Libia, Moavero: “Subito il cessate il fuoco”

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Roma, 19 apr. (Aki) – Italia e Francia, ha detto il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi hanno “una posizione comune e condivisa che si debba arrivare nei tempi più rapidi a un cessate il fuoco” in Libia. “Non esiste una soluzione militare” alla crisi in Libia, ha ribadito il titolare della Farnesina, secondo cui al cessate il fuoco “dovrebbe seguire una tregua umanitaria” a protezione dei civili. Quindi le parti dovrebbero tornare al tavolo del negoziato, “che non può che essere sotto l’egida dell’Onu”. Secondo Moavero, “il comune obiettivo di Italia e Francia è evitare che ci sia una deriva terroristica”. “Nessun tipo di obiettivo -ha concluso – giustifica conflitti armati che possono degenerare in scenari di guerra civile”.

LE DRIAN – “Tra qualche giorno a Roma ci sarà un incontro in cui mi auguro che i dirigenti dei nostri due Paesi possano prendere iniziative” per la soluzione della crisi in Libia. E’ quanto ha anticipato il ministro degli Esteri francese Jean Yves Le Drian, al termine di un incontro alla Farnesina con il collega italiano. “Bisogna lavorare rapidamente perché ci sono tutti gli ingredienti perché le cose si deteriorino”. “Il dialogo deve riprendere immediatamente e questo può avvenire solo con un immediato cessate il fuoco” ha detto Le Drian, avvertendo che la crisi in Libia “può diventare molto pericolosa”. Secondo il capo della diplomazia francese, “a Palermo prima e ad Abu Dhabi poi eravamo molto vicini ad un accordo, eravamo vicinissimi, arrivare ad un accordo è possibile, ma ci vuole il cessate il fuoco”. Il ministro degli Esteri francese ha visitato oggi Sant’Egidio dove ha incontrato il fondatore, Andrea Riccardi, il presidente Marco Impagliazzo e alcuni responsabili della Comunità. “Sono molto contento di aver potuto incontrare dei rappresentanti della Comunità che svolge un ruolo importante per la pace nel mondo e in particolare in Africa. Sono stato molto colpito dallo spirito di solidarietà espresso per il dramma di Notre-Dame”, ha detto il Ministro Le Drian, sottolineando i legami di profonda amicizia che uniscono da tanti anni la Francia a Sant’Egidio. Durante i colloqui – conclude il comunicato della Comunità – sono stati affrontati il tema della pace e del dialogo per la risoluzione dei conflitti in Africa, della cooperazione internazionale, della tutela dell’ambiente e dei corridoi umanitari.

MANIFESTAZIONE A TRIPOLI – Ghassan Salamé come Khalifa Haftar. Nelle proteste che si terranno nel pomeriggio a Tripoli e in altre città della Libia, i dimostranti sfileranno con dei manifesti nei quali il volto del generale della Cirenaica è sovrapposto a quello dell’inviato delle Nazioni Unite in Libia. E sotto la foto la scritta in arabo e in inglese, ‘Andate via’. Salamé è finito sotto accusa a Tripoli, all’indomani del suo briefing al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, a porte chiuse, durante il quale, secondo fonti libiche, non avrebbe denunciato l’aggressione di Haftar, sostenendo tra l’altro che non ci siano prove sulla responsabilità dell’Esercito nazionale libico nell’attacco dell’altra notte a Tripoli con missili Grad. Versioni, queste, smentite dall’Unsmil in un tweet nel quale “nega categoricamente le parole attribuite al suo presidente alla sessione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza di ieri e promette di perseguire legalmente coloro che azzardano dichiarazioni inventate e diffondono voci false”. In basso foto Adnkronos.

LA TELEFONATA DI TRUMP – Donald Trump telefona a Khalifa Haftar, a Tripoli migliaia di persone scendono in piazza contro il generale, la Francia e l’inviato delle Nazioni Unite Ghassan Salamé, mentre a Roma sembra ripartire il dialogo con Parigi sulla Libia e sul terreno resta una situazione di stallo. E’ la sintesi del 15esimo giorno di offensiva dell’uomo forte della Cirenaica contro Tripoli, che dice di voler prendere prima dell’inizio del Ramadan, il prossimo 6 maggio. Il governo di accordo nazionale del premier Fayez Serraj non nasconde la propria “preoccupazione” ed il proprio “malumore” per la notizia della telefonata tra il presidente degli Stati Uniti ed Haftar, una telefonata nel corso della quale viene riconosciuto “il ruolo significativo del maresciallo di campo nella lotta al terrorismo e nella sicurezza delle risorse petrolifere”. Trump ed il generale, si legge nel resoconto non ufficiale della telefonata – arrivato attraverso un giornalista del pool della Casa Bianca  – “i due hanno discusso una visione condivisa per una transizione della Libia verso un sistema politico, stabile e democratico”. E’ quanto meno singolare che il presidente della prima potenza mondiale abbia telefonato ad un personaggio come Haftar, che “ha ben poca legittimità e soprattutto che non abbia sentito il dovere di chiamare anche Serraj”, fanno notare fonti a Tripoli. Dove comunque si attende una nota ufficiale della Casa Bianca, soprattutto per avere una conferma sulla data in cui ci sarebbe stata la telefonata: se fosse davvero il 15 aprile, come riferito, sarebbe “molto grave, perché sarebbe avvenuta alla vigilia dell’attacco su Tripoli condotto con missili Grad” su un quartiere residenziale della capitale. Allo stesso tempo, il contatto tra Haftar ed il presidente americano nom meraviglia troppo gli ambienti diplomatici, dove la si legge come un’ulteriore conferma della “nuova politica mediorientale di Trump, imperniata sugli uomini forti e sull’alleanza con Emirati Arabi ed Arabia Saudita, sponsor principali del generale”. Intanto, pare che “la posizione della Francia in Libia stia lentamente evolvendo”, si fa notare nel giorno in cui il ministro degli Esteri di Parigi Yves Le Drian ha avuto un colloquio a Roma con il collega Enzo Moavero, al termine del quale ha sottolineato come “non siano possibili progressi in Libia senza una solida imtesa franco-italiana”. Da una parte, secondo fonti informate, “è emersa la contraddizione tra la politica europea di Emmanuel Macron di respiro così elevato e la politica ‘sovranista’ e nazionalista in Libia, dall’altra i francesi hanno capito che la Libia rischia di trasformarsi nel nuovo Yemen, devastato da un conflitto per procura che si sta già riproponendo nel Paese nordafricano”. Un conflitto per procura nel quale il passo successivo potrebbe essere “l’intervento diretto delle potenze contrapposte, Emirati e Arabia Saudita da una parte e Qatar dall’altra, trasformando la Libia in un terreno di scontro ideologico, pro o contro l’Islam politico, che finirebbe per distruggere il Paese, eliminando tra l’altro un potenziale concorrente economico nella regione”, spiegano le fonti. E che non si sia troppo lontani dallo scenario di un intervento diretto lo proverebbero le notizie circolate in rete, ma per ora non confermate, sull’impiego di droni degli Emirati per i bombardamenti della scorsa notte a Tripoli.