Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce

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Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce: a loro è dedicata quest’anno la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2017 che, presentata ieri a Roma, si svolgerà domenica prossima 15 gennaio. Ecco di seguito la relazione di Mons. Gian Carlo Perego, direttore generale Fondazione Migrantes che descrive il fenomeno in Italia.
 
“La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2017, che quest’anno sarà celebrata in Lombardia, nel centenario della morte della santa Francesca Saverio Cabrini (1917-2017), proclamata da Pio XII nel 1950 ‘patrona degli emigranti’, cade in un momento particolare per la situazione delle migrazioni economiche e forzate in Europa e in Italia. A fronte di una stagnazione del numero dei migranti economici e una crescita dei migranti forzati giunti in Italia, cresce la paura, crescono i rischi non solo di alzare muri, di forme di protezionismo, di limitazioni al welfare per i migranti, ma anche di scontri e conflittualità sociale all’interno dei Paesi europei intorno al tema delle migrazioni. Per queste ragioni, il Messaggio del Papa, anche quest’anno, risulta essere una traccia, un percorso di lettura del fenomeno migratorio, guardando in particolare al mondo dei minori migranti, che costituiscono oltre il 50% dei migranti forzati oggi. Come ogni anno ci fermiamo a considerare la situazione italiana, fermandoci in particolare sul volto dei minori migranti.
 
La ‘risorsa’ dei minori immigrati in Italia
Nell’ultimo Rapporto immigrazione Caritas e Migrantes, abbiamo fotografato 25 anni di immigrazione in Italia, soffermandoci anche sui minori immigrati. Sono 1.085.274 i minori immigrati presenti in Italia al 1 gennaio 2016 (pari al 21,6% del totale degli stranieri). 104.056 sono nati in Italia nel 2014 da almeno un genitore straniero e 75.067 (38.664 maschi e 36.403 femmine) da entrambi i genitori stranieri, con un calo a 72.000 nel 2015. Secondo l’Istat, sebbene il numero abbia iniziato progressivamente a ridursi (- 2.638 nascite in meno rispetto al 2013), è rimasto stabile in termini di incidenza percentuale ( 14,9%). Nonostante l’inversione di tendenza dell’incremento delle nascite dovuto al calo di fecondità delle donne straniere (passato da 2,95 figli per donna nel 2009 a 1,97 nel 2014), il tasso di natalità resta comunque alto per gli stranieri se confrontato con quello degli italiani: 9,7 per mille contro. 8,3 per mille. Rimane ancora drammatica la situazione nel 2015 di 27.168 interruzioni di gravidanza di donne di nazionalità straniera, pari al 31,1% sul totale delle interruzioni di gravidanza.
La distribuzione territoriale delle nascite mostra una concentrazione direttamente proporzionale alle quote di stranieri residenti sul territorio: nel Nord-est (21,6%) e Nord-ovest (21,4%) un nato su cinque è di nazionalità non italiana. Emblematico il caso dell’Emilia Romagna che registra l’incidenza percentuale più alta (24,0%) e in cui è straniero un nato ogni quattro. Il saldo positivo naturale e migratorio della popolazione straniera, il tema dei minori nati in Italia e delle ‘seconde generazioni’, si connette strettamente con il dibattito sul cambiamento in Italia della legge della cittadinanza. 
 
I minori ricongiunti con la famiglia
La disaggregazione per classi di età del totale dei permessi di soggiorno rilasciati e la presenza dei minori nei permessi di lungo periodo rispetto a quelli con scadenza, permette l’analisi di una prospettiva di inserimento sociale dei migranti a lungo termine: nella fascia di età fino ai 17 anni sono il 28,8% a fronte del 17,7% del gruppo di soggiornanti con un permesso a scadenza. I motivi familiari, infatti, nel complesso registrano la percentuale del 34,1% e sono al secondo posto dopo i motivi di lavoro (52,5%). Il ricongiungimento di un minore va accompagnato : spesso, infatti, se avviene durante l’anno scolastico, porta alla perdita di un intero anno scolastico. Non di rado è causa di frequenti assenze e abbandono scolastico. Ancora, non poche volte il ricongiungimento crea aspetti traumatici per la perdita di una ambiente amicale di riferimento, la non conoscenza della lingua, la mancanza di relazioni nel tempo libero.
 
I minori non accompagnati o minori separati
A partire dal 2008, un fenomeno che è cresciuto diventando estremamente grave negli ultimi tempi è quello dei minori stranieri non accompagnati o anche minori separati, che fortemente interpella le istituzioni e la coscienza civile in Italia. Sono stati nel 2015 ben 16.478 i minori giunti sulle nostre coste (pari al 10,7% del totale degli sbarchi); di cui 12.360 sono arrivati da soli (75% del totale) mentre 4.118 sono arrivati accompagnati da almeno un adulto. 
I minori provenivano prevalentemente da Eritrea (4.407), Siria (2.072), Egitto (1.742), Somalia (1.613), Gambia (1.360) e Nigeria (1.261), ma sono gli egiziani che quasi sempre sbarcano da soli (98,2%) seguiti da gambiani (95,8%) guineani (95,2%) senegalesi (94,5%), tunisini (92,9%) e pakistani (92,3%). I minori che sono sbarcati accompagnati da un adulto sono in prevalenza siriani, iracheni e palestinesi.
Nel 2016 , anno del maggior arrivo di migranti sulle nostre coste italiane (181.436 al 31 dicembre), il numero dei minori non accompagnati sbarcati è più che raddoppiato rispetto al 2015: siamo passati da 12.360 a 25772, di 80 nazionalità diverse. Si tratta di un fenomeno che richiede un’attenzione particolare a diversi livelli: sul piano dell’identificazione dell’età del minore con strumenti adeguati, che oggi lasciano un dubbio di +/- 2 anni, con il rischio di non tutelare alcune persone; con luoghi di accoglienza che non siano i CAS (che oggi ne ospitano l’ 85% dei minori non accompagnati, perché solo meno di 2000 sono in un progetto SPRAR), quasi il 50% concentrati soprattutto in Sicilia (6500) e in Calabria (1500), con l’attenzione ai traumi subiti nel corso del viaggio di almeno due anni per la maggior parte di essi; per la continuazione del viaggio verso altri paesi europei, sempre in solitudine o con amici, per almeno 2 su tre dei minori sbarcati. Tra i minori accolti, al primo posto ci sono minori provenienti dall’Egitto, seguono il Gambia, Albania, Nigeria, Eritrea, Guinea, Costa d’Avorio, Somalia, Mali, Senegal. 
 
I minori non accompagnati richiedenti asilo
I minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo nel 2015 sono stati 3.959 (il 4,7%) su un totale di 83.970 richiedenti protezione internazionale. Sono quasi sempre maschi (96,8%) e provengono prevalentemente da Gambia (1.171, 30% del totale), Nigeria (564, 14,2% del totale), Senegal (437, 11% del totale) e Bangladesh (420, 10,6% del totale). 
Tra le nazionalità a cui viene riconosciuta una qualche forma di protezione, troviamo quelle senegalese (95%), guineana (94,4%), gambiana (94%), ghanese (90%), malese (87%), nigeriana (82%). 
Ben l’81,2% ottiene una protezione umanitaria (81,2%) mentre il 4,1% ottiene lo status di rifugiato e il 2,9% la protezione sussidiaria. 
Nello specifico dello status di rifugiato, sono i somali (23,1%) ad ottenere maggiormente questa forma di protezione, seguiti da ghanesi (4,3%), maliani (3,2%), senegalesi (2,9%), nigeriani ed egiziani (2,7%).
Evidentemente si tratta di minori che provengono da Paesi dove sono in atto guerre o che, comunque vivono ancora una situazione di guerra o di conflitti. Interessante l’analisi dei dati al primo semestre 2016: i MSNARA sono 2.416, prevalentemente maschi (95,5%) provenienti da Gambia 752, 31% del totale), Nigeria (297, 12,3%), Senegal (227, 9,4%). Come per il 2015, anche nel 2016 la maggior parte di loro riceve una protezione umanitaria (1.013 ovvero 58%); lo status di rifugiato è riconosciuto al 4% mentre la protezione sussidiaria al 3%. In allarmante aumento, la percentuale di minori a cui non è stata riconosciuta alcuna forma di protezione (33%). A differenza del 2015, sono gli egiziani ad ottenere maggiormente una qualche forma di protezione e a ricevere la proposta di quella umanitaria, ottenendo quella sussidiaria, mentre lo status di rifugiato viene spesso riconosciuto ai minori nigeriani. 
 
I minori emigranti dimenticati?
In questa Giornata non possiamo dimenticare i minori emigranti, sempre più numerosi, che lasciano l’Italia insieme alle loro famiglie, alla ricerca di un lavoro che manca in Italia in altri paesi europei e del mondo. Anche loro lasciano il paese, la casa, la scuola, gli amici e non sempre trovano chi li accompagna nel paese d’arrivo. Le nostre missioni cattoliche italiane all’estero, che sono 366, di cui oltre la metà in Europa, segnalano continuamente questi arrivi e i disagi conseguenti, per l’assenza o la lontananza delle istituzioni. Al 1 gennaio 2016 gli iscritti all’AIRE sono 4.811.163, il 7,9% dei 60.665.551 residenti in Italia secondo il Bilancio demografico nazionale dell’Istat aggiornato a giugno 2016. Per quanto riguarda le classi di età: i minori sono 724.897 (15,1%); 1.074.134 hanno tra i 18 e i 34 anni (22,3%); la classe di età più numerosa (1.123.967) ha tra i 35 e i 49 anni ovvero è in piena età lavorativa (23,4%); sotto al milione (917.013, il 19,1%) vi e chi ha tra i 50 e i 64 anni; gli over 65enni sono, infine, 971.152 ovvero il 20,2%.Degli oltre 700 mila minori, il 45,1% ha meno di 10 anni, il 33,1% ha tra i 10 e i 14 anni e il 21,6% ha tra i 15 e i 17 anni. Il 3,7% degli anziani ha più di 85 anni; il 6,9% ha tra i 75 e gli 84 anni e il 9,6% ha tra i 65 e i 74 anni.
Dal 2006 al 2016 i minori iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero sono passati da 478.363 unità a 724.897 (+51,5% dal 2006 al 2016).
Nell’ultimo anno, 107.529 italiani hanno lasciato il Paese alla volta dell’estero ottemperando all’obbligo di legge della iscrizione all’Anagrafe del Ministero dell’Interno e quindi già consapevoli di restare fuori dei confini nazionali per almeno dodici mesi. I minori sono 22.384 il 20,7% del totale di cui 10.776 femmine. Essi si sono recati soprattutto nel Regno Unito (3.644), Germania (3.463), Francia (3.302), Svizzera (2.055) e Argentina (1.120) partendo, soprattutto, da Lombardia (4.389), Veneto (2.771), Emilia Romagna (2.188), Piemonte (1.922) e Lazio (1.586).Degli oltre 22 mila, 13.807 hanno meno di 10 anni, 5.846 ha tra i 10 e i 14 anni e 2.731 ha tra i 15 e i 17 anni. Degli oltre 13.800 con meno di 10 anni i primi 5 paesi in cui si sono trasferiti sono Germania 2.143), Regno Unito (2.013), Francia (1.899), Svizzera (1.320) e Argentina (655) partendo soprattutto da Lombardia (2.662), Veneto (1.642), Emilia Romagna (1.313), Sicilia (1.224) e Piemonte (1.194).
 
L’accoglienza
Una parola sull’accoglienza dei migranti sbarcati sulle nostre coste nel 2016
Al 31 dicembre 2016 176.554 persone migranti sbarcate sulle nostre coste risultano accolte nelle diverse strutture (CAS, Centri di prima accoglienza, SPRAR). Rispetto alle 103.792 persone migranti accolte al 31 dicembre 2015 la crescita è stata di circa 73.000 persone. Se i rimpatri e i ricollocamenti sono stati meno di 20.000 significa che oltre 50.000 persone hanno continuato il viaggio dall’Italia verso altri Paesi. Come abbiamo accompagnato, nelle città, nelle stazioni questo viaggio che ha avuto momenti drammatici a Como, Ventimiglia, ma anche a Milano, a Roma? Ho l’impressione che si nasconda troppo e ancora meno si rifletta sul fatto che a fronte di oltre 500.000 persone arrivate negli ultimi tre anni e al numero dei rimpatri, dei ricollocamenti e degli accolti inferiore a 250.000, c’è una metà di coloro che sono sbarcati che hanno continuato il loro viaggio.
Credo anche che anziché ripetere i numeri assoluti delle accoglienze nelle diverse regioni nel 2016 -e che vede al primo posto la Lombardia (23.046), seguita dal Lazio (14.886), il Piemonte (14347), la Campania (14.312), il Veneto (14.224), la Sicilia (14.076), la Toscana (12456), l’Emila Romagna (12.259), la Puglia (12.136), la Calabria(7.414) e poi le altre regioni con una media tra i 5.000 e il 3.000 accolti sui territori fino ai 288 della valle d’Aosta – anche alla luce dell’Accordo Stato- Regioni -sarebbe utile sottolineare i numeri relativi dell’accoglienza, che indicano più concretamente chi oggi sta accogliendo di più in Italia. In questo caso la prima regione è il Molise (11 ogni 1000 abitanti), seguono la Basilicata (4,5), il Friuli –Venezia Giulia (3,9), la Calabria (3,7), l’Umbria e Liguria (3,6), Sardegna (3,4), Toscana (3,3), Piemonte (3,2), Marche (3,0), province autonome di Trento e Bolzano, Puglia e Veneto (2,9), Abruzzo e Sicilia (2,8), Emilia Romagna (2,7), Lazio e Campania (2,5), Lombardia (2,3), Valle d’Aosta (2,2). 
Così pure non possiamo dimenticare che i posti in accoglienza nei CAS e nei centri di prima accoglienza negli ultimi tre anni sono aumentati del 400% e in essi oggi si trovano oltre l’85% dei migranti accolti in Italia, mentre solo il 15% sono quelli accolti nello SPRAR. E che il cammino verso un’accoglienza diffusa sul territorio con protagonisti i Comuni vede al 31 dicembre 2016 solo 654 progetti in 557enti locali su 8.000 Comuni italiani. La regione con la più alta diffusione degli Sprar rispetto al numero dei Comuni è la Puglia (76 Comuni su 258); a seguire la Sicilia (89 su 390), la Calabria (86 Comuni su 409), con una media di uno SPRAR ogni 4/5 Comuni. Seguono a distanza le altre regioni con una media di 1 SPRAR ogni 10 o più Comuni fino ad arrivare alla Valle d’Aosta e alla Provincia autonoma di Bolzano con nessuno SPRAR presente. Da questo dato sarà importante che riparta realisticamente l’incontro di giovedì 19 gennaio tra Stato e Regioni in ordine ad un’accoglienza diffusa sul territorio, con al centro lo SPRAR.
 
Conclusione: una città per i minori migranti
Attorno ai diversi volti di minori migranti, per evitare violenze, sfruttamento e abusi, è messa alla prova la capacità istituzionale di tutela dei diritti fondamentali dei minori, primo tra tutti il diritto di famiglia in Italia e all’estero. La difficoltà è passare da un diritto a un servizio e a un servizio in rete, cioè garantire ai minori una città e una casa. A questo proposito, in Italia soprattutto nella collaborazione tra Comuni, enti ecclesiali, associazioni e cooperative, servizi sanitari e scuole, sono nati percorsi sperimentali di pronto intervento, di ospitalità, di accompagnamento, di formazione che hanno costruito città e casa attorno ai minori migranti e ai loro familiari. Si è trattato di più percorsi di advocacy e di cura, anche sperimentali, sia per la diversa età dei minori, ma anche per i numerosi paesi di provenienza e le differenze culturali. La città oggi è chiamata a vedere in tutto il mondo dei minori migrati e rifugiati, delle seconde generazioni un tassello importante della crescita di un futuro, che passa necessariamente attraverso un dialogo interculturale – anche attraverso modelli educati nuovi, come la peer education (educazione alla pari) -, che rifiuta nuove forme di esclusione o provvisorietà sociale, ma soprattutto il riconoscimento della cittadinanza, quale punto di partenza per un percorso di responsabilità e partecipazione, che riconosca e valorizzi un nuovo ‘capitale umano’ giunto in Italia da 200 Paesi del mondo.
Nel rapporto con i minori migranti è cresciuta anche la Chiesa, una Chiesa plurale, da una parte nella sua capacità caritativa di costruire servizi, progetti di educazione interculturale, di genitorialità attiva e partecipativa, per costruire ‘segni di fraternità’, ma anche per avviare esperienze di pastorale giovanile che rinnovano gli ambienti di aggregazione giovanile e gli oratori, sperimentando percorsi d’incontro e d’intervento specifici. Con il minore migrante, è necessario da una parte ricercare forme di collegamento e conoscenza familiari anche a distanza, dall’altra costruire, in assenza di figure genitoriali, un percorso educativo e di crescita integrale, attento anche alle diverse dimensioni della vita giovanile (sport, scuola, affetti, amicizie, formazione al lavoro…). Il riconoscimento, la prima accoglienza, la seconda accoglienza che sono i livelli di un percorso teso all’integrazione sono i tre momenti fondamentali di un ‘affido’ che spesso non passa immediatamente attraverso la famiglia, ma attraverso la città e le sue strutture di un Welfare sempre più comunitario, ma anche i luoghi e gli strumenti per costruire la Chiesa come casa attorno e insieme ai piccoli. In un tempo di ‘educazione debole’ è importante che la Chiesa sempre più diventi casa, famiglia di famiglie, comunità dove i minori possano trovare casa e famiglia, sentirsi a casa. I servizi per i minori rispondono nella Chiesa non solo a un bisogno sociale, ma anche al diritto che nessuno sia solo, nessun minore sia privo di una famiglia, luogo educativo fondamentale e tutti possano ‘sentirsi a casa’ nella Chiesa.

MigrantiPress_11-12_2016.pdf
Accoglienza_31_dicembre_2016.pdf