Napoli e il suo mare rapporto da ricostruire

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La crisi del porto, dice il rettore della Parthenope Claudio Quintano, è legata alla mancanza di aree e strutture funzionali Occorre una intermodalità più produttiva


A cura di Ermanno Corsi
La crisi del porto, dice il rettore della Parthenope Claudio Quintano, è legata alla mancanza di aree e strutture funzionali Occorre una intermodalità più produttiva


A cura di Ermanno Corsi Guardando il golfo, Pasquale Lonardi Cattolica (ammiraglio e già ministro della Marina) si convinse che il mare andava attentamente studiato “per quello che è, che produce e favorisce scambi”. Allora, 1919, nasceva per sua iniziativa l’Istituto Navale. Il mare davvero bagnava Napoli. Oggi la bagna ancora, e non solo metaforicamente? Il rettore dell’università Parthenope, nata dall’Istituto di 95 anni fa, guarda il golfo nella sua straordinaria bellezza e a malincuore, lo si vede dal viso, risponde di no. “È venuto meno, dice Claudio Quintano, il legame terra-mare che riguarda movimento e traffico. Rispetto al passato registriamo una oggettiva caduta soprattutto per quanto riguarda le aree disponibili”. La conseguenza più visibile e immediata? “Napoli perde quote di mercato anche rispetto a Salerno che, come porto, è il nostro primo concorrente. E intanto avanzano i paesi dell’Africa e dell’Est”. Inevitabile un riferimento alla grottesca vicenda dell’Autorità portuale: il governo non riesce a nominare il Presidente. Ma nell’attesa, come si può riempire il vuoto? Il rettore Quintano, spirito pragmatico, afferma: “Si può rendere il Porto più agibile e funzionale dotandolo, per esempio, di quell’energia elettrica senza la quale le navi da crociera sono costrette a prodursela in proprio. Così fanno in mare aperto ma con costi elevati, inquinando l’area portuale e quella cittadina prospiciente”. Il mare come economia e scienza. Col passare dei decenni, l’Istituto Navale non basta più. Occorre far nascere una struttura universitaria vera e propria capace di affrontare il dinamismo e la complessità dei tempi nuovi. Negli anni ’80-’90 c’è già un notevole allargamento degli orizzonti culturali e formativi. Con il duemila nasce la Parthenope (nome evocatore di leggenda e di storia napoletana). Alle due facoltà storiche (Economia e Scienze nautiche) si aggiungono giurisprudenza, Ingegneria e Scienze motorie, assorbendo l’antico Istituto superiore di Educazione fisica. Ma non si temeva una duplicazione, visto che giurisprudenza e Ingegneria già esistevano in altri Atenei? Spiega il rettore: “Era necessario creare una vera universitas studiorum; non si poteva più fare perno sulle due facoltà originarie a vocazione specialistica, tutte e due marinare. L’area metropolitana di Napoli avrebbe assorbito, come è avvenuto, una maggiore domanda di formazione universitaria”. Addio, dunque, alla missione nativa? “Nient’affatto. La vocazione marinara non è stata tradita, ma ha saputo convivere con le direttrici generaliste di cui una universitas studiorum doveva tener conto”. La struttura di oggi: cinque sedi (Centro direzionale, via Acton, Medina, generale Parisi e Petrarca dove Wagner compose il Parsifal). Come furono scelte? “Si colsero delle buone occasioni anche per valorizzare luoghi di particolare rilievo”. Sei i dipartimenti che impegnano 267 dipendenti e 324 fra docenti e ricercatori. Oltre 16 mila gli immatricolati, con una netta prevalenza per gli studi economici. un quadro accettabile sulla carta, ma che non ha convinto Il Sole-24 Ore. Il quotidiano milanese assegna alla Parthenope undici punti su cento. Il rettore Quintano contesta questa valutazione. “Le graduatorie non sono il verbo”, dice. “Si è tenuto conto della dimensione delle università in termini di studenti, ma non del grado di complessità relativo al mix delle loro aree scientifiche. È stato un errore comparare gli atenei fra grandi e piccoli, meglio sarebbe stato tra più e meno complessi. Come università intermedia, la Parthenope sarebbe stata valutata molto di più. E poi, dove lo mettiamo il contesto socio-economico in cui si opera? Come si fa a non valutare le tante patologie sociali che abbiamo intorno?”. Ora al rettore Quintano tocca la guida fino al 2016. Quale il principale impegno? “Seguire una linea portante che ha diversi risvolti: un trend regionale e nazionale, un forte sviluppo della ricerca, il collegamento tra domìni produttivi e tecnologici. Le azioni dell’Ateneo saranno il servizio che viene reso alla crescita economica delle nostre aree”. Università e produzione cammineranno insieme con la rete delle imprese. “Sì, afferma il rettore, si tratta di una progettualità nuova che investe la capacità produttiva della Campania. L’assessore Guido Trombetti ha illustrato bene tutto il programma alle università e agli enti interessati”. Nato a Castellammare e ora residente a Sorrento, Claudio Quintano ha compiuto la prima formazione scolastica fra la città stabiese e Torre Annunziata dove ha frequentato l’Istituto tecnico “Cesaro” (“il mio percorso è stato una sorta di legame e di àncora con una formazione curriculare non caratterizzata da scelte o da strappi, ma da una sostanziale continuità di saperi propri dell’amministrazione e delle convenienze”). Prevalenti, in ogni passaggio, gli studi matematici e di statistica applicata. “La Statistica oggi, precisa il rettore, è la materia prima per decisioni complesse sia nella sfera pubblica che privata. Senza di essa si determinerebbe la disgregazione dell’apparato economico e sociale”. Non diceva Cicerone che il numero è il fondamento della Repubblica? Laureatosi in Economia e Commercio nel ’67 alla Federico II, Quintano percorre tutto l’iter universitario: assistente ordinario, aiuto e professore associato, titolare di Statistica economica dall’86. Poi Preside della facoltà di Economia dal ’91 al 2010 e prorettore dall’87. Rilevante il suo impegno di ricercatore e pubblicista (oltre 200 i suoi testi scientifici e divulgativi) con docenze a Sassari e Salerno, partecipazione a convegni all’estero (fra cui Pechino). Lui, che è stato impegnato per 11 anni all’Istat, dice di sé: “Sono uno statistico sui generis: non un elaboratore e commentatore di tabelle, ma un costruttore dei dati che formano le tabelle”. Come dire: senza quei dati si brancolerebbe nel buio. Rettore dal novembre 2010 (prorettore ora Alberto Carotenuto già preside di Ingegneria), Quintano vanta l’87 per cento delle preferenze succedendo (“una eredità molto impegnativa”) a Gennaro Ferrara che al vertice della Parthenope è stato per 25 anni, un vero primato in tutta Italia. Ora, però, ci sono criticità e problemi nuovi da affrontare, nel quadro delle difficoltà del Paese e del Mezzogiorno in particolare. Quintano si conferma uomo d’azione. guarda con fiducia all’Erasmus e ai rapporti internazionali (“è un obiettivo prioritario: stiamo sviluppando relazioni con atenei stranieri per scambi di studenti, ricercatori e docenti; la nostra organizzazione è a un buon livello; da poco è stata realizzata, nella ex Manifattura tabacchi a gianturco, la Residenza per gli studenti”). Dall’Europa il suo sguardo torna a Napoli, al rapporto con il mare che è tutto da ricostruire. In che modo? “Lo sviluppo dei traffici – conclude il rettore – dipende anche dalla rete ferroviaria che, dal Cis di Nola, dovrà impegnare le attuali strutture portuali. Si tratta di una intermodalità che deve essere decisamente produttiva”. Indispensabile, perciò, l’incontro treno-mare.