Palermo, 6 mag. (AdnKronos) – E’ attraccata al porto di Catania la nave ‘Phoenix’, della Ong Moas, con 394 migranti a bordo. Sulla nave anche il cadavere di un ragazzo trovato morto su un gommone, ucciso “a colpi di pistola perché non ha voluto dare il suo cappellino da baseball a un trafficante”, come ha raccontato ieri la fondatrice dell’organizzazione non governativa, Regina Catrambone.
La vittima aveva 21 anni, era originario della Sierra Leone e viaggiava insieme a un fratello più grande. Il corpo presenta almeno un colpo di arma da fuoco, verosimilmente una pistola, forse sparato alle spalle. La sparatoria, il cui movente non è ancora stato confermato, sarebbe avvenuta su un gommone mentre il corpo è rimasto sul fondo del natante guardato dal fratello. Poi è stato recuperato dai soccorritori. La magistratura, che ha aperto un fascicolo, ha disposto l’autopsia.
Insieme ad altre organizzazioni Moas è stata al centro, di recente, delle polemiche sulle ong. “Io non lo vedo il procuratore Zuccaro. Noi vorremmo collaborare con tutti. Tutti mi chiedono di questo procuratore, ma io non lo conosco e credo che lui non conosca né me né mio marito – ha detto oggi Catambrone – Se bisogna fare un’indagine ben venga, ma non gli stillicidi mediatici, facciamoli nelle aule dei tribunali con le porte chiuse e con la segretezza…”.
“Io mi domando come mai queste domande proprio in questo momento – ha aggiunto Catambrone – in cui stiamo sbarcando il corpo senza vita di un ragazzo che è morto per mano dei trafficanti veri. Noi non siamo trafficanti, noi siamo persone che non sono riuscite a restare indifferenti alle morti in mare”.
“Dopo la terribile tragedia delle 368 persone morte al largo di Lampedusa – ha evidenziato – abbiamo partecipato a Mare Nostrum rispondendo anche all’appello dell’Europa che chiedeva un intervento concreto per aiutare l’Italia. Risposta che non c’è stata da nessuno, tranne che dalla società civile e da alcuni singoli, come me e mio marito. Abbiamo sempre cooperato con tutti, con Frontex, con la Marina militare italiana, e chiediamo rispetto per tutto il personale delle Ong e delle organizzazioni umanitarie che cooperano in mare”.
“Non ho mai ricevuto telefonate da scafisti, noi odiamo i trafficanti di persone. Non ho parlato con nessuno di loro” ha affermato ancora Catambrone, ribadendo di “non avere avuto mai contatti con la Libia” e di avere “sempre parlato con la guardia costiera italiana”.
“Ho visto – ha aggiunto – una strumentalizzazione da parte dei partiti politici. Per cosa poi? Per ottenere più voti? A noi questo non interessa, non facciamo politica, a noi interessa salvare vite umane”.
Quanto ai conti dell’organizzazione non governativa, si è detta “pronta a consegnarli alla Procura se ce lo chiede, purché poi – ha precisato – restino riservati”. Catrambone ha poi smentito di avere contatti con l’intelligence Usa definendole “gravissime illazioni senza fondamento forse legate al fatto che mio marito è un cittadino statunitense”.