L’artista statunitense Lee Bontecou, la prima a usare una forma tridimensionale che non fosse né pittura né scultura, le cui misteriose astrazioni su tela sagomata le hanno garantito notorietà internazionale, è morta nella sua casa in Florida all’età di 91 anni. La notizia della scomparsa è stata pubblicata dal “New York Times”. Il suo lavoro è stato presentato a Venezia, a Punta della Dogana, in occasione della mostra “Untitled” nel 2020. Lee Bontecou è riconosciuta per le sue sculture montate a muro, cucite e saldate, realizzate in materiali industriali diversi come rame, ferro, resine epossidiche, ma anche in sostanze più organiche come fossili, ossa, tela, o ancora con oggetti trovati e surplus di attrezzature militari che si procurava dai rigattieri di New York. Le sue monumentali costruzioni – aerodinamiche, violente, incavate, forate, metalliche – sembrano contraddistinte dal ricordo della Seconda guerra mondiale, quando la madre dell’artista lavorava nelle fabbriche che costruivano sottomarini. Bontecou, del resto, è stata attenta anche agli echi della guerra in Vietnam. Le sue opere, che hanno una forte presenza plastica, sono organiche e meccaniche al contempo, ed evocano il corpo e le macchine, l’astratto e il figurativo, ispirandosi all’iconografia della Guerra fredda, ma anche ai cubisti. Alcuni critici d’arte considerano le sue sculture un’allusione al sesso femminile, ma Lee Bontecou ha cercato anzitutto di sfidare le convenzioni, nella scelta dei materiali così come nella presentazione, e secondo lei questo si può riassumere affermando “quanta più vita possibile – senza frontiere – senza limiti – la libertà in ogni senso del termine”. Nata a Providence il 15 gennaio 1931, dal 1952 al 1955 Bontecou frequenta l’Art Students League di New York e grazie a una borsa di studio si trasferisce a Roma dal 1956 al 1958. Nel 1958 torna a New York e il suo lavoro artistico le fa ottenere una grande quantità di premi e riconoscimenti, come il Louis Comfort Tiffany Award, il Mademoiselle Woman of the Year, il secondo posto alla 28th Biennial of American Art della Corcoran Gallery of Art di Washington e il primo premio del National Institute of Arts and Letters. Nel 1960 tiene la sua prima mostra personale nella galleria di Leo Castelli di New York (dove continuerà a esporre fino al 1970): è l’inizio di un riconoscimento internazionale del suo lavoro, un fatto ancora raro per una donna negli anni Sessanta. Lee Bontecou sviluppa un’arte post-minimalista, o associata a un surrealismo tardivo – a volte considerata femminista -, ma in realtà sfugge a qualsiasi categoria. Desidera “mostrare gli aspetti di timore, speranza, bruttezza, bellezza e mistero che esistono in ciascuno di noi”. Alla fine degli anni Sessanta si allontana dal mondo dell’arte e presenterà le sue opere solo molto di rado. Negli anni Novanta è stata riscoperta da una nuova leva di artisti e critici.