Napoli fuori dal giro che conta
Msc apre il suo Hub a Genova

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A gennaio la famiglia Aponte inaugura in Liguria una nuova sede con 600 dipendenti, pochi mesi fa il trasferimento di Tirrenia a Cagliari. Il declino del porto campano La deriva del porto A gennaio la famiglia Aponte inaugura in Liguria una nuova sede con 600 dipendenti, pochi mesi fa il trasferimento di Tirrenia a Cagliari. Il declino del porto campano La deriva del porto di Napoli, il più grande del Sud Italia e uno dei più importanti del Mediterraneo, sta nei fatti prima ancora che nei numeri. A gennaio il gruppo Msc, 1,45 miliardi di euro il fatturato della divisione crocieristica e poco superiore il saldo del settore container, inaugura a Genova una nuova sede. Una sorta di proprio Hub, allocato in un unico edificio, nel quale lavorano 600 dipendenti e vengono riunite le due principali divisioni della multinazionale dello shipping, crociere e traffico commerciale. L’evento è anticipato, in questi giorni, dalla presentazione della nave “Msc Armonia” proprio presso lo scalo ligure, a testimonianza del fatto che il gruppo della famiglia Aponte, origini sorrentine e centro degli interessi in Svizzera, punta molto su quello che può essere considerato il porto principale del Nord Ovest. E Napoli? Resta a guardare, nonostante la Campania sia un riferimento di primo piano per la Msc, sia dal punto di vista turistico che commerciale. Eppure a Napoli nessuno investe più, nessuno fa progetti, non c’è interesse da parte dei grandi gruppi. Msc, peraltro, è alla vigilia di un grande piano di sviluppo, denominato “Rinascimento”, che prevede investimenti per 200 milioni di euro e il potenziamento della flotta turistica. Nel mirino degli Aponte, a proposito in questi mesi il grande capo Gianluigi lascia la guida del colosso al figlio Diego, c’è il podio più alto tra le compagnie crocieristiche attive nel mondo. Una sfida non impossibile visto che nella divisione container ormai la Msc è ad un passo dal diventare la società più forte del mondo, scalzando così il decennale primato della danese Maersk, con cui peraltro è in affari da tempo. Una risposta plausibile al disinteresse per Napoli sta, oltre che nella mancanza di un riferimento causa assenza di un presidente dell’Autorità Portuale, nel ritardo in materia di adeguamento infrastrutturale. Le navi di nuova generazione, sia commerciali che turistiche, hanno bisogno di fondali con più spazio per poter attraccare. Napoli, su questo versante, è clamorosamente indietro rispetto agli altri porti italiani e europei. Di dragaggio dei fondali si parla solo da qualche mese, per via di uno sforzo del commissarioFrancesco Karrer, ma nel frattempo le imprese devono programmare gli investimenti e una grande compagnia come Msc non può attendere gli incerti e schizofrenici tempi della burocrazia. Se però gli Aponte compiono una scelta strategica che in fondo non è proprio uno schiaffo, visto che a Genova già coltivano interessi da tempo, altrettanto non si può dire di Tirrenia. Il gruppo, gestito dalla società Compagnia Italiana di Navigazione nella quale figurano gli imprenditori napoletani Ettore Morace e Vincenzo Onorato, da un paio di mesi ha la sua sede legale a Cagliari e non più a Napoli. Risultato? La Regione Sardegna, a statuto autonomo, incassa dal 2015 qualcosa come 30 milioni di euro in più di sola Iva. Senza contare tutto il resto. Una mazzata che però non scuote la politica campana e chi dovrebbe decidere di nominare un nuovo presidente a Napoli, dove da 620 giorni circa manca una guida. I primi a capire l’antifona, e ad andarsene, sono quelli del consorzio internazionale Cosco, una aggregazione di società che si occupano di trasporto merci e che, a causa dell’inadeguatezza dei fondali partenopei e della totale inazione delle istituzioni decidono di abbandonare il porto campano per andare a mettere la loro base in Grecia, al Pireo. Altro che Napoli capitale del Mediterraneo.