Luca Vidali: fotografia, verità ed imperfezione

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in foto Mercato Coperto Novara (Visioni Confuse di Città)

di Azzurra Immediato & Marco Tagliafierro

L’Occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

“La vita umana è un istante imperfetto” affermava Franz Kafka ed in una simile annotazione, di rara limpidezza si racchiudono la ricerca e la poetica di Luca Vidali, fotografo novarese il quale, tramite l’obiettivo, compie ogni giorno un processo introspettivo in cui immagini e vita si (con)fondono, a partire da istanze di matrice ontologico che rimandano, per paradosso, al concetto baudelairiano  per cui “Il Vero serve di base e di fine alle scienze. La purezza di stile sarà qui la benvenuta, ma la bellezza di stile può esser considerata come un elemento di lusso. Il Bene è la base e il fine delle ricerche morali; il Bello è l’unica ambizione, il fine esclusivo del gusto” e lo respingono secondo i prodromi di una costruzione estetica ed una sperimentazione che, invece, ancora seguendo la speculazione di Baudelaire per la quale “l’immaginazione è la regina del vero, ed il possibile è una delle province del vero; essa è senza dubbio imparentata con l’infinito” ritrova nel Vero il punctum dell’intera concertazione estetica e filosofica.
Osservando le fotografie di Luca Vidali ci si accorge che i dettagli sono l’elemento fondante e principe del suo itinerario artistico, lacerti di memoria, tracce cicliche di un racconto esistenziale per immagini, un’ode al contempo vicina e lontana di uno sguardo peculiare sul mondo. La sua ricerca si ricopre di una ricca diarchia che, da un lato vede l’artista rifarsi a grandi nomi della fotografia internazionale, da Ansel Adams a Letizia Battaglia – e ciò lascia emergere l’eclettismo di visione che insiste alla base del focus d’indagine di Vidali – dall’altra trova nella sperimentazione tecnica e tecnologica una peculiarità dell’intera progettazione.
Luca Vidali asserisce che “la fotografia come tutte le forme d’arte è una sorta di prolungamento di ciò che si è e la macchina fotografica è uno strumento” e che la tecnica ricopre solo una percentuale del risultato finale, contraddistinto da una certa dose di fortuna ma, soprattutto, dal grado di percezione della realtà; i suoi inizi lo hanno visto impegnato in veste di ritrattista, in particolare, in una indagine che oltre il velo della fotografia scoprisse le verità delle persone ai margini della società, senza le distanze che essa impone: i margini antropologici come luogo in cui liberare l’essenza più profonda della vita. Uno sguardo, questo, accompagnato dalla lectio di alcuni grandi nomi, come Battaglia, Cito e Koudelka. In tale solco l’indagine condotta mediante il linguaggio fotografico ha sancito la ricerca e la sostanziazione di realtà raccontate nella loro memoria storica, nella loro condizione più abissale, senza edulcorazione narrativa, toccando e tracciando le linee di tutta la fragilità da cui l’umanità può essere investita e spesso, per evidenziare tali peculiarità, Vidali ha fatto ricorso all’effetto Dragan – dal nome del fotografo polacco Andrzej Dragan – manipolando l’immagine al fine di rendere in maniera più potente la drammaticità ritrattistica.
Il ritratto, tuttavia, ha certamente rappresentato un percorso, un processo di analisi interiore svolta mediante la capacità comunicativa del medium fotografico, un linguaggio che, secondo le sue precipue caratteristiche abbraccia il concetto di identità al massimo grado. Ed ecco che il colore od il bianco e nero hanno partecipato, in maniera differente, alla gemmazione dei vari progetti di Vidali, con una predilezione della monocromia ed un uso della policromia solo per esaltare il lato percettivo dell’immagine. L’aspetto legato alla percezione, invero, è uno dei fili conduttori con cui l’artista dipana il proprio lavoro, nella continua richiesta – a sé stesso ma poi di rimando all’osservante – di comprendere in modo veritiero e per ossimoro qual è il modo in cui pensiamo di vedere la realtà. Una concezione che, trattando dei flussi di percezione non può non addentrarsi nella sperimentazione che, infatti, Vidali, ha reso componente essenziale del suo lavoro. Banco ottico e grande formato, esperimenti in camera oscura legati ai supporti più vari ma spesso vicini alla tradizione antica, definiscono tali elementi come punti cardine di un affascinante balzo tra passato e futuro nella storia della fotografia, in cui il furor della creazione dialoga in una dimensione spazio temporale atipica, tramite il varco aperto dalla materia, dalle sue contraddizioni ma anche dalle sue risposte in base all’intervento umano; una fenomenologia che risponde ad esigenze intellettive e percettive, ad una allerta dei sensi ma anche della necessità di scoprire e svelare qualcosa d’altrimenti celato – accade con le foto ad infrarosso, con la saturazione cromatica ed altri accorgimenti –
Gli ultimi lavori sviluppano tali riflessioni in modo ancor più altero, concentrandosi sulla fotografia d’architettura, attuata mediante una sorta di fascinazione atmosferica, una traslazione che funge da miraggio nell’oasi urbana, ove la doppia esposizione produce un dinamismo compositivo che ricorda le sperimentazione di Anton Giulio Bragaglia del 1911: secondo il regista, infatti, in quelle immagini, in nuce, v’era il futuro. Vidali, un secolo dopo, definisce la dinamica della doppia esposizione come la possibilità offerta agli edifici e alle architetture di raccontare la loro storia, la loro evoluzione, nel tempo e nello spazio.
Ancora una volta la verità è delineata dalla percezione dei sensi, la verità dell’inesorabile tempo che scorre e da imperfezione diviene allegoria di un respiro esistenziale perpetuo che, catturato ed eternato dalla fotografia, traduce l’attrazione per il mistero della realtà.

in foto Asilo S. Lorenzo Novara (Futuro Politico)
in foto Teatro Faraggiana Novara (Emozioni Risvegliate)