di Anna Mazza
A 26 anni dalla scomparsa di Massimo Troisi continuiamo a sentirne la mancanza. Siamo consapevoli che avrebbe potuto raccontare ancora tante storie, dare vita a tanti personaggi e sentimenti. I suoi film, i suoi testi, il suo teatro, possono dare ancora spunti di riflessione e di studio oltre ad offrire un’interpretazione ed una visione quanto mai attuali.
Ed è proprio di uno di questi spunti che vorrei parlare.
Tra i grandi meriti di Troisi espressi in “Ricomincio da tre”, film che segna il suo passaggio dal teatro al cinema, è, tra gli altri, la trasformazione dell’aneddoto in racconto, del “fatto” in narrazione e della persona in personaggio e viceversa.
Siamo di fronte allo stesso processo di trasformazione che avviene in letteratura con la figura del Picaro.
Abbiamo provato a tracciare un percorso parallelo e, sorprendemente, o forse neanche tanto, ci è sembrato di poter individuare delle analogie che consentono di guardare a Troisi di Ricomincio da Tre come al Picaro di San Giorgio a Cremano.
Come per Lazarillo de Tormes, il protagonista dell’opera che ha dato origine al genere picaresco, per Gaetano, protagonista di Ricomincio da Tre, abbiamo un’appartenenza storico geografica ben definita, la Napoli post terremoto degli anni ’80 nel suo caso, la Spagna di Carlo V nell’altro.
Gaetano si muove per viaggiare e non per cercare lavoro (“Emigrante?” “No”), quindi come per il Picaro spagnolo, il Viaggio diventa strumento di De\Formazione. Il Viaggio come strumento di crescita che corrisponde, però, anche ad un capovolgimento di valori, di ruoli, ad una disgregazione di stereotipi. E sarà questa la vera formazione, la vera crescita.
Durante il viaggio, Gaetano affronterà diverse tappe alle quali corrisponderanno momenti di incontro\scontro e quindi di rielaborazione di un sistema di valori, dei propri modelli e riferimenti, così come per Lazarillo ogni padrone presso il quale sarà servitore.
I padroni di Lazarillo, infatti, fungono da bersagli perfetti per la satira e la denuncia sociale dell’anonimo autore e allo stesso tempo sono le prove che consentono a Lazarillo de Tormes di costruirsi come Antieroe. Così le prove che Gaetano affronta sono fondamentalmente le tappe del suo percorso di crescita:
Il viaggio in sé contro gli stereotipi, a dimostrazione di una volontà di “miglioramento” come crescita, non solo economica.
La religione, emblematico in tal senso l’incontro con il cugino Frank, il “padrone” che Gaetano/Lazarillo accetta di servire salvo poi arrivare al momento della consapevolezza per sé e per l’Altro da sé nella scena magistrale del dialogo con Robertino (Renato Scarpa)
La prova finale, come tutte le prove finali anche la più difficile, come Propp insegna, è la possibilità di un rapporto di coppia fondato su dinamiche di accettazione e consapevolezza, espressione di un’epoca segnata dalla presa di coscienza delle donne e da un cambiamento del rapporto tra i sessi.
Se nel Lazarillo il finale ci presenta il protagonista sposato con una donna che continua a concedersi all’ultimo dei padroni del marito, rappresentando un processo di “normalizzazione” che trasuda ipocrisia, il finale di Ricomincio da Tre ci presenta il nostro Picaro di San Giorgio a Cremano come un uomo alle prese con le proprie fragilità ed insicurezze di fronte allo specchio, metaforico e non. Di fronte a quello specchio che il più delle volte è la persona con la quale si decide di percorrere la strada insieme, Gaetano sceglie di presentarsi così com’è, con i suoi dubbi, le sue parole dette a metà, il suo oscillare tra “Ugo”, “Ciro” e “Massimiliano”, la sua umanità.
Questa fragilità dimostra che il Picaro di San Giorgio a Cremano ha terminato così il suo viaggio. Solo, ovviamente, per ripartire di nuovo.