Musica, da Napoli al mondo: ecco i paesaggi sonori degli Swunk

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“Swunk” è un verbo arcaico inglese che indica il duro lavoro, il labour. Swunk è miscellanea di energie. Energie di quattro musicisti che raccontano le loro differenti esperienze di vita e di musica. Swunk è un enso, nsō (円相) è una parola giapponese che significa cerchio. Esso simboleggia l’illuminazione, la forza, l’universo. È ritenuto da molti che l’indole dell’artista sia completamente rivelata dal modo in cui disegna questo cerchio. Swunk è la ricerca di una miscellanea tra i vari generi che hanno caratterizzato le nostre crescite individuali: rock, grunge, metal, prog, jazz, elettronica, techno, classica napoletana, trip hop, soul, funk. 
La miscela sonora che il quartetto napoletano sprigiona è anche una filosofia di vita, d’arte e di suoni, racchiusa in quel circolo energetico che alimenta la loro musica. Il nuovo album Soundscapes – pubblicato da Italy Sound Lab di Alfonso LaVerghetta – ne dà ampia dimostrazione.

Nati nel 2012 con il nome Swunk Infusion, un gioco di parole che alludeva all’incrocio di swing, funk e fusion(ancora oggi tre direttrici sicure del loro sound), gli Swunk debuttano nel 2014 con un album omonimo e tre anni dopo bissano con Soundscapes. E’ un secondo album che mette a fuoco in maniera definitiva e compiuta l’indole eclettica e lo spirito cosmopolita del giovane quartetto partenopeo, ripartito in quarta con l’arrivo del nuovo batterista Marco Fazzari nel 2014: “Il batterista è il motore di un gruppo e tre anni sono tanti per poter aggiungere sfumature e colori completamente differenti se si continua a ricercare, osare, e il non porsi limitazioni di etichette di genere è un buon punto di partenza per poterlo fare. Soundscapes vede l’utilizzo di una forte componente elettronica e di ricerca sonora dedicata ad ogni singolo brano. Consapevoli di addentrarci per la prima volta in questo ambito, abbiamo continuato a provare e riprovare per un anno di gestazione e di amalgama, poiché il comporre assieme necessita di trovare il suo giusto balance, e Soundscapes lo sentiamo sicuramente più figlio delle nostre energie pazientemente mescolate”. 

Un disco di fusione, dunque, che non rimette in discussione i risultati del debutto, anzi radicalizza – ma con equilibrio, gusto e la giusta dose di vivacità – la formula del jazz-rock dinamico e pulsante, aperto a qualsiasi tipo di intrusione sonora: otto brani dal respiro internazionale, non solo per la scelta strumentale, ma anche per la volontà di sperimentare un linguaggio aggiornato, in linea con i tempi. Assai significativo, per comprendere fino in fondo lo spirito degli Swunk, il rapporto con il mondo dell’arte, area di influenza decisiva per Soundscapes: “Siamo quattro appassionati di film e di arte visiva, chi ha fatto l’istituto d’arte, chi è amante sfrenato di Dalì, Marco è soprannominato Van Gogh, insomma sarebbe difficile non mettere queste energie nella nostra musica! Sicuramente la scelta di fare musica strumentale ti consente di lavorare con le note come se fossero colori, e quindi non affidarsi al linguaggio delle parole ma a quello delle semplici note. Questo crea un forte legame con l’inconscio e la fantasia di chi ascolta. In Soundscapes, Paesaggi sonori, abbiamo deciso di affidare ad ogni brano una storia differente, basata sulle personali sensazioni di ognuno di noi; ogni brano è strutturato in sezioni facilmente riconducibili a stanze, paesaggi, camere in cui l’ascoltatore può immergersi e fare la sua personalissima esperienza visivo-musicale“. 

I due video scelti per la promozione di Soundscapes, Solaium realizzato da Daniele Rosselli con un taglio molto “urban” e il più recente Ore 22:00, interamente disegnato in 3d digitale da Walton Zed, rappresentano in pieno l’orientamento artistico degli Swunk, che evocano un mondo parallelo, una simbiosi tra musica e immagine che li colloca tra i giovani musicisti italiani più ispirati degli ultimi tempi: “Ci avviamo al 2018 e la Musica è in continuo rinnovamento, sia quella “commerciale” che quella creata per una sincera esigenza “artistica”; il Meltin Pot, la fusione di generi, e la contaminazione imperano in qualsiasi genere. Con Soundscapes ci è stato difficile chiudere le orecchie di fronte a così tanto materiale dal quale poter attingere“. 

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