Museo Archeologico di Nola, quando le premesse non bastano

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L’ingresso gratuito ai musei civici è sacrosanto perché visitare un museo non è solo un esperienza estetica, ma soprattutto è un momento di alta formazione. Se il biglietto gratuito fosse propedeutico a un maggior afflusso di visitatori, non sarebbe una scelta ma un obbligo. I numeri degli ingressi di pubblico nei musei però dimostrano che questa pratica, peraltro in uso in Inghilterra ed in tante altre città,ai fini dell’incremento del numero di visitatori non è così determinante come può credere il Gotha degli esperti del settore. A fare la differenza, infatti, non è il prezzo, non è la qualità del materiale esposto (chi, parlando di altri luoghi e altri beni, non ha mai esclamato. ”Non hanno niente ma riescono lo stesso ad attrarre i turisti”, scagli pure la fatidica pietra). Cos’è allora che attira i visitatori, li fa tornare in un luogo d’arte e mette in moto quel potentissimo attrattore d’interesse che è il passaparola? Troppo scontato l’ormai consueto mio ritornello sulla necessità dell’interpretazione? Facciamo allora un giretto in quel di Nola. Famosa per aver dato i natali a Giordano Bruno, famosa per la festa popolare dei Gigli, è pochissimo nota ai più (ma i turisti sono maggioranza rispetto agli esperti) per il suo Museo Storico Archeologico, che è sicuramente una delle tre tappe fondamentali in Campania per la conoscenza della storia, della preistoria e dell’arte su questo territorio. Come mai in questo scrigno le perle preziose sono tanto poco note e ricercate? Certamente gli artefici di questa sorta di “ delitto museale” sono tutti pronti a garantire sulla qualità del proprio operato, sull’assoluta correttezza delle politiche messe in campo, e la colpa è come sempre dei pochissimi finanziamenti che lo stato eroga per far sopravvivere il Museo. Prima di tutto chiariamo che i musei non devono sopravvivere ma devono vivere, brillare di luce propria e far vivere tutto ciò che li circonda innescando economie a vario titolo. Chiariamo pure che se tutto ciò che è stato fatto fosse stato corretto, certamente un posto del genere avrebbe una fila di visitatori all’ingresso come quella di Pompei o Ercolano. Una giornata festiva d’agosto dovrebbe radunare intorno ai centri di cultura frotte di turisti che più o meno pazientemente fanno la fila per entrare. Succede nei siti più rinomati in Italia, e un po’ dappertutto nel mondo. Eppure in quella calda giornata estiva i visitatori alle ore 10,30 erano cinque (!) avete letto bene non cinquanta, meno che mai 500. Cinque persone, tra cui la sottoscritta, che giravano nell’ex convento delle Canossiane ( come dire qualche migliaio di mq su tre livelli). La punta di pubblico verso mezzogiorno ha toccato i nove visitatori, inclusi i cinque che a mezzogiorno continuavano ancora la visita, stravolti e affascinati da una ricchezza qualitativa e quantitativa che richiede molte ore o più visite per essere assaporata e compresa come si deve. Peggio di così solo una visita al MADRE di Napoli il giorno di ferragosto, nel periodo del naufragio di una fallimentare direzione. Torniamo pure al Museo di Nola, museo civico, mantenuto dal Comune, che offre solo visite gratuite. I contenuti sono da urlo: Si comincia dalla preistoria, con la ricostruzione di una delle capanne rinvenute durante lo scavo dell’insediamento in località Croce del Papa a Nola (all’interno di una struttura

di legno in scala reale è riprodotta la distribuzione dell’arredo e degli spazi originari con alcuni dei reperti recuperati ancora integri), c’è poi una sezione dedicata alle origini di Nola, dall’VIII al VI secolo a.C., con le tombe a cassa e a semicamera dipinte, che si susseguono al centro della sala, dove è stata posta una gigantografia in scala reale dei dipinti interni ad una di esse. Non è finita neanche con l’esposizione degli scheletri di persone rimaste seppellite prima dai materiali lavici di un eruzione del Vesuvio (molto precedente a quelle di Pompei o Ercolano), e poi dalla successiva inondazione. iI giro nella storia passa per il Medio Evo fino alle tele di Luca Giordano e colleghi coevi. Il museo è uno scrigno divertente, interessante, sorprendente. Eppure è avvilito dall’assenza di pubblico. Scandalo! Scandalissimo! Non è una buona cosa, ma, invece di riproporre il solito, ritrito lamento inconsolabile di Ecuba, o le rampogne brontolone e disincantate dello “scettico blu”, sarebbe più opportuno farsi delle domande e darsi delle risposte (In questo frangente Marzullo docet). La qualità del materiale esposto è ottima e inusuale, sotto questo profilo il museo può competere con la grandezza dei siti più famosi e frequentati. Come mai allora questo vuoto di utenti? Probabilmente l’accenno interpretativo dell’esposizione dovrebbe essere migliorato, ma in questo caso manca clamorosamente la comunicazione all’esterno. Sebbene il Museo sia presente negli elenchi del sito del MiBAC, non esiste una comunicazione verso il grande pubblico dei suoi contenuti. Oh il sito internet esiste, ma chi lo va a consultare se non persone più o meno già informate? Probabilmente se la visita fosse pubblicizzata dai media e inclusa d’ufficio in un giro che comprende le località più conosciute, riuscirebbe in breve tempo a eguagliarle per fama e affluenza. Qualche ritocco a un interpretazione di cui si legge l’embrione ma non lo sviluppo, un servizio guide presente e adeguato nella narrazione, la gradevolezza climatica di ambienti nei quali la luce è accesa all’occorrenza, e non si percepisce aria condizionata, qualche panchina per il riposo durante la visita, sarebbero tutte azioni propedeutiche a un successo per il quale le premesse non devono restare solo promesse.