Omessa bonifica del Vallone San Rocco, area del Parco metropolitano delle Colline di Napoli interessato negli anni da continui sversamenti e interramenti di rifiuti speciali, anche pericolosi. Questa l’accusa nei confronti di B.S., imprenditore napoletano del settore edile e dello smaltimento dei rifiuti, destinatario della misura del divieto di dimora in Campania e Abruzzo e del sequestro preventivo di beni per un valore di 3 milioni di euro. Il provvedimento, emesso dal gip di Napoli, è stato eseguito dai Carabinieri per la tutela ambientale e la transizione ecologica, dai finanzieri del Comando provinciale di Napoli e dagli agenti dell’Unità operativa Tutela ambientale della Polizia locale di Napoli. Le indagini coordinate dalla sezione Ambiente della Procura di Napoli sono scattate a seguito dell’esposto di alcuni cittadini che hanno denunciato le condizioni di degrado e compromissione ambientale del Vallone San Rocco, dove gli incessanti depositi di rifiuti hanno causato un grave rischio di dissesto idrogeologico. Nel corso delle indagini sono stati ascoltati anche responsabili del Ministero dell’Ambiente, della Regione Campania, della Città metropolitana di Napoli, del Comune di Napoli e del Genio civile.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, peraltro, aveva già condannato lo Stato italiano per la mancata bonifica della cava Suarez, ex cava di tufo sita nel cuore del Vallone e del Parco, e in generale per la situazione di incuria ambientale della zona. B.S. ha chiesto e ottenuto l’autorizzazione alla ricomposizione ambientale della cava, che è stata tuttavia utilizzata per anni come sito di illecito smaltimento dei rifiuti da costruzione e demolizione, contenenti anche amianto, derivanti dalle attività delle proprie aziende. Per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti all’interno della cava Suarez l’imprenditore era già stato rinviato a giudizio su richiesta della Dda di Napoli, con dibattimento di primo grado attualmente in corso.Le indagini della Polizia locale e dei Carabinieri del Noe hanno permesso di sequestrare la cava e di quantificare in almeno 30mila mc i rifiuti accumulati, come confermato dagli accertamenti tecnici esperiti dall’Arpac e dall’Ispra.
Gli enti hanno stimato il costo della rimozione dei rifiuti in 3 milioni di euro, spesa che, allo stato dell’indagine, risulta esser stata risparmiata dall’indagato. La stessa cifra è stata sottoposta a sequestro su conti correnti riferibili sia direttamente che indirettamente all’imprenditore. Sono inoltre stati sequestrati gli autocarri e i mezzi utilizzati per l’attività edilizia e beni immobili rientranti nel patrimonio dell’indagato. Secondo quanto emerso dagli accertamenti di polizia economico-finanziaria svolti dalla Guardia di Finanza, l’indagato, avuta conoscenza dell’avvio di procedimenti amministrativi, oltre che penali, nei propri confronti, avrebbe posto in essere una serie di atti volti alla fraudolenta spoliazione di beni appartenenti al patrimonio personale e della società titolare dell’autorizzazione ambientale, al fine di evitarne il sequestro. L’indagato è destinatario del provvedimento di divieto di dimora nelle Regioni Campania e Abruzzo, nonché del divieto di esercitare attività d’impresa o professione e di detenere uffici direttivi delle persone giuridiche e delle aziende che operano nelle materie dell’ambiente e dell’edilizia. Il gip ha inoltre disposto la sospensione dall’iscrizione al Registro dei Gestori ambientali.