(Adnkronos) – Il Consiglio Ue ha trovato un accordo con un “largo sostegno” sulla posizione negoziale su due regolamenti chiave del patto Ue sull’asilo e le migrazioni, che andranno ora negoziati con il Parlamento. Lo annuncia la presidenza svedese dell’Ue, a Lussemburgo, per bocca della ministra per le Migrazioni, Maria Malmer Stenergard, subito dopo il voto. Secondo fonti diplomatiche, il voto sulla posizione negoziale del Consiglio ha visto l’astensione di sei Paesi membri: Polonia, Ungheria, Slovacchia, Lituania, Malta e Bulgaria. L’Italia ha votato a favore.
Oggi è stata presa una “decisione storica, con un enorme supporto per l’approccio generale a questi due file molto sensibili e difficili”, sottolinea la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson, in conferenza stampa a Lussemburgo. “Quando ho iniziato il mio incarico – continua – la politica migratoria era bloccata da anni in Consiglio. Le migrazioni erano viste come un argomento tossico e il compito principale che mi è stato dato da Ursula von der Leyen era sbloccare questa situazione bloccata”. Johansson non è preoccupata per il trilogo, il negoziato interistituzionale con il Parlamento, che ha posizioni diverse sui due regolamenti, in particolare per quanto riguarda i ricollocamenti: “Siamo abituati ai triloghi”, afferma.
“L’accordo trovato dagli Stati membri sulle nuove regole sulle migrazioni è una buona notizia”, afferma via social la presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola. “Il Parlamento Europeo accoglie con favore questo progresso decisivo ed è pronto a iniziare i negoziati immediatamente per raggiungere un accordo prima di fine mandato”, conclude. Con l’accordo di oggi a Lussemburgo, fa eco il vicepresidente della Commissione Europea Margaritis Schinas, “abbiamo dimostrato che non ci arrendiamo. Dopo anni di fallimenti, abbiamo dimostrato che l’Europa, sulle migrazioni, può produrre risultati”.
L’Italia “non sarà il centro di raccolta degli immigrati per conto dell’Europa”, sottolinea soddisfatto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, al termine del Consiglio Affari Interni a Lussemburgo. Il nostro Paese, continua il ministro in una dichiarazione scritta, “ha ottenuto il consenso su tutte le proposte avanzate nel corso del Consiglio odierno. In primis, abbiamo scongiurato l’ipotesi che l’Italia e tutti gli Stati membri di primo ingresso venissero pagati per mantenere i migranti irregolari nei propri territori”.
“Abbiamo ottenuto – prosegue – la creazione di un nuovo fondo europeo per i Paesi terzi di origine e transito dei flussi (dimensione esterna). Nel sistema, come misura di solidarietà obbligatoria complementare alla relocation, è prevista anche la compensazione dei ‘dublinanti’. Siamo riusciti ad ottenere un quadro giuridico di riferimento per possibili intese con Paesi terzi sicuri. Abbiamo, altresì, evitato che venissero poste delle limitazioni che avrebbero escluso alcuni Paesi”.
“Anche i termini di responsabilità del Paese di primo ingresso per i casi Sar (ricerca e soccorso, ndr) – aggiunge – sono stati ridotti grazie al nostro intervento. Per la prima volta i casi Sar sono considerati sotto la responsabilità dell’Unione Europea. Per quanto riguarda le procedure di frontiere, su cui l’Italia, a livello nazionale, ha precorso i tempi europei, con le misure introdotte dal decreto Cutro, siamo riusciti ad ottenere la creazione di un sistema efficace di controllo europeo delle frontiere esterne. Abbiamo anche ottenuto una clausola di revisione del sistema dopo un primo test di sostenibilità. È stata poi raggiunta anche l’intesa su misure di sostegno finanziario per la realizzazione operativa (anche mediante infrastrutture) delle procedure di frontiera”.
L’Italia ha ottenuto che i fondi che i Paesi membri verseranno per ogni migrante non ricollocato, in ragione di 20mila euro a persona non accolta, confluiscano in un “fondo”, affidato alla Commissione Europea, “per realizzare quello che l’Italia ha voluto, e che finalmente si realizza: progetti concreti sulla dimensione esterna”, spiega il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. E’ anche, continua, una “questione di dignità, della nostra storia e della nostra posizione”. Perché l’Italia, sottolinea, “non accetta compensi a se stessa per diventare il luogo di trattenimento degli immigrati. Non volevamo che si facesse della nostra posizione geografica un destino naturale”. Quei soldi serviranno dunque a finanziare “progetti sulla dimensione esterna” delle migrazioni, quindi “accordi con Paesi terzi, infrastrutture”, un tasto sul quale il nostro Paese batte da anni.
La questione del collegamento di un richiedente asilo con il Paese di transito nel quale si intende rimandarlo in caso di rigetto della domanda di asilo, chiarisce la ministra per le Migrazioni svedese Maria Malmer Stenergard, in conferenza stampa, “è uno dei punti che è stato leggermente rivisto oggi. Sta agli Stati membri determinare se c’è una connessione tra il richiedente asilo e il Paese terzo” nel quale lo si intende rimandare. Nella posizione negoziale sui regolamenti votata oggi “c’è ancora un collegamento, ma spetta agli Stati membri valutarlo”. La questione della ‘connessione’ del migrante con il Paese di transito era uno degli ultimi punti di frizione: alcuni Paesi insistevano affinché il rinvio nel Paese di transito di un migrante fosse possibile solo nel caso in cui ci fosse un collegamento tra la persona e quel Paese, mentre altri Paesi, come l’Italia, non volevano che sussistesse questa connessione. Il Paese di transito deve essere comunque un “Paese terzo sicuro”, in linea con il diritto internazionale.