Mostre, “P_Reesistenze”: il diario fotografico del borgo di Badolato

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di Fiorella Franchini

Disegna con la luce Pino Codispoti e porta al MANN le pietre di Badolato, uno dei borghi più suggestivi d’Italia, a 30 chilometri da Catanzaro con una parte vecchia a 250 metri sul livello del mare. Nelle sue fotografie pezzi di Calabria, antichi e aspri, immagini che sono insieme opere d’arte, storia e poesia. Il progetto fotografico
“P _Reesistenze” resterà esposto al Museo Archeologico di Napoli fino al 6 gennaio e punta l’obiettivo sul paese antico, si ferma nelle strade solitarie, sui muri scrostati, tra i ruderi abbandonati e li colora di pathos, pone sulla stessa linea dello sguardo la mente e il cuore. C’è un’aura elegiaca, crepuscolare e, allo stesso tempo pavimenti, mattonelle sbriciolate, mura crollate e spaccature mostrano un reale che va oltre il dato oggettivo. Attraverso le crepe filtrano le ferite di un territorio e dei suoi abitanti, l’assenza, la perdita, la ricerca d’identità e memoria. Passato, presente e futuro si fondono dentro il gusto di scoprire attimi, catturare momenti e intere esistenze: “Ho costruito un dialogo tra oggetto e contesto, in ogni scatto, per rievocare l’anima e lo spirito di un luogo”, spiega l’artista. Una fotografia mai finita, dove chi guarda, ha la possibilità di cominciare un colloquio personale con le pietre e con le persone. Ogni foto è corredata da testimonianze dei paesani scritte in calabrese che rendono più vivido ricordo e verità. Le parole erano originariamente incantesimi e conservano più che mai il loro potere magico: “lignu da muntàgna nostra, rina da xiumàra ‘e Vudà, carci da crita ‘e Crìsima, ciaramìdi e mattùni da carcara ‘e Santu Rocco…” . Si materializzano tegole e legno di montagna, le sabbie dei torrenti, pane e pizzate fatte con farina di granoturco, non solo forme ma odori e suoni. Tutto sta sulla soglia delle case di Badolato, a un passo da noi che stiamo là a guardare e danno senso a un mondo che abbiamo appena lasciato, ma già ci manca. La fotografia “è un invito: io ti porto in una direzione, – ha scritto Mario Calabresi – ma il resto del viaggio lo fai tu”. Le immagini e le parole si susseguono nelle sale e la presenza umana emerge nelle sfumature di oggetti e residui di vite ormai corrosi dal tempo e dall’abbandono, testimonianza di una storia minima alla quale apparteniamo. Un lavoro “corale” interamente dedicato alla pratica della memoria, un bene collettivo d’immenso valore. Un diario che ognuno porta con sé, sia che vada via , sia che rimanga, che prima o poi riapre per ritrovarsi. Pino Codispoti ci ha regalato il suo alfabeto visivo per recuperarne una parte, per emozionarci nel profondo dell’anima.