Libri, Annarita Camardella presenta la sua prima raccolta di poesie

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In foto la presentazione del libro

“Ho imparato a lavarmi in rinomati lavabi inglesi, rubinetti dell’acqua separati, il refrigerio del gelo dopo la scottatura. Ho imparato a stordire l’assenza con parole efficaci e colte. Non ho imparato a fare a meno di te … Al punto in cui rimasero le nostre vite là ti ricordo, demone luminoso dalle molte sembianze, sporto su un davanzale bianco ad abbagliare il sole… Tu eri sole e solo per te stesso splendevi. Sporto sulla luminosa balaustra del mondo attendevi che me ne andassi”: Un grande ‘carpet’ beneaugurante per una poetessa che promette novità e che si inserisce in un filone attuale, che ridispone la poetica come comunicazione attiva delle nuove generazioni , tutt’altro che recidive nei confronti dei sentimenti e della delicatezza del sentire: nella sala della libreria ‘Io ci sto’ a Via Cimarosa 20 – Piazza Fuga, è stata presentata alle 18.30 di Venerdi 13 Settembre, alla presenza di un nutrito pubblico di appassionati, esperti del settore e lettori, la prima raccolta di poesie di Annarita Camardella – “Dimmi di che colore è la notte” di Gnasso Editore. Una poetica narrativa, di un percorso ‘autobiografico’ , nel contempo anche resoconto della propria riflessione emotiva confezionata con un narrare lineare nei tempi, che finisce per creare l’empatia che attira il lettore. Annarita è laureata in Lettere Moderne, specializzata in gestione di contenuti digitali e comunicazione d’impresa, è stata ‘Cultore della Materia’ di Storia della Critica Letteraria presso la Federico II di Napoli , ed è tuttora giornalista pubblicista. Nel bagaglio di altre pubblicazioni i suoi testi sono autonomi, intrisi da singole emozioni, tasselli di un itinerario narrativo unitario, che riflette il bisogno preciso di fermare per un attimo il tempo, e mettere ordine nella propria vita, specialmente se le delusioni sembrano allontanare dalla logica.
La copertina esprime al meglio l’intento: in una luna che emerge dalle nubi di un evanescente blu notte, l’occhio interiore si interfaccia con la natura per esorcizzare la solitudine dell’attesa, quando la luce è lontana e i pensieri molto contraddittori: ne hanno discusso in un conviviale dialogo con l’autrice, il Professore Giampaolo Graziano e l’Ingegnere e Giornalista Bruno Russo. Il primo relatore, ha strutturato la presentazione soffermandosi , tra l’altro, su alcuni aspetti fondamentali, come la vicenda editoriale che ha caratterizzato il libro, la genesi e la progressione di un percorso poetico che vuole esplorare la complessità del sentimento, finendo per essere una auto educazione
volta a conservare tutto ciò che brilla nella notte dei pensieri, e che alla luce del nuovo giorno vuole trovare una nuova collocazione. Il titolo quindi come interprete duale tra colore ed oscurità, in cui le sezioni del volume compongono un moto circolare e ininterrotto, come lo spazio e il tempo. In tale contesto brillano anche i luoghi del racconto, soprattutto città ed atmosfere del Nord Europa che fanno da contorno di un dialogo a due senza le classiche risposte. Il docente ha terminato sottolineando la ricerca della misura presente nel libro di Annarita, la contrazione dell’andamento strofico e la posizione singolare dei verbi.
Bruno Russo, si è altresì posto come lettore, che resta colpito dall’alchimia vincente delle strofe di una poetica narrativa nuova, mai sfogo acerbo di dolore, o un pianto riversato sulla propria spalla femminile per compiangersi, quanto un attento riappropriarsi della propria disponibilità all’amore inteso come bisogno e desiderio. La stessa empatia con il lettore è il primo tassello del rapporto intimo, ove due anime si toccano in un punto che nessuno scorge e al quale nessuno appartiene, compiendo il ciclo chimico al pari di un miracolo. Non è facile anche se uno lo vuole, uscire e trovare l’amore, se non esiste la predisposizione, l’aggancio spesso non di eguale entità tra due elementi umani, ma egualmente trainante. Per Bruno Russo, il colore della notte può esistere ed è un fatto soggettivo; lo si può scorgere al centro di quell’anello di luce lunare che traspare dal blu notturno: può essere ad esempio il rosa, perché al di la della prospettiva autobiografica, esiste il ruolo della donna, della sua quota nel mondo e dei suoi desideri non sempre corrisposti. Restano come diritto e anelito all’essere felici. E se esiste sulla terra un diritto inviolabile, esso deve riguardare la sfera dei sentimenti e del loro intrigante gioco. Il colore della notte , dal sapore oscuro e affascinante, ma dall’entità anche assai differente, renderà anche indispensabile il dolore, ma disegnando una ironia che non è fine a se stesa. Il tocco lessicale di Annarita diventa così il propellente per capire e capirsi. Da tale punto di vista, intenso è stato l’accostamento fatto dal giornalista Russo non ad una classica aria culturale, ma nell’empatia analogica di situazioni apparentemente diverse: a tal uopo ha letto i versi tratti dall’ultima opera della poetessa e scrittrice Iraniana Zahra Abdi , “ A Teheran le lumache fanno rumore “: “ Questa maledetta sensazione del ritorno di qualcuno mi ha tenuta inchiodata sul bordo del vuoto; è come se avessi trascorso la vita seduta sul ciglio di una fossa vuota aspettando di riempirla con me stessa “.
In conclusione le parole dell’autrice, sul cantiere poetico come dimensione di conoscenza e affinamento dello strumento espressivo; sulle dinamiche di influenza reciproca tra l’autore e il lettore al fine di perfezionare l’aderenza della parola al contenuto espresso. Dopo la lettura di alcuni brani, sono intervenuti, il Professore Matteo D’Ambrosio, già docente di Storia della Critica Letteraria presso l’Università Federico II di Napoli, che ha parlato della ‘precisione’ , l’esattezza della parola di Annarita: una tensione forse mai esauribile, ma motore di esercizio continuo nel verso, nonché della dimensione narrativa caratteristica di quest’opera, ove il testo singolo non perde individualità , ma è richiamato e completato dai testi precedenti e successivi.
Tra le lettrici in sala: Alessandra Maugeri, specialista in lingue straniere e traduzioni, che ha declamato “L’ultimo stadio dell’amore è mentire “, scelta nel contesto dell’esame dei fenomeni di corrispondenza tra tipologie fonetico-ritmiche e l’empatia indotta nel lettore. Questa poesia presenta infatti un ritmo particolarmente incalzante, determinato dalle ripetizioni lessicali e fonetiche , poi interrotto, anche graficamente, dalla parola silenzio, con epilogo finale più disteso, discorsivo, corrispondente a resa e rassegnazione.
Sono intervenuti tra i presenti , anche la docente Immacolata Amore sull’esperienza del lettore come co-agente nell’edificazione del testo poetico, nonché sul fenomeno del superamento del possibile stallo indotto da ‘criticità di passaggio’ ricorrenti nella vita di tutti, attraverso la dinamica espressa dal libro, di attraversamento del buio con attiva vocazione alla luce. Con l’occasione è stato anticipato che il libro presentato costituisce il primo tassello di una trilogia che vedrà la luce tra non molto.
Tra i presenti il regista, scrittore e artista Rolando Attanasio e il Presidente del Centro Studi Erich Fromm, Professoressa Silvana Lautieri. A tal uopo il giornalista Bruno Russo, anche Consigliere del Centro, ha citato il connubio tra cultura poetica e comunicazione attiva che il Centro , a cui da poco è iscritta anche Annarita Camardella, assicura da 30 anni con eventi di spessore anche in sede diplomatica; un esempio sarà il ‘Giorno dell’uomo’ , anniversario del Fromm che quest’anno avverrà al Consolato Francese – Institut Francais – il 14 Ottobre, grazie alla cortesia ed alla disponibilità del Console Generale di Francia per il sud Italia, Laurent Burin des Roziers.