Letteratura, “ambuliamo in tenebris”: scoperta a Parigi la lettera di Guicciardini a Machiavelli

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È stata scoperta negli archivi della Biblioteca Nazionale di Francia a Parigi una lettera inedita di Francesco Guicciardini (1483-1540), considerato uno dei maggiori scrittori politici del Rinascimento, indirizzata all’amico Niccolò Machiavelli. È una missiva datata 7 agosto 1525 che offre l’analisi della visione guicciardiniana della storia e contiene la celebre frase “ambuliamo in tenebris”. Il manoscritto autografo è stato rinvenuto dallo storico e scrittore Marcello Simonetta, senior scholar del Medici Archive Project a Firenze, che lo pubblica ora nella nuova edizione del suo libro “Francesco Guicciardini tra autobiografia e storia” (Ronzani editore pp. 264, 20 euro). La lettera era nota fino ad oggi solo parzialmente grazie a copie imperfette.

L’autografo originale, peraltro, non è stato inserito – per questioni di tempistica – nei tre tomi dell’Edizione Nazionale delle Lettere di Machiavelli, in uscita a fine giugno presso Salerno Editrice, e di cui Simonetta è uno dei co-curatori. Il ritrovamento di Simonetta permette di correggere svariate edizioni della lettera e di colmare le lacune dei due apografi noti (l’Apografo Ricci e il Vat. lat. 6528), consentendo di affermare con certezza che il corpo centrale della missiva riguarda la tenuta di Finocchieto, visitata da Michiavelli per conto dell’amico pochi giorni prima. Vent’anni fa Simonetta aveva ritrovato anche la missiva Machiavelliana del 3 agosto 1525 con la beffarda ‘recensione’ di Finocchieto come allegoria del cattivo governo. L’autografo ora ritrovato è conservato nelle Nouvelles Acquisitions Françaises della Bibliothèque Nationale de France, num. 1470, terzo volume della “Recueil de lettres, quittances et pièces diverses, la plupart des XVIe et XVIIe siècles, formé par le Dr. Payen”: costui era il medico ed erudito francese, nonché esimio studioso di Michel de Montaigne, che acquistò questo e altri autografi della collezione Succi a un’asta parigina del 10 aprile 1863.

C’è inoltre un altro cuore pulsante nel libro di Simonetta: la riflessione intorno a un testo poco conosciuto ma veramente originale ed esplosivo, l’Accusatoria, in cui Guicciardini immagina di essere messo alla berlina da un magistrato repubblicano. Questo discorso di solito viene trattato dagli studiosi come un mero esercizio retorico, ma Simonetta dimostra che i capi d’accusa sono tutti veri e incontrovertibili. E formula dunque contro Guicciardini l’accusa di praticare una forma di autobiografia travestita da storiografia, o un’auto-giustificazione obliqua del proprio operato. Un’accusa non del tutto infondata, come si nota riflettendo sul ruolo ambiguo di attore, e non solo di spettatore, che egli ebbe a giocare nel più drammatico frangente della storia italiana, dal 1494 al 1527 (col Sacco di Roma, di cui fu personalmente responsabile).