L’Europa, la Presidente e la pirrica vittoria

di Vincenzo Olita

La ratifica del Parlamento europeo della nomina alla presidenza del Consiglio europeo di Ursula von der Leyen ha prodotto un’ondata di dichiarazioni, prese di posizioni, solenni affermazioni, utili ad indugiare su un’ipotetica nostra centralità in Europa, con un’ottusa concezione italocentrica che, a parte il decennio successivo al secondo conflitto mondiale, non ha mai abbandonato il nostro retorico provincialismo.
Tutto è stato letto ed interpretato in chiave di equilibri e di interessi di politica interna.
Ha vinto l’europeismo ha sentenziato il PD, in funzione anti Salvini, i voti dei 5Stelle si sono rivelati decisivi hanno affermato i grillini, in funzione della ricerca di una loro inesistente centralità, ha un’esperienza politica rilevante, non si lascia scappare Berlusconi, in funzione di un ci sono ancora, un voto gravissimo ha sancito la Lega, in funzione antiallineamento tra grillini e PD.
Al di là dei rispettivi interessi e di una concezione domestica dell’Europa, proviamo ad estrapolare il reale significato dei 383 voti ottenuti dalla von der Leyen, dei 374 contrari e, quindi, dello scarto di nove voti.
I 182 voti del Partito Popolare sommati ai 154 dei Socialisti, ai 108 dei Liberali, ai 24 dei polacchi di Diritto e Giustizia e ai 15 dei 5Stelle ammontano a 483 voti disponibili per la presidente. Quindi 100 parlamentari, pur dovendo, hanno scelto di non votarla ed è facile concludere che sono individuabili tra i popolari e i socialisti, rendendo così decisivi più i 24 voti della destra polacca che i 15 dei 5Stelle.
La rilevante capacità politica individuata dai centristi italiani è tutta da verificare, anche alla luce del modesto spessore riconosciuto alla presidente nella stessa Germania; in tutti i casi, considerata la rilevanza della presidenza uscente, non sarà difficile superare almeno il confronto. La Lega e tutti gli altri, del resto, oltre a preoccuparsi dello stato comatoso della coalizione governativa, farebbero bene a delineare una chiara strategia di politica estera prossimamente utile al Paese.
Una vittoria dell’europeismo? Non credo, l’elezione della von der Leyen ha sancito la frattura del socialismo europeo, infatti, se italiani e spagnoli esultano, i socialisti tedeschi votano contro, allo stesso modo se una parte dei popolari rimpiange il tedesco Manfred Weber alla presidenza gli altri ringraziano i voti del blocco di Visegrad, ma ancor più la destra polacca di Diritto e Giustizia appartenente al gruppo euroscettico dei Conservatori e Riformisti.
Non male, una maggioranza a geometria variabile per la nona legislatura del Parlamento che, inevitabilmente, si ripercuoterà sulle prospettive strategiche della Ue.
Una parte di socialisti e popolari, frange di destra, gli interessi del nazionalismo francese tutelati dai liberali, gli apolitici 5Stelle e la prossima Brexit costituiscono un indecifrabile mix sul percorso della futura Europa, al cospetto le minacce salviniane sono solo un confuso contorno di un quadro più che preoccupante.