogliere suggerimenti e contributi di altre forze politiche; il tutto connotato e pervaso di onestà, insomma una vincente strategia supportata da una vera e propria macchina da guerra.

Ma galeotto fu quel 4 di marzo che, a dispetto di una lucida e possente operazione di ingegneria politica, assegnando ai Grillini il 32% fece loro mancare 94 deputati e 46 senatori necessari per varare un governo. Il 68% degli Italiani non ne aveva condiviso il programma, né erano stati affascinati “dall’innata” onestà dei proponenti.

Ma nulla è perso, tutto è discutibile, tutto è rivedibile. Lega o PD, più o meno, pari sono; al confronto il trasformismo del discorso di Stradella -1882- di Agostino Depretis era un rigido proponimento politico. L’importante è che di tutta la possente architettura elaborata non si metta in discussione il diritto di Di Maio ad essere il prossimo Presidente del Consiglio. Con chi, per cosa, poco importa, l’enfant prodige vuole, fermamente vuole, la Presidenza.

Convinzione ed ambizione moltiplicano i suoi sforzi, non importa se poi si governerà il vuoto. Tenta di spaccare il centrodestra che, con fermezza, respinge le lusinghe. Tenta di dividere il PD, e quasi ci riesce, grazie alle dialoganti impolitiche anime di quel partito, ma nel contempo offre a Renzi la possibilità di elaborare, finalmente, una buona strategia di rilancio.

Il giovane politico non ha compreso la complessità della strategia politica e, poverino, nessuno gli ha spiegato che “l’erba voglio” non cresce nemmeno nel giardino del Re e, noi, figuriamoci, al Quirinale possiamo offrirgli solo un giardinetto presidenziale.