Lyssavirus dei pipistrelli, studio italiano ‘no rischi per l’uomo’

21

(Adnkronos) – Otto anni. Tanto è durato lo studio su due colonie altoatesine di due specie sorelle di pipistrelli vespertilionidi, per valutare le dinamiche di trasmissione dei lyssavirus, una famiglia che conta 17 specie di virus, tra cui anche il virus della rabbia, la maggior parte di essi presenti nei chirotteri. I ricercatori del Centro di referenza nazionale per la rabbia presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (Izs Ve) hanno osservato che le due colonie, localizzate in edifici frequentati dall’uomo, raggiungono “un’elevata numerosità di qualche migliaio di individui, che raddoppia dopo il parto sincrono all’inizio dell’estate”. Lo studio è stato condotto in collaborazione con Università del Sussex, Imperial College London, Università di Bologna e Cooperativa Sterna di Forlì, e pubblicato sulla rivista ‘Proceedings of the Royal Society B’.  

Le colonie residenti nel territorio della provincia di Bolzano sono state monitorate in più momenti dell’anno durante la stagione riproduttiva, dal 2015 al 2022, per un totale di 27 osservazioni. Sono stati raccolti e generati dati sierologici, virologici, demografici ed ecologici che hanno quindi permesso di valutare i fattori alla base della trasmissione di European bat lyssavirus 1 (Eblv1) in questi animali e le differenze osservate all’interno di una stessa stagione riproduttiva, e di anno in anno. Il virus Eblv1 non è da confondere con il virus della rabbia, che invece non circola sul territorio italiano: infatti, l’Italia è indenne da rabbia dal 2013. 

Finora i ricercatori non hanno mai trovato il virus EblV1 in modo diretto ma soltanto tracce del suo passaggio: “Al momento, a fronte di una evidenza di circolazione virale che osserviamo indirettamente grazie alla presenza di anticorpi, non abbiamo mai rinvenuto soggetti positivi – avverte Paola De Benedictis, direttrice del Centro di referenza nazionale e Fao per la rabbia dell’Izs e coautrice dell’articolo –. L’ipotesi è dunque che il virus Eblv1 si trasmetta solo all’interno delle popolazioni di pipistrelli, senza che questo rappresenti peraltro un pericolo imminente per altri animali e per l’uomo”. 

I modelli elaborati indicano che le due colonie vanno incontro ad epidemie stagionali guidate da diversi fattori. “La trasmissione del virus in queste colonie è favorita inizialmente dalla presenza di individui, con scarsa memoria immunitaria, in seguito all’ibernazione, che si ammassano assieme nei sottotetti degli edifici scelti dalla colonia – spiega Benedictis -. La trasmissione aumenta eccezionalmente dopo il parto sincrono poiché al raddoppiamento della densità della colonia (numero di individui nello stesso spazio) si unisce anche la presenza di neonati caratterizzati da un sistema immunitario immaturo”.  

I risultati ottenuti evidenziano il notevole impegno profuso dal Centro di referenza nazionale per la rabbia per comprendere i fattori ecologici alla base della circolazione dei patogeni, al fine di elaborare valutazioni più solide sul rischio di spillover dagli ospiti serbatoio a quelli occasionali, incluso l’uomo. I Lyssavirus sono potenzialmente in grado di causare rabbia nei mammiferi, per questo motivo i pipistrelli sono sorvegliati speciali. 

“Le attività di sorveglianza e di ricerca scientifica sono fondamentali per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive – afferma la direttrice generale Antonia Ricci – L’Izs Ve con la locale sezione di Bolzano ha avviato nel corso degli anni numerosi progetti di collaborazione con il Servizio veterinario della provincia Autonoma di Bolzano e il Servizio veterinario dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige, per la tutela e la salute delle specie d’allevamento delle zone alpine e la conservazione della fauna selvatica”.