L’Ucraina? Un pantano come lo fu il Vietnam. Ma allora le armi della diplomazia riuscirono a prevalere

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Chi è passato già in età della ragione attraverso gli anni ’60, ricorderà quel periodo con sentimenti diversi. Il più piacevole sarà senz’altro quello della trascorsa gioventù, normalmente la stagione più bella della vita o almeno tale è da sempre considerata. Vari e di grande importanza furono gli eventi che caratterizzarono quel decennio. Due di essi, di portata internazionale, si palesarono insieme a Parigi, nello stesso mese e nello stesso anno, maggio del ’68. Ciò che si ricorda e resiste ancora nelle conversazioni degli ormai vecchi giovanotti, con commenti talvolta totalmente discordanti, è la “seconda rivoluzione francese”. Anche così fu definito quanto accadde in quel maggio a Parigi, che segnò l’inizio della contestazione studentesca in Europa. Essa segui a ruota quella iniziata nei campus universitari a Berkeley, in California. Quali furono gli sviluppi internazionali degli scontri d’oltralpe è ancora ben nitido nella memoria di molti che ne furono protagonisti o testimoni a vario titolo. Probabilmente non lo sarà altrettanto, se non è stato inopportunamente rimosso, l’inizio in contemporanea e sempre non lontano dalla Tour Eiffel, dell’apertura dei lavori voluti da Washington, cioè dei cosiddetti Colloqui di Pace di Parigi finalizzati alla chiusura della triste parentesi della guerra in Vietnam. Furono organizzati dal governo americano e dal congresso per tentare di metter fine in qualche modo aila strage di marines dell’US Army in quel paese, contrastato da un apparato difensivo particolarmente feroce, soprattutto le squadre dei Viet Cong. Quei Colloqui durarono ben quattro anni e furono più che travagliati, anche se mai rimandati o interrotti drasticamente. La fine della vicenda è nota, il Vietnam è oggi uno stato sovrano con un’economia in buona salute e con un trend di crescita di tutto rispetto. A smentire chi oggi vorrebbe che si raggiungesse prima il cessate il fuoco per poi iniziare a discutere di pace intorno a un tavolo, quegli incontri formali e seriali contribuirono non poco a far pronunciare la parola fine al confronto degli opposti schieramenti. Come molti esperti della materia e attenti osservatori di quanto sta accadendo appena fuori della soglia della Casa Comune hanno fatto notare, di incontri delle parti in causa non si fa più nemmeno cenno nelle varie dichiarazioni degli interessati a qualsiasi titolo a quanto sta accadendo. Quel che è peggio è che quella che veniva ipotizzata come una guerra lampo, si è ormai trasformata in uno stillicidio in ordine sparso, che ricorda molto da vicino una cancrena. Ciò che inquieta il mondo intero è che le notizie in merito diramate dagli artefici sono così contraddittorie che disarmano fortemente coloro che devono prendere decisioni atte a durare nel tempo, siano essi amministratori pubblici, imprenditori o comuni cittadini. Su tutti e su tutto è calato un velo di incertezza che rende difficile l’assunzione di qualsiasi decisione. È riconosciuto che tanto non solo non permette alla ripresa di procedere, quanto che diventi viatico per un cammino del gambero, con il rischio che i protagonisti della vicenda finiscano a mare, nel vero senso della parola, con tutti i panni. Troppi sono i fatti contrassegnati da incongruenza che si stanno verificando da un pò di tempo a questa parte in danno dell’ umanità. Cominciando dalla comparsa improvvisa del Coronavirus, attraversando millanta nonsense, per arrivare ai fatti attuali, soprattutto quelli di guerra, che stanno affliggendo l’umanità, come ormai non si verificava da molto tempo. Restringendo la visuale al patrio suolo, analizzando in dettaglio la politica energetica degli ultimi decenni in relazione al nuovo corso che il governo sta tentando di imprimere alla stessa, stanno venendo alla luce situazioni incresciose che vanno a aggiungersi alle altre anomalie del comparto specifico già note. Ciò dà origine a un quesito immediato e pertinente: quanti soldi, che si sarebbero potuti risparmiare, sono usciti dalle casse dell’erario e nelle tasche di chi sono realmente entrati, probabilmente non si saprà mai. L’insieme di questi dubbi invita a ben riflettere su quali rischi porti con sé una gestione monopolistica, anche se pubblica, di settori strategici e particolarmente delicati, uno dei quali è appunto quello dell’energia. I padri costituenti avevano riservato la privativa dello svolgimento di alcune attività produttive, sia di beni che di servizi, all’ apparato statale. Prevedettero anche l’esercizio delle stesse da parte dei privati, in regime di concessione governativa, quindi in maniera in qualche modo limitante. Negli anni qualcosa non ha funzionato come avrebbe dovuto e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Del senno di poi son piene le tombe, vuole un vecchio adagio e nelle masserie i contadini invitano le consorti a non piangere se per sbaglio hanno versato il latte fuori dalle tazze: quanto è andato perso, oramai non è recuperabile. Come è normale che sia, dettate dall’urgenza, al momento devono essere prese decisioni importanti che immancabilmente condizioneranno l’esecutivo, l’attuale o altri che gli succederanno, quando lo stesso avrà compiuto il suo periodo di operatività. Buon senso vorrebbe che chi dirige la quadriglia mettesse la testa nel frigorifero per un pò di tempo. Purtroppo è proprio quest’ultimo che scarseggia, quindi si dovrà ricorrere all’ abbattitore di temperatura, del genere di quelli che si usano per raffreddare lo champagne: pochi minuti e la bottiglia è alla giusta temperatura. Qualche volta, quando il termometro viene regolato a una temperatura troppo bassa, la bottiglia si rompe. E una di quelle bottiglie costa. Ieri sera i ministri Di Maio e Cingolani, assistiti dal fido De Scalzi, presidente dell’ ENI, hanno completato la loro battuta di caccia nel continente nero, avendo messo nel carniere altri 4,5 miliardi di metri cubi di gas contrattati in Congo. Solo per colore, gli impianti di estrazione di idrocarburi in quel paese sono made in Italy. Fin dall’ inizio delle varie operazioni di scauting alla ricerca di fornitori di idrocarburi diversi dalla Russia, i vari paesi della EU avevano fatto un passa parola, in parte ufficiale e in parte ufficioso, per cercare di presentarsi insieme e compatti al tavolo delle trattative con i produttori individuati come in grado di supplire all’attuale fornitore. Tra di essi, le più dipendenti dalle improvvisate orchestrate dal Cremlino sono la Germania e l’Italia, proprio in quest’ ordine. Dopo un entusiastico “partiam, partiamo!”, l’ Italia si è trovata nelle stesse condizioni di quel tifoso, personaggio televisivo immaginario, che voleva fare l’invasione di campo da solo. Ma tant’è e si aggiunga che non occorre essere economisti e neppure ragionieri per capire a volo che cosa è il prezzo che spunta il compratore che si presenta da solo a un fornitore, generalmente con più colpi in canna rispetto a lui. Tutt’altra cosa è il confrontarsi con chi vende di una quantità non necessariamente grande di compratori, possibilmente organizzata, con ben altra forza contrattuale. Del resto così sono nate negli anni ’60 le centrali di acquisto della Grande Distribuzione, meglio conosciute come catene di supermercati. Al contrario del modello americano, che era e è prevalentemente di tipo imprenditoriale in senso stretto, diverse realtà italiane si ispirarono a quanto già funzionava bene da qualche anno nell’ Europa del centro nord. Precisamente a forme di cooperazione e di associazionismo che hanno avuto sempre più fortuna nel corso degli anni. Quindi è auspicabile che gli Europei si decidano a passare dalle parole ai fatti. L’ enologia moderna ha confermato scientificamente quanto notato dai viticoltori, cioè che la vite dia l’uva migliore dopo essere stata stressata, nella maggior parte dei casi da una siccità prolungata. Di questi tempi Il paragone con la EU e i paesi che la compongono balza con evidenza, originata da un’altra siccità, quella originata dalla mancanza di idrocarburi, all’attenzione di ogni europeista convinto. Non con cio si è autorizzati a pensare che l’ “e pluribus unum” sia a portata di mano. Ispirarsi a un modo di dire molto in uso nei campi :” quanti più siamo, tanto meglio compariamo”, è ciò che può estrinsecare con efficacia il concetto. Anche se non è scritto da nessuna parte, molto probabilmente fu proprio quella appena descritta la ratio che permise la creazione, nella seconda metà dell’altro secolo, dei Consorzi Agrari. Gloriosa istituzione che fin quando rimase un’ emanazione della civiltà dei campi funzionò perfettamente e creò ricchezza per quel mondo. Tutto fini, nel peggiore dei modi, quando lo speciale equilibrio di quelle realtà fu sconvolto. I protagonisti dell’ attuale scena europea sono tutti di qualità sana, leale e mercantile, per usare una definizione cara al mondo rurale. Senza scadere in polemica con chi aveva storto il naso quando a capo del governo fu messo Draghi, spingendosi qualcuno a commentare senza alcuna benevolenza che i dubbi sulla bontà della scelta erano alimentati da alcune sue peculiarità. Alcuni affermavano è “un banchiere!” altri “un manager!”, con lo stesso sussiego usato nel Medioevo dai nobili per indicare i borghesi. Valga quinfi il vero che anche il Presidente francese Macron è un economista e si avvia, fatti i dovuti scongiuri, a essere confermato nella sua carica. It’s a long, long way, come sostiene da tempo Snoopy, quella che l’umanità dovrà percorrere per uscire dal fosso in cui è caduta.
P.S: il simpatico bracchetto, come suole definirsi lui stesso, non è ancora giunto a destinazione. Come lui anche il Signor Peggio, del resto.