Musicista per la vita da una guerra all’altra

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I cento anni dalla prima guerra mondiale (l’“inutile strage” come disse papa Benedetto Xv) hanno riproposto come dovere morale la figura di E.A. Mario, noto più con questo pseudonimo che con il vero nome di Ermete Giovanni Gaeta. un personaggio d’eccezione che si è formato a cavallo di 2 secoli (1884-1961) e che ha raggiunto il massimo della notorietà fra due guerre micidiali. Alla prima è legata la sua “Leggenda del piave” di ispirazione eroico-patriottica; alla seconda quella “tammurriata nera” che sottolineò, in un periodo di “commistione etnica”, il valore sacrale della maternità con la nascita di un bambino qualunque fosse il colore della pelle. dalle due figlie di E.A. Mario (Bruna, delia, italia) sono nati 8 nipoti. Fra questi è soprattutto delia, figlia di Bruna, che del nonno conserva una memoria viva e devota. ne ricorda subito la straordinaria Leggenda del piave scritta nel giugno del ‘18 quando, dopo Caporetto (ora Kobaric in terra slovena) l’impero austro-ungarico sferra il grande attacco sul fronte del piave. La canzone piena di amor di patria, concorre in modo decisivo a risvegliare gli animi degli italiani, a infondere passione e a spingere vittoriosamente alla riscossa. La nipote delia, nella sua casa di vico Cacciottoli al vomero (quasi museo e sacrario) ricorda con commozione il messaggio che Armando diaz inviò al nonno: “La vostra Leggenda del piave al fronte vale più della presenza di un generale”. un salto di quasi trent’anni e arriviamo all’altro testo emblematico, la tammurriata nera. Racconta delia con la sua voce molto partecipe della vicenda: “Era il 1944 e a napoli sbarcavano truppe di colore, dalla tunisia e dal Marocco. All’ospedale Loreto si presenta una ragazza molto giovane che partorisce ‘nu creaturo niro niro’. immancabili le ironie su questa ‘maternità al cioccolato’. Con sorpresa di tutti la ragazza-madre dichiara che quel bambino, di nome Ciro, se lo sarebbe cresciuto da sola senza tener conto degli immancabili pettegolezzi della gente”. Si è mai saputo da dove veniva quella ragazza così coraggiosa, dati i tempi? “no”, risponde delia. “per quante ricerche siano state fatte, lei è riuscita a non farsi mai identificare. Si è sempre pensato, però, che fosse venuta da portici”. di quell’ospedale era direttore amministrativo Eduardo nicolardi, altro grande della musica napoletana, che racconta la vicenda a E.A.Mario. i due si guardano negli occhi e fanno nascere, da quella “scabrosa maternità”, uno dei testi che più continuano ad appassionare e commuovere. delia esprime, quasi somatizzandolo, l’orgoglio della sua appartenenza. “Sono nata – afferma con evidente compiacimento fra testimonianze storiche molto coinvolgenti – in una famiglia non comune; ho vissuto per mia fortuna in luoghi meravigliosi e in ambienti culturalmente alti”. tra i discendenti del nonno “ognuno ha saputo fare qualcosa nel campo della creatività artistica”; i luoghi quelli, fra i più seducenti (villa San Felice alla torretta, via Caracciolo e viale Elena, Chiaia e il vomero (“dove mi trovo benissimo”); gli amici, non solo a napoli, gli esponenti più autorevoli della musica e della letteratura. proprio un contesto così fortemente caratterizzato diventa stimolo, e ragione, per definire la propria identità che, per delia, si chiama studio, lavoro e canto. La prima formazione ha come luoghi la Ravaschieri e la Fiorelli. Quando però approda all’istituto d’arte di piazzetta Salazar, il padre Stefano la fa ritirare (“quell’ambiente non gli piaceva”). Allora lei studia privatamente e prende il diploma magistrale. La sua idea è però di mettersi subito a lavorare (“per acquisire autonomia e indipendenza”). Frequenta la Cassa mutua artigiani (un concorso vinto a 24 anni), uno Studio notarile, una Società di autonoleggio (“dove ho completato il mio lavoro fino alla pensione”). Ma “carsico” e pronto a irrompere, è il canto. Racconta delia: “tutto il mio studio avveniva dentro casa dove fin da bambina mi commuoveva ‘Balocchi e profumi’, la canzone del nonno che ha sempre avuto un grande successo. Mi piaceva seguire lo stile di Gilda Mignonette, una delle cantanti più quotate. Come maestra unica ho avuto mia madre Bruna che, a sua volta storica della musica e bravissima pianista, aveva fatto concerti con tenori del tipo di tito Schipa”. potrebbe fare tanti altri nomi di artisti valorosi delia, ma si ferma un momento. va con gli occhi alla madre (95 anni) che la guarda da una breve distanza e riprende: “Mia madre ha fatto cantare tanti, però più che insegnare il canto, insegnava come interpretare i testi”. Se il 1974 (delia ha 23 anni) è l’anno della sua svolta sull’onda delle note di “Balocchi e profumi” e di “Cantano all’emigrante”(altro filone che più ispirava il nonno) sono i primi concerti la prova del fuoco. All’Excelsior, prima uscita pubblica, c’è un contrattempo del tutto imprevedibile: a delia viene meno la voce. Lei però non si scoraggia. Ha modo di farsi sentire da Roberto Murolo, al quale si accompagna per alcune “serate”, e lui le dà consigli su come “studiare” meglio la respirazione. nessun problema più, quindi, quando al Circolo Artistico esegue ‘Bambenella e copp ‘e quartiere’di Raffaele viviani. nino taranto si complimenta per come l’ha cantata “in maniera elegante”. da allora una serie di concerti in luoghi molto simbolici: lo storico Caffè Gambrinus (“volutamente scelsi il 5 maggio, giorno del compleanno di mio nonno e dell’addio alle scene di mia madre”), il Conservatorio di San pietro a Majella (“mio nonno scriveva i testi e componeva la musica pur non avendola mai studiata; l’unico strumento che suonava era il mandolino che aveva imparato da solo”); la Biblioteca di pellezzano (“città natale dei genitori di mio nonno”); la basilica di San Giovanni Maggiore (“uno spettacolo per ricordare i cento anni dalla grande guerra”). in arrivo, il 4 novembre, lo spettacolo alla Biblioteca nazionale per ricordare “la vittoria del 1918” (qui, dal ’77, nella sala ‘Lucchesi palli’ c’è una sezione dedicata a E.A. Mario). Costante è, per delia, il pensiero al “grande universo”di motivi e valori rappresentati dal nonno. insieme con la madre ha per questo partecipato a concerti in italia e all’estero; memorabili quelli, fra il 1999 e il 2016, a trieste dove il ruolo avuto dalla “Leggenda” è ancora “palpitante con un significato che altrove è difficile riscontrare”. A questa serie appartengono anche, lei cantante, i convegni promossi dalla scrittrice Anna Maria Siena Chianese (“grande amica e collaboratrice di mia madre dagli anni ‘90”),mentre una bella Giornata di rievocazione si svolse presso la Società di Storia patria nel Maschio Angioino (“E.A.Mario venne studiato come testimone del suo tempo”). La Leggenda del piave è diventata, via via, la leggenda di un uomo autore di 2mila canzoni, saggi storici, testi narrativi e teatrali. Spiccano i grandi valori a base della sua ispirazione. “Ogni suo lavoro di poesia, di prosa e di musica – conclude delia Catalano- porta nei nostri cuori un raggio di vita e di sole”.