Masaniello innamorato e altri racconti, un petit livre di Raffaele Messina

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di Fiorella Franchini

Tommaso Aniello d’Amalfi, meglio conosciuto come Masaniello, nacque a Napoli nel 1620, in una casa poco distante dalla Piazza del Mercato. Venditore di pesce e contrabbandiere fu in cella che, probabilmente, conobbe l’agitatore politico Giulio Genoino, la vera mente della rivoluzione napoletana. Il suo nome è divenuto un mito in Italia e in tutta l’Europa, simbolo contraddittorio di un tipo umano, più che personaggio storico, emblema di quella gran massa di diseredati che affollava la città partenopea in lotta perpetua per la sopravvivenza, impoverita dalle tasse, emarginata da ogni incarico pubblico, vessata da un sistema di governo basato sulla prevaricazione di principi, duchi, marchesi, baroni e del viceré che governava Napoli per conto del re di Spagna Filippo IV. E’ a questa realtà storica e sociale che s’ispira “Masaniello innamorato”, edito da Colonnese, il trittico di racconti di Raffaele Messina, scrittore e saggista. Il pescivendolo napoletano è il pretesto per disegnare i tratti di un’intera epoca, divenuta, insieme al suo protagonista più popolare, emblema di un contesto di gravi squilibri sociali. Gli espedienti di un giovane lazzaro per togliersi dai guai; l’astuzia di un maggiordomo nell’estorcere una lauta mancia, i sentimenti di Tommaso per la sua amata Bernardina, consentono all’autore di rievocare la Napoli del Seicento, i sapori della cucina, gli odori e gli umori, in un percorso sensoriale e impressionistico reso più accattivante dal motto di parola e dalle trovate linguistiche che attingono alla tradizione della lingua napoletana, che traduce quella stratificazione culturale e antropologica che Jean Noel Schifanò ha definito barocco esistenziale. Ne scaturisce un ritratto ricco di dettagli, realistico e ideale, in cui s’intravedono “i fasti e i misfatti, la miseria e la nobiltà, l’hic et nunc e l’infinito, la luce e l’ombra, il rigore e la fantasia, l’individualismo e il valore della collettività, in cui domina il chiaroscuro che si concilia con l’inconciliabile”. Messina, in un “petit livre” raffinato, con traduzione in inglese, racconta la città e il suo spettacolo, l’oscurità dei vicoli che si aprono improvvisamente sul chiarore di piazze e slarghi, i contrasti che si definiscono, lasciando sempre qualcosa che sfugge, labile e indefinibile, l’eterna antitesi tra poveri e ricchi, la fame atavica e i vizi dell’opulenza. Ogni personaggio rappresenta tutto e il suo contrario, diavolo ed eroe, proprio come Masaniello presentato, dopo la sua morte, come un folle, sodomita e anticristo, diventato, a partire dalla Repubblica napoletana del 1799, colui che ha tentato di liberare dallo straniero la nazione napoletana. Una mitizzazione continuata durante il periodo romantico e il Risorgimento fino all’epoca moderna, quando il suo comportamento al limite della pazzia, ne ha fatto una delle maschere più conosciute della napoletanità, a cui hanno dedicato le loro opere Eduardo De Filippo e Pino Daniele, simbolo moderno di “quell’ascesa al potere che è anche discesa verso lo squilibrio, castigo per aver sovvertito l’ordine e vertigine del potere per un semplice uomo della strada che all’improvviso si trova investito di onori e responsabilità”. Raffaele Messina recupera dalla sua personalità complessa, l’aspetto meno noto e più intimo, i sentimenti per quella che sarà sua moglie, le emozioni, l’eccitazione del corteggiamento e il brivido del primo bacio. Una scrittura densa di particolari ma briosa, capace di restituirci una dimensione privata che ci riconduce alla sensibilità dell’uomo, a una dignità calpestata dai soprusi, a un senso di riscatto profondo che diventerà protesta violenta e tumultuosa. Un punto di vista che ci ricorda come la Storia la facciano gli uomini con la propria quotidianità e i propri sogni, siano essi lazzari, oppure grandi condottieri. Quel che resta nei secoli, dipende dalla passione con cui hanno vissuto; Masaniello e il popolo napoletano hanno sempre amato la libertà e la giustizia ed è questo il segno che rimane nel cuore dei posteri. Forse, hanno perso un’occasione della Storia ma hanno, sicuramente, vinto la sfida dell’eternità.