Una piccola cappella con affreschi d’epoca cinquecentesca è stata rinvenuta nell’antico complesso benedettino dei SS. Severino e Sossio, sede dell’Archivio di Stato, nel corso del più ampio intervento di restauro sul convento che rientra nel Grande Progetto Unesco. La piccola cappella è stata scoperta nel momento in cui si è andati a intervenire sulla porta di connessione tra la chiesa e il chiostro. Al suo interno un affresco con una deposizione al centro e due santi vescovi ai lati. “Forse è l’ultima scoperta che ci ha riservato questo intervento di restauro – ha detto il soprintendente Luigi La Rocca – perché i lavori ormai sono in fase di ultimazione. E’ stata una vera scoperta, non si aveva notizia di questo ambiente. Ora le ricerche si focalizzeranno sugli aspetti iconografici per datare precisamente la sala affrescata”. Non è la prima volta infatti che l’intervento presso il complesso dei SS. Severino e Sossio regala sorprese. In precedenza erano stati scoperti degli affreschi di Belisario Corenzio sulle pareti della sala del Capitolo. Il piccolo ambiente rinvenuto, posto nella zona adiacente al chiostro del Platano, è riferibile alla fase degli interventi quattrocenteschi prima delle modifiche attuate nel secolo successivo per la realizzazione di una scala di collegamento, anch’essa rimessa in luce con i lavori Unesco, che era attraversata dai monaci per raggiungere la chiesa. E proprio l’idea progettuale elaborata dalla Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Comune di Napoli di ripristinare questo collegamento, ostruito nel 1835 in occasione del trasferimento dell’Archivio negli spazi del convento, ha consentito di evidenziare sulla parete laterale della scala, le tracce di un muro di tompagno che rivelavano la presenza di una nicchia: un luogo di raccoglimento, interno alla vita dei monaci, murato in occasione della realizzazione della scala. Si tratta dunque – è stato sottolineato – “di un documento prezioso e utile alla ricostruzione delle trasformazioni interne al convento avviate a seguito del lascito della casa d’Aragona alla fine del ‘400, con Giovanni Donadio detto il Mormando e riprese poi, negli anni successivi, dall’allievo Giovan Francesco di Palma”. Suggestiva è l’ipotesi che l’ambiente possa aver contenuto i resti mortali dei due santi ai quali la chiesa è intitolata. Il ritrovamento consentirà ora di studiare approfonditamente l’affresco, i riferimenti iconografici, i simboli e costituirà un’opportunità per chiarire aspetti logistici del monastero, ma anche di allargare la conoscenza sugli orientamenti della cultura figurativa a Napoli tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500 “con una testimonianza non esplorata, inedita e preservata dal muro che l’aveva negata”. “Una volta che il restauro sarà concluso – ha detto Candida Carrino, direttrice dell’Archivio di Stato – apriremo l’accesso al complesso museale da vico Monte di pietà su San Biagio dei Librari così che tutti possano usufruire di questi spazi meravigliosi fatti da chioschi affrescati ma soprattutto da verde insolito all’interno del nucleo urbano del centro storico”.