Morto Pierino Munari, il batterista dal ‘polso d’oro’

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Roma, 15 mag. (AdnKronos) – E’ morto Pierino Munari, all’anagrafe Pietro Commonara, uno dei più versatili batteristi italiani, ribattezzato ‘l’uomo dal polso d’oro’. Nato a Frattamaggiore (Napoli), avrebbe compiuto a settembre 90 anni, la maggior parte dei quali trascorsi a suonare ed insegnare la batteria, di cui è stato uno dei maestri assoluti. La scomparsa, avvenuta a Roma qualche giorno fa, è stata annunciata solo oggi dalla famiglia.

Un giorno, sul set de “Il Padrino – Parte III” di Francis Ford Coppola, una band suonava in scena: ad ogni pausa, l’attore Andy Garcia – da sempre grande appassionato – si avvicinava al batterista e gli chiedeva di insegnargli alcune tecniche che gli aveva visto utilizzare poco prima. Era Pierino Munari. In questo ricordo si riassume il talento, le grandi doti e la sua carriera.

Tra i più versatili (dal jazz al pop) ed istintivi batteristi italiani, Munari è stato una colonna portante della musica da film (suonando in oltre 500 colonne sonore, molte delle quali più volte premiate, anche con l’Oscar), diretto dai più grandi maestri italiani e internazionali (tra questi, i premi Oscar Ennio Morricone, Jerry Goldsmith, Nicola Piovani, Luis Bacalov, l’ungherese Miklós Rózsa; e ancora Armando Trovajoli, Toshiro Mayuzumi, Piccioni, Carmine Coppola, Piero Umiliani, Stelvio Cipriani, Ritz Ortolani, Carlo Rustichelli).

Trale pellicole a cui ha collaborato per la colonna sonora ci sono diverse pietre miliari della storia del cinema: “Ultimo tango a Parigi”, “C’era una volta in America”, “Amarcord”, “8½”, “Papillon”, “Il sorpasso”, “Sacco e Vanzetti”, “Una giornata particolare”,”Anonimo veneziano”, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, “La battaglia di Algeri”, “I soliti ignoti”, “C’era una volta il West”, “Giú la testa”, “Divorzio all’italiana”, Polvere di stelle” “Nell’anno del Signore”, “Dramma della gelosia”, “Uccellacci uccellini”.

Abilissimo nell’usare il “rullante” della batteria, Munari è stato l’interprete per eccellenza del “tamburo militare” nelle colonne sonore. Agli inizi della sua carriera, ha lavorato con varie orchestre militari americane – periodo fondamentale per la sua formazione Jazz. Con il padre Tommaso e i fratelli Armando e Gegè, hanno formato l’Orchestra Munari, nota per essere stata la prima a portare lo swing nel nostro Paese.

Ha lavorato per la TV, la Radio e la discografia, diventando tra i batteristi più richiesti ed affidabili della grande famiglia della RCA Italiana (memorabili le sue performance con Mina). Ha collaborato con tutti i più celebrati artisti italiani (da Johnny Dorelli a Lucio Dalla, da Paul Anka, Neil Sedaka a Rita Pavone e Gino Paoli, da Renato Carosone a Milva da Gianni Morandi a Lelio Luttazzi, troppi per citarli tutti). Batterista nel primo tour mondiale di Domenico Modugno e testimonial della “Hollywood” (noto marchio internazionale di batterie), Munari ha partecipato (come elemento d’orchestra) a sei edizioni del Festival di Sanremo; ad innumerevoli del Festival di Napoli; e ai principali festival jazz internazionali.

In anni più recenti, ha fatto parte dell’orchestra del Maestro Pregadio, anche nella trasmissione televisiva “La Corrida”, condotta da Corrado, e il suo “drumming” ha continuato ad essere vitale ed inconfondibile fino ad oggi. Ed ora lo sarà per sempre.

“La morte di Pierino Munari mi rattrista profondamente. E’ stato un grande percussionista e ha lavorato con me parecchi anni – dice Ennio Morricone commentando la scomparsa del musicista – Quando le nostre strade si separarono, sentii la sua assenza, sia dal punto di vista umano che artistico, perché ha rappresentato un momento importante della mia vita professionale. Era una persona perbene, affettuosa. Mancherà, ne sono certo, a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Credo di avergli dato tanto, ma anche lui ha dato tanto a me”.

A ricordarlo oggi è anche un altro grande maestro delle percussioni, Tullio De Piscopo: “Pierino fa parte della mia infanzia e, in qualche modo, ha influenzato anche la mia storia. E’ stato davvero uno di famiglia e lo vedo tutti i giorni: salgo le scale di casa, infatti, e osservo sempre una foto che lo ritrae con mio padre Giuseppe alle percussioni, mentre Gloria Christian canta ‘Cerasella’ in un Festival di Napoli di fine Anni Cinquanta al Teatro Mediterraneo, quando allora c’era il primo palco girevole del mondo, con Carletto Esposito direttore d’orchestra. Era una bella persona, non l’ho mai sentito criticare un collega (cosa assai rara nel nostro ambiente). Era da un po’ che non ci vedevamo, ma era sempre un piacere ritrovarci a cena a Roma, dove abitava. Come musicista era straordinario, è stato il primo batterista partenopeo che ha portato il suo sapere oltre la Campania. È riuscito, tramite la musica, a far conoscere ovunque il ritmo dei napoletani. Era un grande solista che ha partecipato a colonne sonore indimenticabili, lavorando con maestri come Trovajoli o Morricone, giusto per citare due nomi. Ma tutti i più grandi hanno avuto il privilegio e la fortuna di potere stare al suo fianco. E’ stato un pilastro della Rca. Gli vorrò bene per sempre”.